T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 07-04-2011, n. 223 trasferimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’attuale ricorrente, artificiere antisabotaggio in servizio presso la Questura di Bari, con decreto 6 ottobre 2003 del Capo della Polizia è stato trasferito per incompatibilità ambientale presso la Questura di Teramo, dove in data 13 dicembre 2003 ha iniziato a restare la propria attività lavorativa.

Avendo l’interessato presentato in data 20 ottobre 2004 istanza di riesame di tale trasferimento, con richiesta di rientro nella sede di Bari, evidenziando, tra l’altro, che un nucleo artificieri non era operativo presso la questura di Teramo, ma solo presso la Questura di Pescara, il Capo della Polizia con decreto 16 marzo 2005 ha annullato il precedente decreto di trasferimento nella sola parte in cui era stata individuata la sede di Teramo quale sede di trasferimento, trasferendo con effetto immediato "per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale" il ricorrente dalla Questura di Bari alla Questura di Pescara.

L’interessato ha chiesto una nuova liquidazione delle indennità di trasferimento di cui agli artt. 1 e 13, comma 1, della L. 29 marzo 2001, n. 86, ed all’art. 8 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, ma il Direttore della Direzione centrale per le risorse umane del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno con atto 19 aprile 2006, n. 333G/2.1.05.03, ha respinto tale richiesta, precisando che i benefici economici richiesti non erano dovuti in quanto il trasferimento prima a Teramo e poi a Pescara "doveva essere considerato unico trasferimento".

Con il ricorso in esame il dipendente ha adito questo Tribunale al fine di ottenere l’accertamento e la condanna dell’Amministrazione di appartenenza al pagamento delle indennità predette.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 7 marzo 2011 ha confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

L’attuale ricorrente, artificiere antisabotaggio, con decreto 6 ottobre 2003 del Capo della Polizia è stato trasferito per incompatibilità ambientale dalla Questura di Bari alla Questura di Teramo; a distanza di oltre un anno dal disposto trasferimento il Capo della Polizia con decreto 16 marzo 2005 ha annullato il precedente decreto di trasferimento nella sola parte in cui era stata individuata la sede di Teramo quale sede di trasferimento, trasferendo il ricorrente con effetto immediato "per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale" dalla Questura di Bari alla Questura di Pescara e ciò in ragione della considerazione che un nucleo artificieri non era operativo presso la Questura di Teramo, ma solo presso la Questura di Pescara.

Con il ricorso in esame – come sopra esposto – l’interessato si è rivolto a questo Tribunale al fine ottenere l’accertamento del suo diritto a percepire l’indennità di trasferimento di cui agli artt. 1 e 13, comma 1, della L. 29 marzo 2001, n. 86, e l’indennità aggiuntiva di trasferimento di cui all’art. 8 del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, in ragione di tale secondo movimento. Tale richiesta era stata, invero, respinta dal Ministero dell’Interno con atto 19 aprile 2006, n. 333G/2.1.05.03, in quanto il trasferimento prima a Teramo e poi a Pescara "doveva essere considerato unico trasferimento".

Tale ragione ostativa alla corresponsione del beneficio richiesto non si sottrae, ad avviso del Collegio, alle censure dedotte con il gravame.

Va, invero, al riguardo meglio puntualizzato in punto di fatto quanto segue:

– che l’attuale ricorrente, in esecuzione del predetto decreto del 6 ottobre 2003, aveva prestato la propria attività lavorativa a decorrere dal 13 dicembre 2003 presso la Questura di Teramo;

– che in data 20 ottobre 2004 aveva presentato istanza di riesame di tale trasferimento, con richiesta di rientro nella sede di Bari, evidenziando, tra l’altro, che un nucleo artificieri non era operativo presso la Questura di Teramo;

– che con il decreto 16 marzo 2005 il ricorrente era stato nuovamente trasferito con effetto immediato "dalla Questura di Bari alla Questura di Pescara".

L’Amministrazione, agendo in sede di autotutela, ha in definitiva ritenuto illegittimo il disposto trasferimento presso al sede di Teramo ed ha modificato l’originario provvedimento di trasferimento individuando in Pescara la nuova sede di destinazione.

La natura giuridica di tale decreto, peraltro, è già stata valutata dalla sede di Bari del T.A.R. Puglia, alla quale l’attuale ricorrente si era rivolto per contestare la legittimità del suo trasferimento, e tale Tribunale, nel respingere con sentenza della I Sezione, 3 maggio 2007, n. 1206, il ricorso proposto, ha avuto modo testualmente di precisare che "al di là del nomen juris di annullamento usato dall’Amministrazione, il decreto del 6 ottobre 2003, dispositivo del trasferimento del ricorrente a Teramo, non è stato modificato in via di autotutela, per effetto del riconoscimento di un profilo di illegittimità inficiante ab origine l’impugnato provvedimento, ma soltanto in esito al riesame della situazione del ricorrente compiuto ex post, presumibilmente alla luce del fatto sopravvenuto, costituito dall’istituzione del nucleo artificieri presso la Questura di Pescara e, certamente al fine di contemperare le esigenze dell’Amministrazione con le esigenze del ricorrente". Tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato, che con decisione della VI Sezione 6 aprile 2010, n. 1913 ha al riguardo testualmente chiarito "che l’Amministrazione ha poi provveduto, sia pure a distanza di tempo e su insistenza dell’interessato, a trasferire nuovamente il ricorrente da Teramo a Pescara, ove si trova un reparto di artificieri cui è stato aggregato".

Il Collegio ritiene di aderire a tale qualificazione del decreto 16 marzo 2005 effettuata con le predette sentenze, oggi passate in giudicato, per cui deve ritenersi che, "al di là del nomen juris di annullamento usato dall’Amministrazione", con tale decreto sia stato disposto un nuovo trasferimento del ricorrente da Teramo a Pescara.

Una volta giunti a tale conclusione sembra evidente che, trattandosi di un nuovo trasferimento d’autorità, ossia di un trasferimento d’ufficio, doveva essere corrisposta una nuova indennità di trasferimento, in quanto tale secondo trasferimento è stato disposto esclusivamente per esigenze organizzative dell’Amministrazione, senza alcun concorso della volontà del dipendente (Cons. St., sez. IV, 7 febbraio 2011, n. 814, e T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 161, e 13 luglio 2010, n. 24998).

Invero, il discrimine tra il trasferimento d’ufficio ed il trasferimento a domanda rilevante ai fini della percezione delle indennità correlate al trasferimento d’autorità – come costantemente precisato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., da ultimo e per tutti, T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. II, 2 marzo 2010, n. 3267, e Cons. St., sez. IV, 21 dicembre 2009, n. 8513) – non va ricercato nella presenza o meno di una manifestazione di volontà dell’interessato o nell’esistenza o meno di un interesse pubblico al trasferimento, ma deve piuttosto cogliersi nel diverso rapporto che intercorre nelle due ipotesi fra l’interesse pubblico e l’interesse personale del dipendente, per cui nel caso di trasferimento d’autorità lo spostamento del dipendente è reputato indispensabile ed ineludibile per realizzare l’interesse pubblico, mentre nel caso di trasferimento a domanda la nuova collocazione del dipendente, funzionale al soddisfacimento diretto del suo personale interesse, è solo riconosciuta compatibile con le esigenze dell’Amministrazione. Di conseguenza, il trasferimento d’ufficio è connotato dalla prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse del dipendente, per cui il gradimento di quest’ultimo si configura quale mero assenso alle determinazioni dell’Amministrazione.

Peraltro, va al riguardo anche evidenziato che nella specie il dipendente non aveva mai neanche espresso il suo "gradimento" al trasferimento nella sede di Pescara, in quanto con la istanza di riesame del 20 ottobre 2004 aveva chiesto il suo rientro presso la sede di Bari ed, al solo fine di evidenziare l’illegittimità del suo trasferimento presso la sede di Teramo, si era limitato a precisare che il nucleo di artificieri non era presente a Teramo, ma presso la Questura di Pescara.

Deve, pertanto, concludersi che l’Amministrazione, avendo disposto un nuovo trasferimento del dipendente da Teramo a Pescara, avrebbe dovuto corrispondere un’ulteriore indennità di trasferimento.

Ad uguale conclusione dovrebbe in ogni caso pervenirsi anche nell’ipotesi in cui voglia ritenersi come "unico" il trasferimento in parola, specie ove si consideri la ratio dell’indennità in questione non è rinvenibile nella copertura di un disagio di tipo psicologico derivante dalla soggezione ad un movimento non gradito, quanto nell’obiettivo di sovvenire alle maggiori necessità derivanti da un trasferimento, venendo incontro agli oneri economici in ogni modo da affrontare da parte del trasferito (T.A.R. Lombardia, sede Milano, sez. III, 24 novembre 2009, n. 5115).

Per cui, non potendo negarsi la circostanza che in ragione del nuovo movimento il dipendente aveva subito degli oneri economici aggiuntivi, sembra evidente che lo stesso avrebbe dovuto essere indennizzato di tali ulteriori spese sostenute.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto e, per l’effetto, deve essere condannata l’Amministrazione intimata al pagamento delle richieste indennità di trasferimento ed indennità aggiuntiva di trasferimento, con gli interessi legali e con esclusione della rivalutazione monetaria, in quanto – come è stato già precisato (Cons. St. sez. IV, 6 novembre 2009, n. 6935) – l’indennità di trasferimento, in ragione della sua natura non retributiva, ma di mero ristoro dei disagi derivanti da una nuova sistemazione del pubblico dipendente, non può essere maggiorata, in caso di ritardato pagamento, con la rivalutazione monetaria operante ex art. 429 cod. proc. civ. per i soli crediti retributivi.

Le spese, come di regola (art. 26 del codice del processo amministrativo ed art. 92 del cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 45, n. 11, della L. 18 giugno 2009, n. 69), seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nel senso specificato in motivazione.

Condanna il Ministero dell’Interno al pagamento a favore del ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 2.000 (duemila), oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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