Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-03-2011) 12-04-2011, n. 14592

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza deliberata il 17 dicembre 2009 e depositata il 26 gennaio 2010, la Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari ha confermato la sentenza del Tribunale ordinario di Nuoro 29 aprile 2008, di condanna alla pena principale della reclusione in anni cinque e alle pene accessorie della interdizione perpetua dai pubblici uffici e della interdizione legale a carico di C. A., imputato dei delitti di omicidio tentato e di lesioni personali aggravate in danno del coniuge P.M.C..

I giudici di merito, sulla base della testimonianza della vittima e dei testi oculari Cu.An.Gi. (per entrambi i delitti), A.F. e E.P. (per le lesioni) e delle emergenze di generica (sequestro del mezzo del delitto, degli indumenti della vittima, consulenza chimica espletata), hanno accertato: C., in pessimi rapporti colla moglie, in quanto avversava il proposito di separazione personale di costei, nel mentre la consorte, al termine di un incontro nella abitazione coniugale, si accingeva a varcare la soglia della porta di casa, la trattenne, afferrandola al braccio destro; le lanciò addosso, asperegendola al capo e alla parte superiore del corpo, la benzina contenuta in un barattolo di vetro (dalla capacità di mi. 430) e, azionando un accendino, tentò di appiccarle addosso il fuoco, senza, tuttavia, riuscire nell’intento per la pronta reazione della vittima, la quale, divincolatasi mediante una gomitata, riuscì a darsi alla fuga;

l’imputato, brandendo una ascia, raggiunse, quindi, la moglie, recatasi al locale Commissariato di Pubblica Sicurezza; le lanciò contro una roncola che attinse la malcapitata alla schiena e la aggredì prima che Cu. intervenisse a difesa della vittima.

In relazione ai motivi di gravame la Corte territoriale ha considerato: priva di fondamento è la tesi del difensore dell’appellante il quale, nel postulare la derubricazione del più grave delitto nel reato di lesione personale, ha contestato sia la idoneità, che la univocità della condotta, negando che l’imputato abbia fatto uso di un accendino e sostenendo che il lancio del liquido infiammabile, in modestissima quantità, fu frutto di mero gesto di stizza, assolutamente impulsivo, avendo C. scagliato contro la moglie "il primo oggetto che gli era capitato tra le mani", senza alcun intento omicida; invero affatto attendibile è la deposizione, scevra da ogni animosità, della parte offesa; costei non ha tentato di aggravare la posizione del coniuge; anzi, grazie proprio alle dichiarazioni della donna, C. è stato assolto dal concorrente delitto di maltrattamenti in famiglia; orbene nulla rileva che la P. non sia riuscita a scorgere l’accendino nella mano del marito, quando fu aspersa dalla benzina al capo e al tronco;

la testimone ha riferito di aver udito il caratteristico rumore, provocato dallo scatto dell’utensile, per effetto della sollecitazione della pietra focaia; e il dato assume univoca significazione nel "contesto circostanziale così peculiare"; la mancata visione dell’accendino non suffraga la tesi difensiva in quanto la concitazione del momento e il preminente impulso di sottrarsi alla aggressione giustificano la omessa percezione; e priva di pregio è la testimonianza di Cu.; costui non è, peraltro, pienamente attendibile; ha tentato di sminuire la responsabilità di C., nei confronti del quale ha esternato solidarietà; ha confermato circostanze rivelate nel corso delle indagini, solo in seguito alle contestazioni; comunque la negativa del testimone circa l’accendino non è decisiva; Cu. ha fatto riferimento alla prosecuzione della azione, fuori della abitazione dell’imputato, laddove costui tentò di appiccare il fuoco con l’accendino all’interno dell’appartamento; peraltro lo stesso testimone ha riconosciuto di aver visto, al termine della aggressione nei pressi del Commissariato di Pubblica Sicurezza, "qualcosa di piccolo" sfuggire dalle mani dell’appellante, senza poter escludere che si trattasse dell’accendino; dalla mancata consumazione dell’omicidio non può evincersi la conclusione che l’accendino fosse difettoso;

l’evento fu, infatti, impedito dalla pronta reazione della vittima, che riuscì a divincolarsi, sottraendosi alla presa del consorte;

contrariamente all’assunto difensivo, la quantità della benzina che bagnò la donna fu copiosa; l’agente della Polizia di Stato A. ha, infatti, riferito che gli indumenti della P. erano intrisi di benzina nella misura del 75%; la condotta tenuta da C., fuori casa, è caratterizzata dal "persistere di una forte aggressività"; la univocità della condotta è dimostrata dalla preordinazione del mezzo; il testimoniale a discarico ( Co. e Z.) non è concludente; nulla rileva che C. solesse provvedere personalmente alla preparazione del combustibile per la motosega, miscelando la benzina con l’olio minerale; a tanto l’appellante provvedeva evidentemente in campagna e non in città, nella propria abitazione; nell’appartamento è stato trovato solo il mezzo del delitto (il contenitore di vetro con le tracce di benzina), ma non l’additivo da impiegare nella pretesa preparazione domestica;

la considerazione del fallimento dell’attentato non vale a escludere ex postisi preordinazione; neppure la subordinata richiesta dell’appellante per la concessione della provocazione (per l’espressione ingiuriosa rivolta dalla P. al marito e per il pregresso abbandono della casa coniugale) merita accoglimento, per la evidente e assoluta sproporzione rispetto alla azione della vittima.

2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Gian Franco Siuni, mediante atto del 23 aprile 2010, col quale sviluppa quattro motivi, dichiarando anche promiscuamente di denunziare, con i primi tre, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 192 c.p.p. (primo motivo), in relazione agli artt. 49, 56 e 575 c.p. (secondo motivo) e in relazione all’art. 62 c.p., comma 1, n. 2, (terzo motivo), nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione anche sotto il profilo del travisamento (primo e terzo motivo), ed eccependo col quarto mezzo (erroneamente contraddistinto come quinto) la prescrizione relativamente al concorrente delitto di lesione personale.

2.1 – Con il primo motivo il difensore deduce: l’accertamento della colpevolezza in ordine al delitto di omicidio tentato è inficiato dal "macroscopico travisamento dei fatti"; la Corte territoriale ha sopravvalutato la testimonianza della parte offesa e, nel contempo, ha "omesso di considerare la deposizione (..) di segno opposto resa dal Cu."; è affatto erroneo il convincimento dei giudici di merito che il ricorrente disponesse "di un accendino perfettamente funzionante"; sul punto la prova è carente; la sentenza si basa non su dati oggettivi, bensì "sulle impressioni" della vittima; costei ha negato di aver scorto l’accendino e, comunque, di aver visto alcuna scintilla; il teste Cu. è pienamente attendibile; la contestazione operata nel corso dell’esame dibattimentale è "ininfluente"; ebbene la testimonianza contraddice la ricostruzione della Corte territoriale; Cu. ha riferito che il giudicabile inseguì la moglie "senza portare con sè alcun oggetto"; e pacificamente, fuori casa, "non fu attuato alcun tentativo di dare fuoco" alla donna; difetta, ad ogni modo, il requisito dalla idoneità della condotta; la quantità della benzina aspersa "era talmente esigua (..) che, anche in caso di combustione, non avrebbe potuto cagionare la morte"; dalla "mancata combustione deve desumersi" che il giudicabile non era in possesso di alcun accendino ovvero, supposta la disponibilità della strumento, che lo stesso fosse inidoneo a innescare il fuoco; difetta, altresì, l’ulteriore requisito della univocità degli atti; C., nel tentativo di fare recedere la consorte dal proposito della separazione, compì un mero "gesto dimostrativo (..) dettato dalla stizza", apprendendo e scagliando contro la donna "il primo oggetto che gli capitò tra le mani, … di per sè assolutamente innocuo, ovvero un piccolo barattolo contenente del liquido"; è certamente da escludere ogni ipotesi di preordinazione, perchè in tal caso il ricorrente non avrebbe mancato "il presunto obiettivo"; inoltre la Corte territoriale ha "totalmente omesso di valutare la rilevanza probatoria" del testimoniale a discarico; Co. e Z. hanno testimoniato che il giudicabile preparava personalmente la miscela per il motore della motosega; nè rileva che, secondo quanto narrato dalla P., per precauzione, data la presenza in casa delle figliolette, il carburante fosse custodito in campagna; le bimbe, infatti, da oltre una settimana non erano in casa; la condotta tenuta da C. fuori della dimora contraddice la supposizione dell’intento omicida, in quanto il giudicabile, sebbene potesse soffocare la moglie, si limitò a percuoterla; l’animus necandi è, peraltro, incompatibile con "l’aspirazione di salvare la timone coniugale"; conclusivamente la "equiprobabile" tesi difensiva contrasta efficacemente quella di accusa, la quale non supera la soglia del ragionevole dubbio.

2.2 – Con il secondo motivo il difensore deduce: manca la prova del possesso di alcun mezzo idoneo a innescare il fuoco e comunque della sua efficienza; non è dimostrato che il ricorrente abbia accostato "il supposto strumento al corpo della persona offesa", così da determinare il pericolo della combustione del liquido cosparso; il mancato reperimento dell’accendino e la conseguente impossibilità della esecuzione di perizia per accertarne la funzionalità non consentono di ritenere la idoneità della azione, che spetta all’accusa provare; ricorre, pertanto, il caso del reato impossibile;

la Corte territoriale avrebbe dovuto derubricare la imputazione come chiesto dalla difesa.

2.3 – Con il terzo motivo censura il diniego della attenuante della provocazione, opponendo che ricorrono tutte le condizioni per il riconoscimento, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità: lo stato d’ira, il fatto ingiusto altrui e la causalità psicologica tra la offesa e la reazione, a prescindere dalla proporzione.

2.4 – Con il quarto motivo il ricorrente deduce che, in relazione al delitto di lesione personale, è scaduto il termine della prescrizione massima di anni sette e mesi sei, trovando nella specie applicazione iure superveniente le disposizioni più favorevoli per l’imputato introdotte dalla novella L. 5 dicembre 2005, n. 251. 3. – L’ultimo motivo del ricorso, concernente il delitto di lesione personale, è fondato.

Considerati il titolo del reato e l’epoca della commissione, il termine massimo di prescrizione, pur tenuto conto del prolungamento conseguito agli atti interruttivi, è spirato il 14 febbraio 2007, addirittura anteriormente alla sentenza di primo grado.

Conseguono l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al ridetto delitto, perchè il reato è estinto per prescrizione, e la eliminazione della relativa pena di mesi quattro di reclusione, inflitta a titolo di continuazione.

4. – I residui motivi di ricorso sono manifestamente infondati. 4.2 – Non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge.

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte di legittimità, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

4.2 – Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice di merito ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte:

Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 4.3 – Consegue la declaratoria della inammissibilità dei succitati motivi.

5. – Avuto riguardo alla entità della pena irrogata per residuo delitto di omicidio tentato (inferiore ad anni cinque di reclusione) deve essere, di ufficio, esclusa la pena accessoria della interdizione legale e la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici deve essere sostituita con la interdizione temporanea per la durata di cinque anni.
P.Q.M.

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata in ordine al delitto di lesione personale, perchè il reato è estinto per prescrizione; ed elimina la relativa pena di mesi quattro di reclusione.

Elimina, altresì, la pena accessoria della interdizione legale e sostituisce la interdizione perpetua dai pubblici uffici con la interdizione temporanea per la durata di cinque anni.

Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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