Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 02-03-2011) 12-04-2011, n. 14590 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza deliberata il 24 novembre 2009 e depositata il 26 novembre 2009 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del giudice della udienza preliminare del Tribunale ordinario di Varese, 27 ottobre 2006, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’appellante P.C., in ordine ai delitti di detenzione illegale di armi da sparo (capo sub C della rubrica) e di detenzione di armi clandestine (capo sub D, ibidem) ed, esclusa la pena relativa, ha confermato la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione infittagli per il delitto di detenzione di munizioni da guerra per aver detenuto cinquanta cartucce calibro mm.

9 x 19 parabellum, in (OMISSIS) (capo sub B, ibidem), motivando, in relazione ai motivi di gravame e alle conclusioni difensive nel dibattimento di secondo grado e per quanto qui rileva: deve essere respinta la richiesta dell’appellante di derubricazione del delitto di detenzione di munizioni da guerra nella contravvenzione prevista e punita dall’art. 697 c.p., con conseguente declaratoria della estinzione del reato per prescrizione; non giova il richiamo del precedente di legittimità invocato dal difensore (sentenza n. 9711/1992); le munizioni detenute sono da guerra; sono, infatti, pacificamente destinate all’armamento delle forze armate e recano il marchio "Nato"; non è plausibile la tesi dell’appellante in ordine alla esclusione dell’elemento psicologico del delitto, sotto il profilo della pretesa carenza della consapevolezza della esistenza delle munizioni nella sua borsa; è incredibile che la scatola delle munizioni, seppur di modeste dimensioni, ma dal peso di circa un chilogrammo "sia finita" nella borsa dell’imputato, a sua insaputa, all’atto del congedo; le invocate attenuanti generiche non possono essere concesse sulla base del mero rilievo della incensuratezza del giudicabile, ostando la considerazione "della quantità dei proiettili detenuti, della loro provenienza e delle inverosimili giustificazioni fornite". 2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Margarini Fabio, mediante atto recante la data del 13 gennaio 2010, depositato il 15 gennaio 2010, col quale sviluppa cinque motivi, dichiarando anche promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione alla L. 14 ottobre 1974, n. 497, art. 10 (primo motivo), in relazione all’articolo (quarto motivo) e in relazione all’art. 62 bis c.p. e L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5, nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (secondo, terzo e quinto motivo).

2.1- Con i primi due motivi, congiuntamente redatti, il difensore si duole della definizione giuridica della condotta, di cui al capo sub B della rubrica, postulandone la qualificazione ai sensi dell’art. 697 c.p. (col conseguente epilogo della estinzione del reato), opponendo: le munizioni detenute non possiedono le caratteristiche (vietate a quelle per le armi comuni da sparo) previste della L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 2, comma 4; non possiedono spiccata potenzialità offensiva, finalizzata all’impiego bellico; il ricorrente non possedeva alcuna arma da guerra; la mera "presenza del marchio Nato" non comporta la destinazione esclusiva all’armamento da guerra; la qualificazione operata dai giudici di merito "è opera meramente deduttiva e congetturale (..) in malam partem", illogica e contraddittoria.

2.2 – Con il terzo motivo il ricorrente si duole del mancato espletamento di perizia "relativamente alle armi e munizioni", istanza avanzata colla richiesta iniziale di rito abbreviato condizionato (respinta dal giudice della udienza preliminare) e riproposta alla Corte territoriale, deducendo: l’indagine "avrebbe consentito l’esatta qualificazione delle munizioni ai fini della corretta individuazione del fatto reato"; la sentenza, fondata sulla consulenza balistica del Pubblico Ministero, è inficiata dal vizio della motivazione.

2.3 – Con il quarto motivo il difensore censura l’accertamento dell’elemento psicologico del delitto che assume fondato "su semplici deduzioni ed affermazioni apodittiche", deducendo: il contenitore delle munizioni era di "ridottissime dimensioni"; all’atto del congedo dall’Arma dei Carabinieri, assertivamente avvenuto "in modo un po’ frenetico", il ricorrente, portando via con sè la "dotazione e gli indumenti consentiti, aveva inavvertitamente prelevato anche le munizioni, riposte con gli altri effetti "in una borsa mai più riaperta sino al momento della perquisizione"; inoltre, l’imputato è immune da "forme di feticismo militare" e, non possedendo alcuna arma da guerra, non avrebbe potuto utilizzare le cartucce.

2.4 – Con il quinto motivo il difensore lamenta la mancata concessione della attenuante del caso di "lieve entità" e delle attenuanti generiche, opponendo: il ricorrente ha prestato servizio per oltre dieci anni nell’Arma dei Carabinieri, partecipando anche a missioni all’estero, acquisendo benemerenze; ha poi lavorato, con "incarichi di prestigio", in aziende multinazionali; il comportamento processuale è stato corretto; la condotta desta "modestissimo allarme sociale"; nulla osta alla concessione delle generiche, suffragate da "molteplici elementi favorevoli"; assoluto è, infine, il vizio di motivazione in ordine al diniego ingiustificato della attuante speciale.

3. – Il ricorso è infondato.

3.1 – Le munizioni detenute dal ricorrente, il quale se ne è illecitamente appropriato all’atto del congedo dall’Arma dei Carabinieri, sono pacificamente extra commercium, in quanto esclusivamente destinate all’armamento delle forze armate.

Tanto esaurisce ogni questione in ordine alla qualificazione della condotta, correttamente sussunta dai giudici di merito sotto la ipotesi delittuosa ritenuta, in conformità del consolidato indirizzo, fissato da questa Corte suprema, secondo il quale "si deve avere e-sclusivo riguardo alla destinazione normale delle munizioni e non anche al loro possibile eccezionale uso alternativo" (Sez. 1, 16 gennaio 1990, n. 2548, Mussini, massima n. 183455; 21 ottobre 1993, n. 11064, Braghi, massima n. 197549; Sez. 1, 9 dicembre 1999, n. 14617, Genovese, massima n. 216108; e, proprio in termini, Sez. 1, 21 maggio 2002, n. 36418, Vito, massima n. massima n. 222526, secondo la quale – oltre che il reato di reato di ritenzione di materiali di armamento previsto dall’art. 166 c.p.m.p. – "l’illegale detenzione di cartucce calibro 9 parabellum, sottratte dal militare al corpo di appartenenza, integra il delitto di illegale detenzione di munizioni da guerra di cui alla L. n. 895 del 1967, art. 2").

3.2 – Del diniego della diminuente della lieve entità del fatto, prevista dalla L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5, la Corte territoriale ha dato implicitamente conto col riferimento operato, in punto di generiche, al numero delle cartucce per armi da guerra illegalmente detenute.

3.3 – Per il resto non ricorre – alla evidenza – il vizio della violazione di legge.

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte di legittimità. 3.4 – Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.

Il giudice di merito ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte:

Cass., Sez. 1, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.5 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *