Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-04-2010) 01-07-2010, n. 24813

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza del 16/9/09 il Tribunale di Sorveglianza di Venezia rigettava l’impugnazione proposta da S.O. avverso l’espulsione disposta nei suoi confronti con provvedimento 22/4/09 del Magistrato di Sorveglianza di Padova D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 16, comma 5 (essendo stato accertato che con decreto 11/7/07 del Questore di Padova era stata rigettata la domanda del detenuto volta al rinnovo del permesso di soggiorno scaduto ed inoltre per il carattere ostativo alla sua ulteriore permanenza sul territorio dello Stato dei reati per droga da lui commessi).

Ricorreva per cassazione il S., deducendo violazione di legge:

il decreto di espulsione, sia pure emesso senza contraddittorio (in analogia, come osservato dal Tribunale, ad altri procedimenti di sorveglianza come la liberazione anticipata) al termine di un procedimento sostanzialmente amministrativo, incidendo sulla libertà personale del detenuto avrebbe dovuto essere notificato non solo all’interessato ma anche ad un difensore all’uopo nominato d’ufficio.

Chiedeva pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata o la proposizione di corrispondente questione di legittimità costituzionale. Ciò anche perchè l’espulsione era stata decretata (con interpretazione estensiva in malam partem) in presenza di un presupposto non previsto dalla legge come il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno e senza che dal giudice fosse stata valutata in concreto la legittimità del rigetto medesimo.

Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva il rigetto del ricorso.

Il ricorso va accolto per quanto di ragione.

Manifestamente infondato il primo motivo, l’ordine di espulsione in questione – di natura sostanzialmente amministrativa – non prevedendo comunicazioni a soggetti diversi dall’interessato, il quale è sufficientemente tutelato (e in ciò è manifestamente infondato anche il rilievo di costituzionalità) dalla facoltà di proporre opposizione (entro il termine di dieci giorni) allo stesso Tribunale di Sorveglianza, eventualmente valendosi di un difensore secondo le regole ordinarie del patrocinio. Corretto, invece, il rilievo secondo cui il Tribunale, nel rigettare l’impugnazione, ha utilizzato un argomento improprio e cioè il carattere ostativo alla permanenza dello straniero nello Stato dei reati per droga in espiazione di pena. Invero, tra le situazioni tassativamente previste nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 (richiamato dall’art. 16, comma 5) come presupposto dell’espulsione non rientra l’esistenza di una condanna penale (v. Cass., sez. 1, sent. n. 3500 dell’11/1/07, rv.

235743, Arab). La norma ex adverso richiamata dell’art. 4, comma 3 riguarda l’ingresso e il soggiorno in genere dello straniero nel territorio dello Stato, mentre qui si tratta dell’alternativa, per lo straniero già condannato, tra l’espiazione integrale della pena e l’anticipata espulsione.

Del parti corretto (e a questo punto decisivo) il rilievo per cui non può annoverarsi tra i presupposti dell’espulsione (con interpretazione in malam partem) la situazione (che non figura tra quelle tassativamente previste dalla norma) di chi, avendo chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno scaduto, se lo è visto rifiutare.

La giurisprudenza di legittimità è stata costante in tal senso in tema di reato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-ter (che, ante riforma L. n. 94 del 2009, aveva i medesimi presupposti di quelli oggi trattati, dove peraltro anche quella dell’art. 16, comma 5 è norma sostanziale, vertendo in materia di pena, e il disposto dell’art. 13, comma 2, che richiama, essendo comunque rimasto invariato). E allora si veda, ad esempio, Cass., sez. 1, sent. n. 1479 del 18/12/07, rv. 238818, PG c/o Khouma: "Non integra il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter la condotta dello straniero che si sia trattenuto in Italia successivamente all’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni emesso a seguito di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno". (In motivazione, la S.C. ha escluso che il provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno possa essere equiparato a quello di revoca o di annullamento del medesimo, in quanto tale interpretazione sarebbe espressione di applicazione analogica e non puramente estensiva del precetto penale di cui alla menzionata disposizione). E ciò perchè sarebbe irragionevole inserire tra le più gravi fattispecie delittuose (sempre in tema di reato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5-ter) il caso, di rilievo minore rispetto agli interessi tutelati dalla normativa sull’immigrazione, in cui lo straniero si è attivato con la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, anche se non accolta (Cass., sez. 1, sent. n. 244 del 7/12/07, rv. 238817, PG c/o Raqi).

Ultronea, invece, la pretesa (anch’essa avanzata dal ricorrente) che il giudice valuti, d’ufficio, la legittimità del provvedimento di rifiuto.

L’ordinanza impugnata va quindi annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza, che, nel valutare se il ricorrente si trovi in taluna delle situazioni indicate nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 si uniformerà ai principi di diritto su richiamati.

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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