Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-02-2011) 12-04-2011, n. 14641 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ssibile il ricorso nel resto.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 25.6.2010, il giudice monocratico del Tribunale di Massa, in qualità di giudice dell’esecuzione, riteneva non applicabile la disciplina ex art. 671 c.p.p., in relazione ai reati pei quali M.A. aveva riportato condanna con sentenze Tribunale di Massa – sez. Pontremoli – 27.3.2009, Tribunale di Massa 16.11.2009, nonchè con il decreto di condanna 13.2.2007 gip Tribunale di Massa, in ragione della distanza temporale dei reati fra loro e della eterogeneità delle condotte. Rigettava altresì l’istanza volta a conseguire la declaratoria di estinzione del reato ex art. 460 c.p.p., comma 5, in riferimento al decreto penale Gip di Massa 14.4.2006, in ragione del fatto che nei due anni successivi al passaggio in giudicato del decreto penale, il prevenuto era stato condannato per delitto.

2. Avverso detto provvedimento, ha interposto ricorso per cassazione l’interessato personalmente per dedurre:

2.1. violazione o falsa applicazione dell’art. 81 c.p., ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), manifesta illogicità, contraddittorietà, mancanza di motivazione emergente dal testo dell’ordinanza. La continuazione è stata ritenuta dal GE solo con riferimento ai reati di truffa ed appropriazione indebita, commessi a distanza di un giorno l’uno dall’altro e così opinando sarebbero stati disattesi tutti i criteri ermeneutici utilizzati dal diritto vivente per individuare la sussistenza del vincolo della continuazione, criteri che fanno leva sulla distanza cronologica tra i fatti, sulle modalità della condotta, sulla sistematicità e le abitudini di vita, sulla tipologia dei reati, sul bene protetto, sull’omogeneità delle violazioni, sulla causale, sulle condizioni di tempo e di luogo. Quanto al dato cronologico, l’art. 81 c.p. riporta l’inciso anche in tempi diversi, il che dimostra che non è richiesta una strettissima contiguità temporale tra i reati. Di conseguenza, l’aver disconosciuto la continuazione, a fronte di un intervallo temporale di cinque mesi tra le condotte, violerebbe i canoni di ragionevolezza. Il giudice avrebbe dovuto disconoscere la continuazione sulla base della occasionalità delle condotte, laddove invece il M. perseverava nell’illecito, in quanto stretto dal bisogno conseguito al suo stato di disoccupazione e soprattutto perseverava nello stesso tipo di illecito, avendo consumato truffe, furti, falsi, emissione di assegni contro il divieto. Di qui la richiesta di annullamento.

2.2. errata interpretazione dell’art. 460 c.p.p., comma 5: il GE ha ritenuto che gli effetti estintivi erano preclusi, in ragione della condanna per delitto, intervenuta nel termine di due anni dal passaggio in giudicato del decreto penale. Dal punto di vista letterale l’avverbio "ovvero" dovrebbe essere letto in chiave congiuntiva, anzichè disgiuntiva, nel senso che l’attributo della stessa indole va riferito, sia al sostantivo contravvenzione, che al sostantivo delitto.

La interpretazione meno favorevole poggia, secondo la difesa, su un retaggio storico che considera il delitto un reato di maggiore gravità rispetto alla contravvenzione, carattere che sarebbe smentito dall’evoluzione dell’ordinamento. Ragion per cui, dice la difesa, in ossequio ai principi di offensività e legalità, il maggior disvalore connesso alla commissione di un nuovo reato deve essere ragionevolmente ravvisato nel fatto che la ricaduta sia della stessa indole e non in base ad una valutazione astratta di maggior disvalore e/o gravità del delitto rispetto alla contravvenzione. Sul punto viene prospettata genericamente una questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 460 c.p.p., comma 5 in relazione agli artt. 3, 25 e 27 Cost., laddove non si volesse dare un’interpretazione più moderna come prospettato dalla difesa. Nelle conclusioni la parte formula richiesta di dichiarazione di estinzione del reato egli effetti penali.

3. Il Pg ha chiesto di annullare l’ordinanza in punto esclusione della continuazione con rinvio per nuovo esame, non essendo stata valutata correttamente la natura dei reati, tutti caratterizzati da aggressioni dirette o indirette al patrimonio, riconducibili ad un periodo di vita difficile per l’istante ed essendo stata trascurata la unicità di luogo di commissione dei reati; ha chiesto invece di dichiarare inammissibile il motivo sulla estinzione del reato contravvenzionale, essendo stato recepito nel provvedimento impugnato l’orientamento di gran lunga prevalente, che ha interpretato l’art. 460 c.p.p., comma 5, nel senso che solo per le contravvenzioni commesse nel biennio, l’ostatività all’estinzione è ricollegabile alla natura del nuovo reato, reputando manifestamente infondata la questione di costituzionalità sollevata.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo non può essere accolto perchè, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, il giudice dell’esecuzione ha fornito adeguata motivazione al provvedimento di diniego della sussistenza del vincolo della continuazione tra i reati indicati in premessa, ancorandola al dato temporale delle violazioni risultate consumate nell’arco di un anno, ma soprattutto alla mancanza di progetto coinvolgente e unificante le diverse azioni, distribuite in tempi diversi, mancanza che ha indotto a ricondurre le singole azioni alla mera occasionalità e non ad un’unica determinazione, presente nell’animo del M. fin dall’esecuzione del primo reato, unica determinazione che è stata solo affermata dall’istante, ma non è stata provata. La motivazione è quindi in linea con il dettato normativo e non sconta alcuna forzatura.

Parimenti, il secondo motivo deve essere disatteso, poichè è principio pacifico quello secondo cui ai fini dell’esclusione dell’estinzione del reato ex art. 460 c.p.p., comma 5, la necessaria identità di indole del reato commesso nei termini stabiliti, si riferisce solo alla contravvenzione, sicchè l’ulteriore delitto è sempre di ostacolo all’estinzione (cft. Cass. Sez. terza, 10.3.2010, n. 16875). Detta interpretazione si fonda sulla inconfutabile diversa e maggiore gravità dei delitti rispetto alle contravvenzioni, con il che basta commettere un delitto perchè l’estinzione del reato sia preclusa, mentre la commissione di una contravvenzione ha effetti preclusivi all’estinzione, solo se della stessa indole, poichè segna la facilità a ricadere nello stesso tipo di violazione. Il diverso peso specifico tra contravvenzione e delitto, che è innegabile, giustifica ampiamente questa differenza di trattamento e non segna alcuna frattura con i principi costituzionali.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle ulteriori spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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