Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-04-2010) 01-07-2010, n. 24801

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza 5/5/09 la Corte di Appello di Reggio Calabria confermava la sentenza 7/7/06 del Gup del Tribunale di Reggio Calabria, che in esito a giudizio abbreviato e con la continuazione (più grave il reato B) condannava M.G. e P.G. alla pena di anni quattro e mesi tre di reclusione e Euro 3.000 di multa ciascuno per i reati (acc. in località (OMISSIS)) di illegale detenzione in concorso di una pistola Beretta cal. 12, 9×21, con matricola abrasa e due caricatori dello stesso calibro rispettivamente con 14 e 12 cartucce e di una pistola mitragliatrice mod. Skorpion cal. 7,65 (arma da guerra) con matricola abrasa e un caricatore con 18 cartucce e altri due con 20 cartucce ciascuno, un porta binocolo di cuoio e altre 23 e 25 cartucce rispettivamente cal. 7,65 e 9×21 (capo A) e di ricettazione delle medesime (capo B). Con l’aggravante per entrambi dell’essersi avvalsi delle condizioni dell’art. 416 bis c.p..

Con la recidiva specifica per P., specifica e reiterata per M..

Le armi e munizioni in questione (oltre alla somma di Euro 10.050) erano sequestrate all’atto della cattura dei due latitanti M. e P., tra loro suocero e genero, nel casolare di una località dell’entroterra aspromontano del comune reggino, (OMISSIS). Le armi, nelle rispettive custodie, erano in vista nella comune stanza da letto dei due (il più anziano, provvisto di catetere e di flebo, era bisognoso delle cure del secondo, tra l’altro un medico), l’una su una panca l’altra appesa ad un attaccapanni. Se ne assumeva la piena ed esclusiva responsabilità il suocero, il genero – a detta di entrambi – avendolo raggiunto nel casolare da pochi giorni e non avendole mai toccate. La condanna, in primo e secondo grado, era invece sia per M. che per P..

Ricorreva per Cassazione la difesa di P., deducendo: 1) vizio di motivazione in ordine alla valutazione della prova in ordine ai reati contestati e alle loro aggravanti (una cosa è la consapevolezza della presenza delle armi, altra è la codetenzione, che presuppone che esse siano nell’immediata disponibilità dei concorrenti); 2) vizio di motivazione in ordine alla recidiva specifica (ritenuta per un remoto precedente), alla dosimetria della pena (per la quale non erano chiariti i parametri utilizzati), alle negate attenuanti generiche (che avrebbero potuto essere applicate anche con giudizio di prevalenza).

Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG concludeva per il rigetto del ricorso, la difesa per il suo accoglimento.

Il ricorso è infondato e va respinto.

La sentenza impugnata ha ritenuto provata, con motivazione congrua e convincente, la disponibilità in capo ad entrambi gli imputati delle armi trovate nella stanza da loro divisa. La circostanza fattuale che ognuna delle due armi, con il rispettivo munizionamento, fosse distintamente allocata (peraltro alla portata di entrambi gli occupanti la stanza, accomunati dalla condizione di latitanza, dalla necessità per uno di cure mediche e dal rapporto familiare) avvalora la tesi che ciascuna di esse appartenesse ad uno dei due, ma fosse all’occorrenza nell’utilità di entrambi.

Del pari infondate le censure relative al trattamento sanzionatorio, il giudice di merito avendo fatto corretto e motivato uso del suo potere discrezionale. Micidiali le armi detenute in concorso, il precedente del P. è sì remoto ((OMISSIS)) ma specifico (va peraltro rilevato che la doglianza sulla recidiva non è stata dedotta con i motivi di appello e, proposta per la prima volta in questa sede, è inammissibile ex art. 606 c.p.p., comma 3) e la vita anteatta più prossima del soggetto è tale da giustificare ampiamente il diniego delle attenuanti generiche (mancando una ragione positiva per concederle, tanto meno con giudizio di prevalenza). Adeguata la pena (giustificatamente elevata, per i ricordati profili oggettivi e soggettivi, quella base di anni 6 di reclusione ed Euro 4.000 di multa per la ricettazione sub B, peraltro solo modestamente aumentata di mesi 4 e gg. 15 e Euro 500 per la continuazione con gli altrettanto gravi ed allarmanti reati sub A).

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente (art. 616 c.p.p.) al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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