Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-02-2011) 12-04-2011, n. 14582

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

to, il quale, per la parte civile, ha concluso per il rigetto del gravame.
Svolgimento del processo

1. – Con sentenza deliberata in data 30 marzo 2010, depositata in cancelleria il 24 maggio 2010, la Corte di Appello di Caltanissetta, in riforma della sentenza 14 novembre 2007 del Tribunale di Enna, su appello del Procuratore della Repubblica di Enna e in via incidentale dell’imputato, dichiarava C.A. responsabile del reato ascrittogli di tentato omicidio ai danni di B.G. e, applicate le attenuanti gene-riche ex art. 62 bis c.p., lo condannava alla pena di anni sette di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, condannandolo altresì al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile e alle relative spese processuali del grado.

1.1. – La sentenza di primo grado era esitata in una pronuncia assolutoria nei confronti del prefato (con la formula perchè il fatto non costituisce reato per essere stato commesso nell’esercizio della scriminante della legittima difesa) avendo ritenuto il giudice che tra le due versioni fornite tra le parti antagoniste la più attendibile fosse quella del prevenuto. Nella fase delle indagini preliminari, la parte offesa aveva per vero affermato che, mentre si trovava a lavorare con il trattore nel proprio campo, veniva fermato dal C. (con il quale aveva un rapporto conflittuale per motivi di confine) che lo rimproverava di essersi troppo avvicinato ai margini del terreno. Dopo la discussione, mentre il B. stava per risalire sul proprio mezzo, quando ancora dava le spalle al prevenuto, veniva violentemente colpito alla testa con un tondino di ferro che il C. aveva in mano. Secondo l’imputato era stato invece il B. che, nel corso del litigio, lo aveva attinto a una gamba con tale tondino e, mentre stava per sferrare un secondo colpo, aveva alzato la zappa che aveva in mano facendo sì che il tondino stesso volasse in aria senza saper dire però se le lesioni al capo della vittima fossero state cagionate dal manico della zappa ovvero dal tondino nel frattempo ricaduto. Un accertamento tecnico aveva asseverato la presenza di una lesione alla gamba del C..

Il giudice di secondo grado perveniva invece a conclusioni diverse da quelle del Tribunale ritenendo la versione fornita dall’imputato non credibile. Innanzitutto per il fatto che non fosse stata rinvenuta sul luogo del fatto la zappa asseritamente da lui utilizzata per contrastare l’azione aggressiva del B.. I Carabinieri, allertati dallo stesso C., giunti sul posto, oltre a trovare la parte lesa ancora distesa a terra (e il tondino appoggiato a un muretto) non avevano rinvenuto la zappa che era stata invece consegnata dall’imputato su richiesta del milite (che aveva raccolto la versione dell’imputato) e che veniva all’uopo prelevata da un magazzino chiuso a chiave. La circostanza che l’imputato, nella concitazione del fatto e nel grande turbamento derivato dall’episodio avesse trovato il tempo, prima di recarsi dai Carabinieri per denunciare il fatto, di andare nel proprio magazzino per riporvi la zappa, non poteva essere ritenuta verosimile.

Inoltre dovevano ritenersi condivisibili le conclusioni del consulente tecnico dell’accusa (dott. R.) secondo cui non solo le lesioni alla teca cranica della vittima non potevano ascriversi al manico di una zappa, bensì all’azione contusiva di un tondino di ferro, ma altresì che la lesione alla gamba lamentata dal C. non poteva riferirsi all’azione del nominato tondino, posto che, anzichè essere di natura escoriativa, come certificata dai medici della Casa circondariale di Enna all’ingresso dell’imputato in carcere, sarebbe dovuta essere lacero – contusa.

2. – Avverso tale decisione, tramite i propri difensori avv.ti Vincenzo Trantino e Antonio Giuseppe Bonanno, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il C. chiedendone l’annullamento per i seguenti profili:

a) erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. in ordine al contributo probatorio fornito dalla parte civile e che è stato ritenuto dal giudice fondamentale per l’affermazione della penale responsabilità del prevenuto: il vaglio di attendibilità soggettiva e oggettiva, assenza di motivazione; la Corte territoriale non ha sottoposto a scrupolosa verifica di attendibilità la prova dichiarativa della parte offesa sebbene la stessa abbia dimostrato in dibattimento di aver falsamente aggravato (in ciò spalleggiato dai propri familiari) le conseguenze lesive del fatto lesivo, così dimostrando una propensione a mentire e la conseguente sua inattendibilità. Del resto il B. ha dato della vicenda due versioni contrastanti avendo riferito una prima volta, ai Carabinieri di essere stato percosso nel momento in cui scendeva dal trattore e successivamente in dibattimento, di essere stato colpito mentre era di spalle e stava risalendo sul mezzo. Richiesto di spiegare le ragioni di tale discrasia la parte offesa ha addotto una carenza di lucidità smentita dai militari che avevano proceduto al suo esame. Peraltro l’aggressione da retro del B. è avversata dalla natura stessa delle lesioni refertate (da tutti e tre i medici coinvolti nella indagine) che hanno evidenziato una lesione alla parte frontale della testa che non è compatibile con una aggressione alle spalle. E il mendacio delle dichiarazioni della parte offesa si spinge sino alla individuazione dello strumento utilizzato per l’aggressione, posto che il dott. D.V., consulente tecnico dell’accusa, ha concluso per non essere in grado di poter individuare uno strumento specifico di aggressione, mentre il consulente R. ha evidenziato una straordinaria compatibilità morfologica tra le ferita e il bordo laterale dell’anello di ferro della zappa, con ciò avvalorando la tesi sostenuta dall’imputato. b) contraddittorietà della motivazione, con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); erronea è la valutazione operata dal secondo giudice circa le dichiarazioni dell’imputato avendo peraltro travisato il dato concernente la messa a disposizione della zappa ai Carabinieri intervenuti, che avvenne pressochè nell’immediato, zappa che fu riposta in magazzino perchè nei pressi si trovava il furgone che poi l’imputato guidò per avvertire i Carabinieri dell’accaduto e il magazzino si trovava a poco più di metri sei dal luogo dei fatti.

Inoltre il giudice di secondo grado nulla riferisce in relazione alle rilevate scalfitture e strisciature sul manico della zappa così come riferito dal brigadiere Be.Gi. e del tutto compatibili con l’urto con il tondino di ferro assunto come utilizzato non dall’imputato bensì dal B.. Ulteriore travisamento del fatto è ravvisatole in relazione al ferimento dell’imputato essendo stata omessa la valutazione della relazione del consulente della pubblica accusa D.V. che aveva confermato, per contro, la compatibilità della lesione con l’azione violenta di un tondino così come comprovato anche dallo strappo rinvenuto sui pantaloni indossati dal C. al momento del fatto. Peraltro il D.V. esaminò la ferita nell’immediatezza dell’episodio per cui è causa mentre il dott. R. visitò il C. solo quattro mesi dopo esprimendosi sulla base di fotografie e senza visionare i pantaloni. c) contraddittorietà ed illogicità della motivazione, con riferimento all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in ordine alla mancata motivazione sul giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche. Violazione di legge; in particolare il giudice non ha argomentato in relazione alla personalità del soggetto, incensurato e lavoratore.

Con memoria difensiva, ai sensi dell’art. 611 c.p.p., il difensore di parte civile ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso dell’imputato e, in via gradata, per il suo rigetto.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è fondato e merita accoglimento: la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Caltanissetta.

3.1 – Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la deposizione della parte offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato purchè sia sottoposta a indagine positiva circa la sua attendibilità. Infatti, alle dichiarazioni indizianti della persona offesa non è indispensabile applicare le regole di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 che richiedono la presenza di riscontri esterni. Tuttavia, considerato l’interesse di cui la parte offesa è portatrice, soprattutto quando essa è costituita parte civile, più accurata deve essere la valutazione e più rigorosa la relativa motivazione ai fini del controllo d’attendibilità rispetto al generico vaglio cui vanno sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone: in tale ottica, può concretamente apparire opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Cass., Sez. 1, 24 giugno 2010, n. 29372, Stefanin, rv. 248016; Sez. 6, 3 giugno 2004, n. 33162, Patella ed altri, rv. 229755).

3.1.1 – Ciò posto, si osserva che il giudice di secondo grado, ribaltando peraltro il giudizio assolutorio di primo grado che avrebbe richiesto di per sè una più approfondita analisi delle ragioni contrarie cui con la propria decisione addiveniva, è incorso in argomentazioni incongrue e illogiche oltre che non sufficienti.

Carente è in particolare la motivazione che attiene al vaglio di attendibilità intrinseca della parte offesa che nella fattispecie sarebbe stato ancor più necessario, non solo perchè costituitasi in giudizio parte civile, ma anche perchè l’istruttoria dibattimentale aveva messo in luce profili di non credibilità quali l’esagerazione manifesta delle conseguenze dannose delle lesioni patite e la ricostruzione stessa della vicenda quale emersa dal raffronto tra le dichiarazioni rese nell’immediato ai Carabinieri e quelle successive in dibattimento, in correlazione con la natura stessa delle lesioni refertate e dell’accertamento tecnico che individuava una maggiore compatibilità della ferita con una aggressione frontale piuttosto che di spalle, circostanza questa richiedeva un sforzo argomentativo mirato e congruo.

Inoltre non sono state oggetto di adeguato scrutinio neppure le valutazioni medicolegali nel loro insieme, in rapporto ai tempi di esame accertativo da parte dei singoli esperti, alla natura delle lesioni e ai segni di lacerazione dei pantaloni pur osservati all’ingresso dell’imputato nella casa circondariale ove veniva ristretto. Nè nell’esame della versione fornita dal prevenuto hanno trovato adeguata trattazione le emergenze processuali che attengono alla zappa che recava segni recenti di alterazione che sarebbero potuti essere compatibili con la tesi propugnata dalla difesa.

A fronte pertanto di un superficiale scrutinio di plausibilità di quella che è stata l’unica prova su cui è stata costruita l’affermazione di responsabilità del C. (vale a dire la prova dichiarativa della parte offesa), non è stato dato d’altro canto sufficiente spazio agli altri elementi probatori resisi disponibili in causa di segno opposto, valorizzando l’una e pretermettendo gli altri in modo illogico e contraddittorio e tale da costituire vizio di legittimità motivazionale censurabile in questa sede.

In sede di rinvio il giudice dovrà pertanto emendare le incongruenze e le contraddittorietà rilevate pervenendo a un più analitico esame delle risultanze processuali.

4. – Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell’art. 623 c.p.p. come da dispositivo.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Caltanissetta.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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