Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-02-2011) 12-04-2011, n. 14672

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

MA.ST. e le parti civili M. e F. ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe che ha solo parzialmente riformato in melius quanto al trattamento sanzionatorio quella di primo grado resa in esito a giudizio abbreviato, laddove il MA. era stato riconosciuto colpevole del reato di omicidio colposo plurimo (così modificata la originaria imputazione di omicidio volontario e lesioni) e di guida in stato di ebbrezza.

Il procedimento riguardava un incidente stradale avvenuto sulla via (OMISSIS), in territorio del Comune di (OMISSIS), nel quale erano rimasti coinvolti l’autovettura condotta dal MA. e altra autovettura, condotta da G.M., sulla quale viaggiavano B.D., M.M. e R.I., questi ultimi tre deceduti per le lesioni riportate.

L’addebito di responsabilità a carico del MA. veniva ipotizzato e ravvisato all’esito del giudizio di merito valorizzandone la condotta di guida (immissione contromano sulla via (OMISSIS);

prosecuzione della marcia per circa 13 chilometri ad una velocità compresa tra i 90 e i 120 km/orari, nonostante le segnalazioni, con la luce dei fari, degli automobilisti che percorrevano la strada e il tentativo di avvertimento di un’automobilista che aveva cercato di affiancarlo) e lo stato di ebbrezza alcolica.

Il giudice di appello recepiva in loro gli argomenti del primo giudice diretti ad escludere la sussistenza del dolo eventuale, osservando come lo stato di ebbrezza alcolica in cui versava il MA. al momento in cui decideva di porsi alla guida dell’autovettura, pur importante (245 mg/dc), non autorizzava a sostenere che questi avesse apprezzato il concreto pericolo che poteva derivarne per l’altrui incolumità, con conseguente accettazione del relativo rischio. Si rimaneva nell’ambito della colpa, anche se di livello elevato.

Nè circostanze dimostrative del dolo eventuale potevano desumersi dalla condotta di guida tenuta, fortemente imprudente, ma non tale da palesare, in ragione dell’insistita prosecuzione della marcia contromano, l’animus proprio del dolo eventuale. L’errore di manovra che aveva portato ad imboccare la strada contromano era spiegato in modo ragionevole con la stanchezza e la scarsa visibilità, che, ad avviso del giudice di merito, attestavano che il MA. era convinto di percorrere la strada di sua pertinenza, senza percepire per tempo l’errore.

La colpa grave che aveva caratterizzato l’agire dell’imputato non autorizzava, conclusivamente, di inferirne gli elementi propri del dolo eventuale.

La Corte di assise di appello che, come detto integralmente recepiva gli argomenti del primo giudice, riformava la sentenza solo in punto di determinazione della pena, ritenendo che l’imputato fosse meritevole delle attenuanti generiche (sia pure solo con giudizio di equivalenza e "con un’incidenza assai limitata sull’entità della pena base"), perchè il relativo apprezzamento non poteva limitarsi alla sola gravità del fatto, ma doveva estendersi alla considerazione anche della personalità dell’imputato (veniva soprattutto valorizzata l’assenza di precedenti penali e positivamente considerato il fatto che si trattasse di persona che aveva un lavoro ed era inserita in un ambiente familiare positivo).

Non poteva però essere concessa l’attenuante del risarcimento del danno ex art. 62 c.p., n. 6, giacchè tale circostanza presuppone l’integralità del risarcimento, mentre, nella vicenda, secondo il giudicante, il risarcimento effettuato dalla compagnia di assicurazione, sia pure in misura corrispondente al massimale assicurato, si riferiva al solo danno morale e aveva lasciato scoperte altre voci di danno, per le quali le parti civili avevano fatto riserva di azione diretta.

Ricorre l’imputato, articolando due motivi.

Con il primo si duole del trattamento dosimetrico, in particolare ritenendo erroneo ed illogico il diniego del giudizio di prevalenza delle concesse attenuanti generiche.

Con il secondo lamenta il diniego dell’attenuante del risarcimento del danno, contestando che le parti civili avessero dato prova di danni non coperti dall’assicurazione e sostenendo che il MA. si era adoperato massimamente presso la compagnia per il risarcimento.

Ricorrono le parti civili, articolando tre motivi.

Con il primo, si critica la qualificazione del fatto che si sostiene dovesse essere qualificato dal dolo eventuale.

Dopo avere ricostruito lo stato della giurisprudenza, il difensore supporta il proprio convincimento proponendo una diversa lettura degli elementi di fatto considerati dai giudici di merito: lo stato di alterazione psichica connessa all’assunzione di bevande alcoliche e, si sostiene, anche di sostanze stupefacenti; le molteplici segnalazioni degli utenti della strada, la prosecuzione della marcia per circa 13 km, l’andatura elevata, dovevano deporre a supporto della tesi patrocinata.

Con il secondo, si censura la concessione delle attenuanti generiche equivalenti.

Con il terzo, si duole del fatto che i giudici avevano rimesso alla sede civile ogni questione risarcitoria, omettendo finanche di condannare il MA. al pagamento di una provvisionale.

I ricorsi sono manifestamente infondati.

Quanto al ricorso dell’imputato, non può accogliersi la doglianza afferente il giudizio di sola equivalenza delle concesse generiche.

Va ricordato che il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti non è censurabile in sede di legittimità qualora il giudice di merito abbia giustificato la soluzione adottata con la indicazione degli elementi ritenuti prevalenti ai fini del giudizio di comparazione, anche se non abbia confutato tutte le deduzioni delle parti volte a conseguire una diversa valutazione comparativa di tutte le circostanze del reato. In questa prospettiva, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Sezione 6, 8 luglio 2009, Abruzzese ed altri, non massimata). Ciò che qui deve escludersi avendo il giudicante sviluppato un attento ragionamento sui parametri di cui all’art. 133 c.p., sia ai fini della concessione delle generiche, sia ai fini del solo giudizio di equivalenza, valorizzando sotto questo profilo, anche in ordine alla determinazione della pena base, il grado intenso della colpa, di empirica evidenza.

Corretto è stato il diniego dell’attenuante del risarcimento.

Infatti, come è noto, ai fini della configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso e la valutazione in ordine alla corrispondenza tra transazione e danno spetta al giudice, che potrebbe anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa (Sezione 4, 22 maggio 2009, Usai, non massimata). Qui, il giudicante, con argomentazioni in fatto non rinnovabili, ha finanche apprezzato che il massimale assicurativo aveva lasciato non risarcite alcune voci di danno e tale valutazione non ammette censure in questa sede, Manifestamente infondato è anche il ricorso delle parti civili.

Quanto alla qualificazione del fatto mette conto rilevare in premessa che la parte civile può proporre impugnazione "contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l’azione civile" ( art. 476 c.p.p., comma 1), mentre non ha alcuna legittimazione ad impugnare le statuizioni concernenti la responsabilità penale e tra queste quelle afferenti alla qualificazione giuridica del reato, come da epoca risalente questa Suprema Corte ha già chiarito (v. da ultimo, Sez. 4, 18 febbraio 2010, n. 11222, P.G. ed altro in proc. Lucidi, 2010, non massimata, ed i riferimenti in essa contenuti).

Per lo stesso motivo è inaccoglibile la doglianza sulla concessione delle generiche, valendo le stesse considerazioni sopra sviluppate.

Inaccoglibile, infine, è la doglianza sull’omessa liquidazione dei danni e l’omessa condanna al pagamento di una provvisionale, trattandosi di provvedimenti incensurabili in questa sede, in quanto per loro natura insuscettibili di passare in giudicato e destinati ad essere travolti dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento (v. tra le tante, Sez. 5, 17 gennaio 2007, n. 5001, Mearini ed altro, rv. 236068).

All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende. L’esito della decisione giustifica la compensazione fra le parti delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. Dichiara interamente compensate fra le parti le spese di questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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