Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-07-2011, n. 14508 Opposizione all’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18 ottobre 2006, il Tribunale di Patti respingeva l’opposizione all’esecuzione spiegata dall’INPDAP, gestione ex INADEL, e accoglieva la domanda riconvenzionale proposta da C. A., in qualità di erede di C.P., quantificando la somma dovuta dall’INPDAP, in forza della sentenza del pretore di Messina n. 3115 del 1989. 2. Avverso l’anzidetta sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione l’INPDAP (n. RG 2655207), fondato su un unico motivo, C.A., in qualità di erede di C.P., e F. M. (n. RG 2666307), fondato su un unico motivo. Solo C. A. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

3. Preliminarmente, il Collegio dispone la riunione dei ricorsi perchè proposti avverso la medesima sentenza.

4. Inoltre, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso incidentale dell’INPDAP perchè proposto tardivamente: la procedura di notificazione si è perfezionata, per il notificante, il 17 ottobre 2007, oltre il quarantesimo giorno dalla notificazione del ricorso principale già promosso da C.A., in qualità di erede di C.P., e dall’avvocato M.F., avvenuta il 27 agosto 2007. 5. L’esame del Collegio è, pertanto, limitato all’unico motivo del ricorso, ex art. 111 Cost., proposto da C. con il quale si denuncia violazione di legge e omessa motivazione per aver il Giudice del merito liquidato le spese processuali in misura inferiore ai minimi inderogabili previsti dalla vigente tariffa forense.

6. Come già ritenuto da questa Corte (ex multis, Cass. 2043/2010), la sentenza emessa a seguito di opposizione all’esecuzione – nel regime previsto dall’art. 616 c.p.c., applicabile ratione temporis, a seguito della modifica intervenuta con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, art. 14, comma 1, posto che avverso le sentenze che hanno deciso opposizioni alle esecuzioni, pubblicate successivamente alla data del 4 luglio 2009, è esperibile l’appello – , in virtù del nuovo regime impugnatone) dettato dall’art. 616 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009 – può essere impugnata solo con il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, e, quindi, per violazione di legge. In tale ambito, le censure attinenti al vizio di motivazione sono ammissibili solo se riflettenti la materiale omissione o mera apparenza della stessa nel provvedimento impugnato, l’inidoneità delle argomentazioni espresse a rivelare la ratio decidendi del medesimo, ovvero l’inconciliabilità logica fra loro (o alla loro obiettiva incomprensibilità), rimanendo inammissibile la denuncia del motivo ex art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione ai vizi di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

7. Passando all’esame della censura di violazione dell’art. 91 c.p.c. e L. 794 del 1942, art. 24, per violazione dei minimi tariffari in relazione al valore della causa (credito di oltre 70.000.000 euro) per essersi il Giudice dell’opposizione discostato dalla nota spese, scendendo al di sotto dei minimi inderogabili previsti dalla tariffa forense per le prestazioni giudiziali in materia civile, senza motivare in ordine alle voci ritenute non dovute e non ripetibili a carico del soccombente, il Collegio ritiene la doglianza fondata.

8. La richiesta del pagamento delle spese processuali, analiticamente specificata attraverso le singole somme in corrispondenza delle singole attività svolte, è una domanda. Della domanda sono parte anche le somme nelle quali la somma complessiva si articola.

9. La diminuzione o la riduzione delle singole somme tariffarie, indipendentemente dai limiti tabellari, costituisce reiezione della domanda ed esige la relativa motivazione ( art. 132 c.p.c., n. 4; art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1).

10. Il Collegio aderisce, pertanto, al principio da questa Corte ripetutamente affermato, secondo cui: "in tema di liquidazione di spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione, in misure inferiori a quelle esposte, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. n. 794 del 1942, art. 24" (ex multis, Cass. 4404/2009).

11. Ancor più in particolare, Cass. 17920/2009 ha ribadito che "il R.D. n. 1578 del 1933, art. 60, comma 5, – disposizione non sostituita, ma solo integrata, da quella contenuta nella L. n. 794 del 1942, art. 4, -consente al giudice di scendere sotto i limiti minimi fissati dalle tariffe professionali quando la causa risulti di facile trattazione, sebbene limitatamente alla sola voce dell’onorario e non anche a quelle dei diritti e delle spese, cui non fa riferimento detta norma, e sempre che sia adottata espressa ed adeguata motivazione con riferimento alle circostanze di fatto del processo, non limitata, pertanto, ad una pedissequa enunciazione del criterio legale, ovvero all’aggiunta dell’elemento estrinseco, meramente indicativo, quale l’identità delle questioni; la riduzione dei minimi previsti dalla tariffa per gli onorari, in ogni caso, non può superare il limite della metà, ai sensi della L. n. 724 del 1942, art. 4, cit, nè, in caso di riunione di cause, esime il giudice – una volta operata la riduzione – dall’obbligo di procedere alla liquidazione mediante la determinazione del valore di ciascuna delle controversie riunite" (ex multis, Cass. 17920/2009).

12. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto, la sentenza cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, condanna l’INPDAP a pagare, in favore dei ricorrenti, la somma di Euro 5.118,73, oltre interessi legali a titolo di spese legali per il giudizio di merito.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso incidentale (n. R.G. 26552/07), accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna l’INPDAP a pagare, in favore dei ricorrenti, la somma di Euro 5.118,73, oltre interessi legali a titolo di spese legali per il giudizio di merito;

condanna altresì l’INPDAP al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione, in 35,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, più IVA, spese generali e CPA. Così deciso in Roma, il 18 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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