Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-07-2011, n. 14610 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

N.M. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha rigettato il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti dal 6.11.1970 al 12.5.2008.

L’Amministrazione non ha proposto difese.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Motivi della decisione

L’unico motivo di ricorso con il quale il ricorrente, che agisce in questa fase unicamente iure ereditatis quale successore di N. P. che aveva iniziato il giudizio e che è deceduto in data 17.4.1993, lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto estinto il diritto per intervenuta prescrizione decennale è fondato, avendo già la Corte enunciato il principio, cui il Collegio intende dare continuità, secondo cui "In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo" (Cassazione civile, sez. 1, 30/12/2009, n. 27719).

Giova precisare che non incide sulla valutazione del motivo il rilievo proposto dal P.M. in udienza secondo cui il tempo trascorso prima che il ricorrente riassumesse il giudizio interrotto per il decesso dei dante causa dimostrerebbe l’assenza in capo al primo di qualunque patimento dovuto alla pendenza del giudizio in quanto il medesimo ha agito in questa fase unicamente iure ereditatis e non iure proprio per cui rileva unicamente lo stato d’animo del de cuius.

Il ricorso deve dunque essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito e pertanto, presa in esame quale durata rilevante del procedimento presupposto solo quella posteriore al 1 agosto 1973 (Cassazione civile, sez. 1, 20/06/2006, n. 14286) e fino alla data del decesso del dante causa nonchè, quanto alla misura dell’indennizzo, il principio già enunciato dalla Corte circa la possibilità di liquidazione forfettaria in presenza di giudizi avanti al giudice amministrativo o contabile (sentenza n. 14753/2010), il ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 10.000, oltre accessori, nonchè delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 10.000, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè delle spese processuali che si liquidano, quanto alla fase di merito, in complessivi Euro 1.140, di cui Euro 490 per onorari e Euro 600 per diritti, e, quanto alla fase di legittimità, in complessivi Euro 1.100, di cui Euro 1.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore dei difensori antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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