Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-02-2011) 12-04-2011, n. 14623 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 10.2.2010, il Tribunale di Sorveglianza di Catania rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare presentata da L.P. in relazione alla condanna alla pena di anni 5 e mesi 4 di reclusione inflitta dal GUP del Tribunale di Catania con sentenza in data 21.12.2007 per il delitto di cui agli artt. 110, 81, 629 e 424 c.p. e del D.L. n. 152 del 1991, essendosi avvalso delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., commesso in (OMISSIS) tra il (OMISSIS), e per il delitto di cui agli artt. 110, 81 e 635 c.p., commesso nelle stesse circostanze. Il Tribunale di Sorveglianza, dopo aver passato in rassegna le condizioni previste dalla legge per poter concedere misure alternative alla detenzione a persone che avevano commesso reati con l’aggravante del metodo mafioso ( D.L. n. 152 del 1991, art. 7) e aver rilevato che il fine pena previsto per L.P. era fissato alla data del 2.4.2012, ha ritenuto che nessuna di tali condizioni si fosse realizzata nel caso in questione, poichè non vi era stata collaborazione con la giustizia; non ricorrevano le ipotesi della limitata partecipazione al fatto criminoso e dell’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità che avrebbero reso impossibile un’utile collaborazione; pur in presenza dell’attenuante del risarcimento del danno, non vi era stata una collaborazione, anche se oggettivamente irrilevante; erano insussistenti gli elementi che escludevano in maniera certa l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata; che era stata ritenuta sussistente l’aggravante di aver agito con metodo mafioso per tutti i reati per i quali era stato condannato, salvo che per il delitto di danneggiamento, per il quale era stato inflitto, a titolo di continuazione, un aumento di dieci giorni di reclusione.

Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso personalmente L.P. chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

Il Tribunale di Sorveglianza non aveva considerato che i concorrenti negli stessi delitti, F.A. e G.G., erano stati assolti dalla Corte d’appello di Catania, tenendo conto anche delle sue dichiarazioni; che gli era stata riconosciuta l’attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno; che dalle informazioni di polizia emergevano solo i fatti per cui era stato già condannato;

che aveva tenuto sempre una buona condotta in carcere, come risultava anche dalle relazioni della direzione della Casa Circondariale di Siracusa; che una misura alternativa avrebbe contribuito al reinserimento nella società meglio della detenzione in carcere.

Ha messo in rilievo che, essendo ormai pacificamente ammessa in giurisprudenza la scindibilità del cumulo pene, il Tribunale di Sorveglianza non aveva tenuto conto dell’avvenuta espiazione del reato ostativo.

Non era stata valutata nei termini indicati dalla giurisprudenza la collaborazione prestata, in quanto non si era tenuto conto che il ricorrente in primo grado aveva confessato.

Nel processo era emerso che egli non aveva alcun contatto con organizzazioni mafiose o con la criminalità organizzata.

L’avvenuto risarcimento del danno, secondo il ricorrente, non consentiva di far rientrare il delitto commesso nel comma 1 dell’art. 4-bis O.P., dovendosi in tal caso applicare il comma 1 bis del suddetto articolo.

Il Tribunale non aveva tenuto conto dei risultati dell’osservazione operata sul richiedente durante la detenzione inframuraria, dai quali risultava non solo un giudizio di cessata pericolosità, ma anche un parere favorevole alla concessione dei benefici richiesti.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Il Tribunale di Sorveglianza, con congrua e analitica motivazione, ha indicato le ragioni per le quali il L. non poteva essere ammesso alle richieste misure alternative, escludendo che ricorresse una delle particolari situazioni previste dalla L. n. 354 del 1975, art. 4, comma 1 bis che consente l’ammissione a dette misure, nonostante la condanna per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p..

Il ricorrente non ha indicato alcuno specifico vizio nella motivazione del Tribunale di Sorveglianza, sostenendo genericamente che, per il fatto che le sue dichiarazioni erano state utilizzate per assolvere i coimputati e che aveva ottenuto l’attenuante del risarcimento del danno, ricorrevano le condizioni per essere ammesso a scontare la pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale o di detenzione domiciliare.

Non risulta, inoltre, che il L. – come sostiene genericamente nel ricorso – avesse già scontato la pena inflitta per i reati ostativi, poichè risulta, invece, che per tutti i delitti per i quali è in espiazione di pena era stata ritenuta sussistente la contestata l’aggravante di avere agito con il metodo mafioso, con esclusione del solo delitto di danneggiamento, per il quale però sono stati inflitti solo dieci giorni di reclusione in continuazione.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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