Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 12-04-2011, n. 14620 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 4/3/10 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 11/2/10 dal Gip di quel Tribunale nei confronti di M.G.F. per il reato di concorso esterno ad associazione armata di tipo mafioso (la cosca Nirta-Strangio di San Luca). Al M., in un contesto di crisi per il gruppo a seguito dei noti fatti di (OMISSIS) che avevano determinato la carcerazione o la latitanza all’estero di numerosi componenti della cosca, era contestato lo specifico ruolo di facilitare i rapporti tra i componenti liberi in Italia delle due famiglie e i suoi membri latitanti all’estero ( N.G. cl. (OMISSIS), R.F., S.G.) ed in particolare di aver consentito alle sorelle S.A., T. ed A., accompagnate da C.D. (un cugino), di raggiungere segretamente i coniugi latitanti in (OMISSIS), recandosi a Roma dalla Germania ove risiedeva, per consegnare loro l’auto con cui avrebbero intrapreso il viaggio (il (OMISSIS)) e raggiungendole poi autonomamente in Olanda dove fungeva da corriere per N.G., cui ad (OMISSIS) consegnava una borsa ricevuta per lui dalla moglie A. (il (OMISSIS), poi l’arresto).

Il Tribunale osservava come il viaggio fosse stato monitorato fino al confine dalla polizia giudiziaria italiana ed oltre esso dalle autorità straniere via via allertate: anche dai tabulati telefonici era così risultato il viaggio del M. dalla Germania a Roma in compagnia di V.A.A. a bordo della WV Passat che egli avrebbe poi affidato alle donne provenienti da (OMISSIS) (in treno da (OMISSIS)) per proseguire il loro viaggio oltre confine.

Dopo l’arresto del N. e dello stesso M. in Olanda (sequestrati nell’occasione al N. il numero annotato del cellulare del M. ed a questo il numero annotato del cellulare di tale L.M., utilizzato durante il viaggio dalle S.) i messaggi via Internet o per telefono tra alcuni dei soggetti coinvolti ( A. e S.T., lo stesso N.) attribuiscono proprio alla scarsa avvedutezza del M. (variamente definito "(OMISSIS)" che aveva portato la macchina, "quello schifoso" o "stronzo di merda") la responsabilità per la cattura.

Da qui la gravità del quadro indiziario e le stesse esigenze cautelari, peraltro presunte per il titolo di reato.

Ricorreva per cassazione la difesa del M., diffusamente deducendo: 1) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza per i reati di associazione mafiosa e/o procurata inosservanza di pena (il reato associativo era stato dedotto solo dal contatto del M. con S.A. a (OMISSIS) per la consegna dell’auto e dal successivo suo arresto ad (OMISSIS) col N., cui aveva consegnato una borsa datagli dalla donna per il marito; erano state interpretate a sostegno anche del primo episodio le conversazioni telematiche e telefoniche citate nell’ordinanza, laddove le stesse erano riferibili solo a quello dell’arresto, che registra la presenza del M. – da nessuno chiamato col suo nome e alle donne addirittura sconosciuto – sol perchè questi doveva riprendersi la sua macchina, senza necessariamente conoscere l’identità della S. e tanto meno del N., nonchè l’iniziativa del detto N. di approfittare della sua presenza per farsi dare la borsa dalla moglie senza coinvolgere la donna; era stato travisato il valore indiziario contro il M. dei tabulati telefonici, in quanto nessuna delle utenze monitorate che convergevano verso Roma – quella intestata a L. M. che risaliva la Penisola da (OMISSIS) e quella tedesca di titolare sconosciuto che la discendeva in senso inverso da Bolzano – apparteneva al M., che neppure, come invece si legge, era stato mai trovato in possesso di un foglietto con annotato il numero della prima; allo stesso modo era stato travisato il valore indiziario contro il M. dei documenti di identità di quel V. che era con lui all’ingresso in Italia da (OMISSIS) perchè rinvenuti nel nascondiglio olandese di N., mentre il loro rinvenimento, oltre a riguardare il V. e non il M., era avvenuto in occasione dell’arresto di tale T.N., scambiato per il latitante R.F.; si concludeva che senza tali travisamenti indiziari nulla vi era che deponesse per un concorso esterno ad associazione mafiosa e non piuttosto, a tutto concedere, per una favorita latitanza); 2) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità (le attività di videosorveglianza, perquisizione e sequestro operate dalla polizia giudiziaria olandese erano state recepite nell’Occ sulla sola base dell’informativa della Pg italiana in assenza dei relativi verbali e ciò in violazione delle norme di Schengen per l’assunzione di atti probatori per rogatoria); 3) ancora inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità (le attività in questione della polizia olandese neppure potevano essere oggetto di osservazione, essendo scaduto il termine di cinque ore dal passaggio della frontiera previsto dalle norme di Schengen per l’autorizzazione a proseguirla); 4) ancora inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità (dal quadro riassuntivo delle indagini contenuto nell’informativa della Pg italiana non evincendosi neppure se le stesse fossero frutto dell’osservazione diretta – non autorizzata – della Pg italiana o dell’acquisizione di atti di indagine – senza indicazione della fonte – compiuti dalla Pg olandese); 5) vizio di motivazione sulle esigenze cautelari (dopo il tempo passato dall’episodio non era stata adeguatamente valutata la circostanza, documentata dalla difesa, che dopo la vicenda il M., incensurato, era rientrato nel proprio paese di origine, C.C., dove, ben lontano sia dalla Germania o da San Luca sia dal N., oramai detenuto in espiazione di una lunga pena, si era dedicato a stabile attività lavorativa). Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Seguiva memoria difensiva con cui era segnalata la scarcerazione del M. in data 21/1/11, per essere venute meno le esigenze cautelari; perdurante, tuttavia, l’interesse al ricorso per la riparazione dell’ingiusta detenzione.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG, assente la parte ricorrente, concludeva per il rigetto del ricorso.

Il ricorso, infondato, va respinto.

Infondate le preliminari eccezioni di legittimità (inutilizzabilità probatoria) riproposte in questa sede (già rigettate in sede di riesame) con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso: come già correttamente argomentato dal giudice del riesame, le attività di indagine svolte in territorio olandese dalla polizia giudiziaria di quel Paese sono state osservate e poi compendiate in apposita informativa dalla polizia giudiziaria italiana (la Questura di RC), che aveva ottenuto l’autorizzazione a seguire gli indagati fino al loro arrivo a destinazione. Ciò è possibile ed in tal senso è anche la giurisprudenza di questa Corte. Ne è esempio la stessa sentenza n. 41396 del 2009 citata dal ricorrente, dove appunto si afferma il valore probatorio della trasposizione in forma scritta delle "constatazioni" operate dai pubblici ufficiali nel corso del relativo servizio. Infatti è pacifico che video riproduzioni, perquisizioni e sequestri siano atti irripetibili e possibile oggetto di testimonianza degli agenti di Pg (Cass., sez. 2, sent. n. 2353 del 12/1/05, rv. 230618, Ara e altri). Come inoltre si è già avuto occasione di ricordare, l’autorità italiana (espressamente in tal senso l’ordinanza impugnata) aveva ottenuto l’autorizzazione a seguire gli indagati fino all’arrivo a destinazione. Con ciò vien meno anche la rilevanza della pretesa indeterminatezza delle fonti informative posta con il terzo motivo di legittimità. Del resto, nella stessa linea giurisprudenziale si ammette comunemente che "le informazioni e gli atti trasmessi per autonoma determinazione dell’Autorità giudiziaria di uno Stato estero o comunque di un organo di un’organizzazione internazionale o sovranazionale possono essere pienamente utilizzati nel procedimento penale senza che rilevino i limiti e le condizioni afferenti all’utilizzazione degli atti assunti per rogatoria" (v. Cass, sez. 2, sent. n. 35130 del 2/7/08, rv. 240956, Catanese).

Tanto premesso, è anche a dire che quadro sufficiente di gravità indiziaria verrebbe a carico del M. dal solo segmento di condotta da lui posta in essere nell’ambito del territorio nazionale e dai commenti captati nei suoi confronti nelle conversazioni fra i sodali: l’avere condotto la propria auto dalla Germania fin a Roma per consegnarne le chiavi alla moglie del N. (che in contemporanea aveva risalito l’Italia in treno) ed essere poi tornato in Germania dove nove giorni dopo era arrestato insieme al detto N., in uno con i commenti che l’evento aveva suscitato in coloro che lo avevano attribuito alla sua poca avvedutezza (la moglie del N., una delle sorelle che era con lei nel viaggio, il N. stesso), costituiscono prova sufficiente a delinearne il ruolo. E correttamente tale ruolo è qualificato di concorso nell’associazione mafiosa e non di procurata inosservanza di pena, posto che l’espletamento di un incarico così delicato in un momento di così grave crisi per il gruppo oggettivamente non si esauriva nel favoreggiamento del singolo latitante nè soggettivamente poteva essere affidato a chi nei confronti di quel gruppo non fosse usualmente disponibile. I pretesi travisamenti indiziari sui quali si è diffuso il primo motivo di ricorso non intaccano, pertanto, minimamente la sostanza indiziaria a carico del M.: non la pretesa insufficienza probatoria del segmento di condotta realizzato in Italia, non la pretesa riferibilità all’arresto in Olanda dei commenti dei sodali nei suoi confronti, non la mancata presenza della sua utenza cellulare nel corso del convergente viaggio verso Roma, non la riferibilità al solo (OMISSIS) (che in quel viaggio era con lui) dei documenti di identità trovati in possesso del N. al momento dell’arresto. Infondate, allo stesso modo, le doglianze dell’ultimo motivo sull’attualità del pericolo di recidiva (peraltro presunto visto il titolo di reato, compreso tra quelli di cui all’art. 51 c.p.p., comma 3 bis come richiamato dall’art. 275 c.p.p., comma 3): come ha ricordato il giudice del riesame, anche prima dei fatti il M. (incensurato) si occupava di ristorazione in Germania, ma ciò non gli aveva impedito di offrire la sua piena disponibilità ai Nirta-Strangio di San Luca. Nessuna contraria garanzia veniva quindi dal suo ritorno in Calabria dopo i fatti e dall’assunzione da parte sua di un pur stabile lavoro.

Al rigetto del ricorso segue ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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