Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 12-04-2011, n. 14619

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 22/7/10 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 9/6/10 dal Gip di quel Tribunale nei confronti di B.N. per il reato, commesso in Reggio Calabria dal gennaio 2007 al 21/10/09 (in concorso con A.R. e i fratelli P., R. e R.I.), di trasferimento fraudolento di valori di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 (relativamente alla casa di cura "(OMISSIS)": capo W). Annullava la stessa misura in riferimento all’analogo capo X (relativamente al "(OMISSIS)" e al ristorante "(OMISSIS)").

L’accusa per B.N. è di essersi fittiziamente intestato la titolarità e la gestione della casa di cura "(OMISSIS)" sita in frazione (OMISSIS) per consentire ad A.C., gravemente pregiudicato per reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed assoggettato a misure di prevenzione personale, di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. La figura dell’ A., come emerge dalle indagini seguite alla cattura del latitante C.P., detto il "(OMISSIS)", capo indiscusso di uno dei due "cartelli" mafiosi che fin dagli anni 80 si contendevano la supremazia criminale nella città di Reggio Calabria, risultava – grazie anche alla sua provenienza da una delle famiglie storiche della ‘ndrangheta calabrese, gli A. di Sinopoli – soggetto molto attivo nel capoluogo e teso, grazie anche alle proprie aderenze malavitose, ad inserirsi in attività produttive e lucrose come appunto quella della clinica in oggetto, che fruiva anche delle sovvenzioni regionali.

La prova di ciò in numerose conversazioni telefoniche ed ambientali intercorse tra il B. e lo stesso A., da cui risultava che la clinica, acquistata dall’ A. dai precedenti proprietari già nel dicembre 2006 per alcune centinaia di migliaio di Euro (una disponibilità finanziaria certamente non in linea con le sue risorse economiche dichiarate), il 24/7/08, come da programma, veniva formalmente intestata al B.. Le intercettazioni che riguardano la vicenda, vanno dall’ottobre 2006 al maggio 2007. Di qui la gravità indiziaria e le esigenze cautelari (in una delle conversazione tra i due, nel giugno 2006, è il B. a suggerire all’ A. di valersi, per la riscossione di un loro credito, della forza intimidatrice dei Tegano – di Archi, contattando l’allora longa manus del latitante T.G., S.P.).

Ricorreva per cassazione la difesa del B., deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’aggravante mafiosa del reato contestato: i rapporti tra il B. e l’ A., l’eventuale caratura ed appartenenza criminale del primo e la stessa consapevolezza di ciò del secondo non integravano ancora l’aggravante in parola in assenza di una volontà del B. di favorire con la sua condotta l’associazione di cui l’ A. dovesse far parte; senza considerare, inoltre, che da nulla risultava la detta appartenenza, l’ A. non avendo precedenti per associazione mafiosa bensì per associazione finalizzata al traffico di droga.

Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG, assente la parte ricorrente, chiedeva l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorso, infondato, va respinto.

Premesso che al presente è in questione solo l’aggravante mafiosa, non contestandosi in questa sede la materialità dei fatti, va rilevato come nella specie – contrariamente alla tesi difensiva – vi sia ampia prova non solo della consapevolezza del B. di favorire l’ A. e il sodalizio di cui questi è espressione, ma anche della sua precisa volontà in tal senso: ne sono ampia prova le intercettazioni in atti, che danno conto delle trattative intercorse nei mesi tra l’ A. e i vecchi proprietari della casa di cura e del costante aggiornamento che quegli ne fa al B., che infine, secondo la prevista interposizione, se ne intesterà l’acquisto.

Che A.C., benchè privo di specifici precedenti associativi mafiosi, sia intraneo alla cosca omonima ed espressione del suo potere criminale, deriva dalla sua storia familiare (è figlio di A.D., tra i principali protagonisti della pax mafiosa che mise fine nei primi anni 90 alla c.d. seconda guerra di mafia di Reggio Calabria) e dalle misure di sorveglianza di PS a suo carico (in occasione dell’ultima, con obbligo di soggiorno, eleggeva domicilio a (OMISSIS)), oltre che dal fatto, assai significativo, di essere privo di adeguati cespiti patrimoniali o redditi leciti che gli consentissero l’acquisto della casa di cura.

Al rigetto del ricorso segue ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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