Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-04-2010) 01-07-2010, n. 24748

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12.2.2009 la Corte di appello di Potenza, in riforma della sentenza del Tribunale di Lagonegro del 20.3.2008, concesse al V.V., le attenuanti generiche , riduceva la pena ad anni uno e Euro 600,00 di multa per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p..

La contestazione è relativa alla detenzione di 100 capi di abbigliamento con marchi contraffatti molto noti e alla ricettazione degli stessi capi.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo deduce il mancato esame del primo motivo di appello circa la mancata prova della contraffazione dei beni sequestrati, come tale attestata solo nel verbale di sequestro dei finanziari verbalizzanti.

Con il secondo motivo si rileva che si trattava di contraffazione grossolana.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa il primo motivo la contraffazione dei beni trovati in possesso del ricorrente che recavano marchi molto famosi (v. capo d’imputazione) risulta da quanto accertato dai finanzieri e dal provvedimento di sequestro, cioè da agenti specializzati nel settore (v. sentenza di prime cure) la cui affidabilità non può essere revocata in dubbio. Le censure sono di mero fatto e non si allega alcun motivo per dubitare dell’accertamento effettuato.

Circa la seconda doglianza, la Corte territoriale ha già richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui l’eventuale (peraltro indimostrata nel caso in esame) " grossolanità" della contrattazione non è elemento scriminante in quanto la ratio della norma è la tutela dell’ "interesse collettivo" come affidamento della comunità nel suo complesso dei marchi e nei segni distintivi, interesse che rimane intatto anche se nel caso in esame il soggetto, parte lesa individuale, avrebbe ben potuto accorgersi della contraffazione (cass. n. 12926/2004, cass. n. 31451/2006). La soluzione adottata è pertanto conforme all’orientamento di questa Corte.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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