T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 07-04-2011, n. Comunicazione o notificazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 26 febbraio 2007, il Sindaco del Comune di Riposto ha ordinato lo sgombero dell’alloggio popolare sito in Riposto, Strada 46, n. 1, scala B, piano II°, int. 5. L’occupante abusivo del locale in questione, Signor S.B., soggetto versante in condizioni di grave disagio economico, che così restava privi di un alloggio per sé e pèer il proprio nucleo familiare.

A seguito di tale sgombero, il Sindaco del Comune di Riposto per venire incontro allo stato di bisogno del Baiamonte, adottava il provvedimento n. 20 del 26 febbraio 2007, con cui ha ordinato la requisizione, con effetto immediato e per il periodo di un anno, dell’alloggio ubicato al piano terra, lato nord, facente parte del complesso di quattro alloggi situati nella frazione di Carruba, Piazza Stazione" di proprietà di R.F.I. (RFI), consegnandolo provvisoriamente al Signor Baiamonte.

Dopo due giorni, con ordinanza n. 21 del 28 febbraio 2007, il Sindaco ha revocato detto provvedimento in considerazione delle precarie condizioni dell’immobile requisito ed ha disposto la requisizione, con effetto immediato e per il periodo di un anno, di un diverso alloggio ferroviario di proprietà di RFI situato all’interno del medesimo fabbricato.

L’indennizzo a favore di RFI, proprietaria dell’immobile requisito, veniva stabilito con determinazione del Sindaco del Comune di Riposto del 2 marzo 2007 in Euro 150,00 mensili.

Alla scadenza del periodo di durata della requisizione in uso (28 febbraio 2008) la medesima veniva prorogata dal Sindaco di Riposto per tre volte (con ordinanze n. 21 del 29 febbraio 2008, n. 54bis del 1° luglio 2008 e n. 110 del 29 dicembre 2008) a mezzo di altrettanti provvedimenti, che hanno altresì confermato le precedenti disposizioni in relazione all’importo dell’indennizzo.

Il Sindaco di Riposto, pur avendo disposto l’entità dell’indennizzo mensile da corrispondere alla proprietaria dell’immobile in questione sin dal marzo del 2007, a tutt’oggi non avrebbe ancora provveduto a corrispondere alcunché.

Con il ricorso in epigrafe, la RFI per l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco di Riposto n. 110 del 29 dicembre 2008 e di tutti gli atti presupposti e comunque collegati e connessi, tra cui, in particolare, le ordinanze sindacali n. 20 e 21 del 26 e 28 febbraio 2007 e le ordinanze sindacali nn. 21 del 29 febbraio 2008 e n. 54bis del 1° luglio 2008, nonché per sentir condannare il Comune di Riposto e/o il Ministero degli interni al risarcimento dei danni causati e causandi dai provvedimenti impugnati.

Dei detti provvedimenti, mai stati notificati, l a RFI ne avrebbe appreso l’esistenza solamente in data 30 aprile 2009 a seguito della loro ricezione a mezzo fax.

Successivamente, in data 29 settembre 2009, RFI apprendeva che il Comune di Riposto, con ordinanza sindacale n. 78 del 30 giugno 2009, nonostante la pendenza del presente ricorso, ha prorogato di ulteriori sei mesi (ovverosia fino al 31 dicembre 2009), la requisizione in argomento.

Tale provvedimento – quarta proroga del periodo di durata della requisizione – è oggetto del ricorso per motivi aggiunti notificato in data 26 novembre 2009.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21bis della legge 7 agosto 1990 n. 241 per omessa notifica delle ordinanze nn. 21/2008, 54/2008 e 110/2008.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 legge n. 2248/1865, all. e, 71, 72, 74 e ss. legge n. 2359/1865 e 2 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 per incompetenza del sindaco.

Le ordinanze impugnate, di proroga della requisizione, sarebbero state emanate in mancanza dei presupposti di legge richiesti, in quanto la funzione istituzionale del Comune di assicurare il diritto all’abitazione agli appartenenti alla comunità locale, non comprenderebbe anche i poteri restrittivi della proprietà privata, i quali, invece, sarebbero riconducibili unicamente all’attività esercitabile dal Sindaco in veste di organo dell’Amministrazione statale.

Inoltre, i presupposti (grave necessità ed urgenza), richiesti dalla legge al fine di legittimare l’intervento sostitutivo e sussidiario del Sindaco, non sarebbero riscontrabili nel caso in esame, atteso che il Sindaco del Comune di Riposto ha adottato l’ordinanza qui impugnata proprio allo scopo di liberare un alloggio popolare di proprietà comunale occupato abusivamente dal Signor Baiamonte; senza considerare che vi sarebbero state altre soluzioni legittime diverse dalla requisizione dell’immobile di proprietà di RFI.

Si osserva anche che le ordinanze impugnate sarebbero state adottate per far fronte a carenze abitative sussistenti da diverso tempo (ovverosia dallo sgombero dell’alloggio popolare in Riposto, Via Strada 46, n. 1, Sc. B, piano II°, int. 5, di cui all’ordinanza n. 20 del 26 febbraio 2007) il che, atteso il lungo tempo decorso dalla prima ordinanza, porterebbe ad escludere l’esistenza di una situazione di effettiva contingibilità.

La "necessità ed urgenza" della situazione sarebbero interamente imputabili al Comune di Riposto il quale, con la propria condotta, ha determinato i presupposti affinché potesse emettere esso stesso un provvedimento di requisizione.

Il Sindaco del Comune di Riposto, nell’adottare le ordinanze di cui è causa, avrebbe pertanto agito in palese violazione delle succitate norme di legge che attribuiscono la relativa competenza per materia al Prefetto, essendo conferita al Sindaco la facoltà di emettere simili provvedimenti solo in via sussidiaria ed esclusivamente qualora sussistano eccezionali motivi di assoluta necessità ed urgenza evidentemente non imputabili alla condotta della p.a. medesima.

Non rientrerebbe nell’ambito dei poteri del Sindaco requisire immobili per sopperire ad esigenze abitative di nuclei di cittadini residenti..

3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 legge n. 2248/1865, all. e, 71, 72, 74 e ss. legge n. 2359/1865 e 2 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 – eccesso di potere per erroneità dei presupposti e sviamento.

Il Sindaco del Comune di Riposto, avrebbe attuato uno sviamento nello svolgimento delle sue funzioni pubblicistiche, spendendo il potere a lui affidato per finalità diverse ed ulteriori.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 73, 1° comma, legge n. 2359/1865 per proroga della requisizione oltre il termine di due anni.

L’art. 73, 1° comma, Legge 25 giugno 1865, n. 2359, stabilisce che "le occupazioni temporanee prevedute dall’art. 71 non possono in nessun caso essere protratte oltre il termine di due anni, decorrenti dal giorni in cui ebbero luogo". Da ciò emergerebbe la violazione anche di tale ultima chiara disposizione normativa, la quale renderebbe illegittimi ed annullabili le ordinanze di proroga della requisizione fino al 30 dicembre 2009 o, quantomeno, renderebbe palese la illiceità dell’occupazione da parte della P.A. a far data dal 28 febbraio 2009, con conseguente obbligo immediato per la stessa di rilasciare quanto occupato senza titolo.

5) Sussisterebbero, nella fattispecie, tutti i presupposti di cui all’art. 2043 c.c. per la condanna del Comune di Riposto e/o del Ministero degli interni al risarcimento del danno.

La legittimazione passiva di quest’ultimo, discenderebbe poi dalla circostanza che il Sindaco di Riposto, come evidenziato, avrebbe agito nella veste di "Ufficiale di Governo", surrogandosi al Prefetto nell’attuazione di un potere ad esso attribuito in via principale.

Il danno andrebbe risarcito in forma specifica, mediante restituzione dell’alloggio di cui è causa da parte della p.a. occupante sine titulo.

Per ciò che, invece, concerne il risarcimento del danno per equivalente la ricorrente, rilevato che a tutt’oggi non ha ancora ricevuto il pagamento di quanto dovuto dalla p.a. requisente a titolo di indennizzo (Euro 150,00 mensili), lo stesso può essere correttamente quantificato in Euro 7.530,45, pari agli indennizzi non corrisposti dal 28 febbraio 2007 a gennaio 2011, con annessi interessi nella misura legalmente determinata. A tale somma andranno, inoltre, aggiunti tutti gli importi da qui in avanti maturati, fino all’avvenuto rilascio dell’immobile da parte del beneficiario della requisizione, oltre interessi.

L’Avvocatura Distrettuale dello Stato ha eccepito la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’interno.

Il Comune di Riposto ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza, affermando che il Comune avrebbe, con l’adozione dei provvedimenti impugnati, legittimamente garantito il diritto Costituzionale ad una abitazione alla famiglia bisognosa del sig.Baiamonte.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 26/11/2009, la RFI s.p.a. ha impugnato l’ordinanza sindacale n. 78 del 30/6/2009, notificatale in data 29/9/2009 con la quale è stata prorogata la durata del provvedimento di requisizione in uso dell’immobile, in proprietà della ricorrente, dall’ 1/7/2009 al 31/12/2009, reiterando pedissequamente nei confronti dell’atto impugnato i motivi proposti con il ricorso principale.

Alla pubblica udienza del 23/2/2011 il ricorso è passato in decisione.

A) Il primo motivo di ricorso non è condivisibile nella parte in cui si deduce l’inefficacia della notifica dei provvedimenti impugnati a mezzo fax.

Detta forma di comunicazione deve ritenersi valida ed efficace ai sensi degli artt.38, comma 1 e 43,comma 3, del T.U. 28/12/2000 n. 445, in quanto gli accorgimenti tecnici che caratterizzano il sistema del fax garantiscono una sufficiente certezza circa la recezione del messaggio.

Pertanto tale mezzo è idoneo a far decorrere i termini perentori per l’impugnazione, atteso che deve presumersi giunto al destinatario quando il rapporto di trasmissione indica che questa è pervenuta regolarmente senza che il soggetto che ha inviato il messaggio debba fornirne ulteriore prova, salva la prova contraria in ordine alla funzionalità dell’apparecchio ricevente, che deve essere fornita solo da chi afferma la mancata ricezione del messaggio.

Conseguentemente, ove il legislatore non disponga diversamente, disponendo il mezzo della notifica o della lettera raccomandata, la P.A. può utilizzare tale strumento per le sue comunicazioni, compresi gli atti di natura recettizia (vedasi Cons. di Stato, Sez. V, sent. 5845 del 18 agosto 2010;. Sez. VI, sent. n. 578 del 3 febbraio 2009 n. 578; Sez. V, sent. n. 4032 del 19 giugno 2009; TAR Sardegna, sezione unica, sent. n. 555 del 23/5/2005).

La giurisprudenza invocata dal ricorrente a sostegno della tesi dell’inefficacia della comunicazione a mezzo fax non è pertinente al caso di specie, in quanto attiene alla notifica di provvedimenti giudiziari di motivi di appello e di ricorso in Cassazione disciplinati de specifiche norme del c.p.c.

Tutti i rimanenti motivi di gravame dedotti dalla ricorrente si appalesano fondati.

B) Meritevole di positiva valutazione è il secondo motivo di gravame con cui si deduce la violazione degli artt. 7 legge n. 2248/1865, all. e, 71, 72, 74 e ss. legge n. 2359/1865 e 2 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 per incompetenza del Sindaco di Riposto.

Nella fattispecie non è dato rinvenire la sussistenza dei requisiti necessari per giustificare l’emanazione da parte del Sindaco di un provvedimento di requisizione di un bene immobile con violazione del diritto di proprietà.

Il ricorso al provvedimento straordinario della requisizione, previsto dalla L. n.2248/1865, può di essere adottato dal Sindaco per fronteggiare situazioni di urgente e grave necessità pubblica, soltanto in particolari situazioni che rendono impossibile il tempestivo intervento dell’autorità Prefettizia.

Il Sindaco, può, però, agire al posto del prefetto soltanto in presenza di presupposti che configurino la "grave necessità pubblica" ai sensi dell’art. 7 della L. n. 2248/1865 alleg.E, solo qualora " per grave necessità pubblica l’autorità amministrativa debba senza indugio disporre della proprietà privata" (cfr. tra le tante Cons. di Stato, Ad.Pl., 30 /7/2007 n. 10).

La normativa relativa all’esercizio del potere di requisizione è di stretta interpretazione in quanto incide sul diritto Costituzionale fondamentale della proprietà privata dei beni immobili.

E la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito i limiti di utilizzo dello strumento del potere extra ordinem in materia di ordinanza da parte locali del sindaco:

– lo strumento dell’ordinanza di cui all’art 7 della L. n. 2248/1865 soccorre in tutti i casi in cui l’utilizzo degli ordinari strumenti giuridici non consenta quell’immediatezza e quella particolare efficacia del rimedio che siano imposte dalle circostanze gravi e urgenti costituenti il presupposto per il ricorso all’istituto dell’ordinanza di requisizione che presenta, una caratterizzazione sussidiaria rispetto agli ordinari rimedi ordinamentali, proprio allo scopo di consentire di intervenire in modo più rapido e diretto ove, in base a un giudizio discrezionale dell’amministrazione, i rimedi ordinari, vuoi per la complessità ed eccessiva durata dei procedimenti, vuoi per l’insufficienza delle previsioni dispositive da essi consentite, non siano bastevoli al fine di garantire i beni supremi della salute pubblica e della pubblica e privata incolumità (cfr. ex multis T.A.R. Campania – Napoli, sez. V, 08 luglio 2009 n. 3790).

Nella fattispecie in esame, il Sindaco ha dovuto affrontare il problema derivante dalla necessità di trovare un alloggio per un singolo nucleo familiare rimastone privo a seguito di, un pur doveroso, provvedimento assunto dal Comune intimato.

La situazione in cui versava il sig. Baiamonte era nota all’Amministrazione intimata da tempo, ed avrebbe dovuto essere affrontata con i mezzi ordinari apprestati dall’ordinamento.. Di contro, il provvedimento extra ordinem non poteva essere utilizzato per affrontare un problema di fondo e deficienze strutturali (come nel caso della necessità di reperire un alloggio per un singolo nucleo familiare): semmai detto provvedimento extra ordinem avrebbe avuto una sua valida ragione se fosse stato necessario per sopperire, ad esempio, ad esigenze abitative determinate da fenomeni straordinari quali eventi sismici od alluvionali et similia.

Nel caso in esame, inoltre, lo straripamento dai rigorosi limiti fissati dalla norme, che prevedono e disciplinano il potere di ordinanza requisizione, è, altresì, evidenziato dal susseguirsi ripetitivo dell’uso del potere in questione mediante l’adozione di più ordinanze di proroga; che ha comportato l’esercizio al potere di ordinanza con un inammissibile carattere di continuità e con la tendenza alla stabilizzazione degli effetti; così eccedendo dalle finalità del momento, e mirando in effetti a regolare stabilmente una situazione o un assetto di interessi.

Detta reiterazione dimostra la volontà dell’Ente intimato di usare il più agevole strumento emergenziale della requisizione per affrontare un problema che nella sua gravità è, purtroppo, un problema di ordinaria amministrazione.

Le ordinanze succedutesi nell’arco di anni (oltre ad essere inficiate dal dedotto vizio di incompetenza ai sensi dell’art. 7 l. 20 marzo 1865 n. 2248, all. E; per essere state disposte dal Sindaco in assenza di situazioni di assoluta necessità e urgenza tali da non consentire l’intervento tempestivo del Prefetto) mancano anche di un’adeguata motivazione che dimostri:

– l’impossibilità di ricorrere agli ordinari strumenti esistenti per affrontare il problema specifico del sig. Baiamonte;

– che l’ordinanza d’urgenza adottata (e reiterata) rappresentasse l’unica soluzione possibile sia alla data del 28/2/2007 (momento di emissione della prima ordinanza) sia al momento della emissione delle successive ordinanze impugnate.

Per il resto, gli atti impugnati si pongono in palese contrasto con i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza secondo cui i provvedimenti di requisizione di beni privati per grave necessità pubblica possono essere adottati dal Sindaco solo se sono presenti eccezionali motivi di assoluta necessità e urgenza tali da non consentire l’intervento del Prefetto, con la precisazione che in detti casi non rientra la necessità di far fronte a esigenze abitative, onde sopperire a carenze di alloggi, pur riscontrate, per situazioni di carenze abitative che sussistano da diverso tempo, o qualora si voglia provvedere alla sistemazione di famiglie rimaste senza tetto in conseguenza di sfratto, o quando ancora la situazione di emergenza sia rivolta ad ovviare all’inerzia, protrattasi nel tempo, della stessa Pubblica amministrazione (cfr. ex multis T.A.R. Lazio 5 dicembre 2007, n. 12584).

C) Anche il terzo ed il quarto motivo di gravame si appalesano fondati.

Invero, il Sindaco ha disposto la requisizione dell’immobile in proprietà della RFI con provvedimenti nn. 20 e 21 del 26 e 28 febbraio 2007, via via prorogati, con successive ordinanze, sino al 31/12/2009.

Dette proroghe sono state assunte in violazione dell’art.73, comma 1, della L. n. 2359 del 1865 che fissa un termine di due anni per le occupazioni di beni immobili ai sensi dell’art.71 della predetta legge, con conseguente (ulteriore) illegittimità di tutte le ordinanze adottate successivamente alla data del 28/2/2009.

L’accoglimento dei motivi esaminati comporta l’accoglimento del ricorso e dei correlati motivi aggiunti con conseguente annullamento dei provvedimenti con essi impugnati.

D) Si appalesa fondata anche la domanda di risarcimento dei danni, ex art. 2043, e di condanna del Comune intimato al risarcimento degli stessi in favore della RFI, per essere stati, nella fattispecie, violati i limiti posti dalle norme ed i limiti interni della discrezionalità amministrativa.

Infatti l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione, emerge dalla dimostrata e reiterata violazione di legge sia sotto i profili: dell’incompetenza del Sindaco ad adottare i provvedimenti impugnati in vece del Prefetto; della mancanza dei presupposti richiesti dalla legge per emettere le ordinanze di requisizione gravate; dello sviamento della causa tipica atteso che il Sindaco ha fatto (reiteratemente) ricorso al potere speciale di requisire un immobile al di fuori dell’ambito circoscritto delle ipotesi in cui detto potere può essere esercitato. Di qui l’illegittimità delle ordinanza sindacali, che hanno disposto la requisizione di alloggi, e l’imputabilità al Comune che l’ha adottata, con la sua conseguente legittimazione passiva nel giudizio. Infatti, le conseguenze di un provvedimento emesso dal sindaco, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 2248/1865, all. E, ma al di là delle ipotesi che consentono al medesimo di sostituirsi al prefetto nell’esercizio del potere di requisizione, non possono che ricadere sull’ente locale (vedasi Cons. di Stato, Ad.Pl. n. 10 del 2007; T.A.R. Sicilia, Catania sentenza n. 4827/2010 di questa stessa Sezione) il quale, tra l’altro, nella specie, si è anche fatto carico del pagamento dell’indennità di requisizione prevedendo e quantificando la relativa spesa, ma non versando il corrispettivo alla ricorrente (cfr. anche Consiglio di Stato sent. n. 4529 del 13/07/2010, che afferma la legittimazione passiva dell’amministrazione comunale in ordine a domande di risarcimento di danni derivanti da ordinanze contingibili e urgenti, in quanto, pur agendo il sindaco in veste di organo dello Stato, ufficiale del governo, e quindi di organo a servizio di più enti, egli opera nel quadro del complesso organizzatorio comunale quale elemento di tale complesso con la conseguente responsabilità del comune, e non dello Stato, degli atti posti in essere dal sindaco nella suddetta qualità.

Dunque, in accoglimento della domanda di risarcimento in forma specifica, il Comune di Riposto deve essere condannato alla immediata restituzione dell’immobile alla ricorrente.

Quanto al chiesto risarcimento del danno per equivalente, va accolta la domanda di parte che ne richiede il calcolo nella misura di Euro 150,00 mensili per ogni mese di occupazione dell’immobile de quo, con annessi interessi legali nella misura legalmente determinata, sino all’effettivo rilascio.

Va, dichiarata l’estraneità del Ministero dell’interno alla presente controversia per carenza di legittimazione passiva.

Le spese di lite vanno poste a carico del Comune di Riposto soccombente, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui correlati motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati; condanna il Comune intimato alla restituzione dell’immobile alla ricorrente, nonché al risarcimento dei danni in favore della ricorrente nella misura indicata in motivazione.

Estromette dal giudizio l’intimato Ministero dell’interno.

Condanna il Comune soccombente al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite che liquida in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre contr. unif., IVA,CPA, e spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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