Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-04-2010) 01-07-2010, n. 24745

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza del 10.3.2009 la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza emessa dal GIP presso il Tribunale di Pistoia del 15.5.2006 con la quale l’ A. era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 400,00 di multa per il reato di ricettazione (art. 648 cpv. c.p.).

Si tratta della ricettazione di un assegno di provenienza furtiva che veniva dato in pagamento per l’affitto di un locale presso il residence gestito da M.M.R..

La Corte ricordava che la teste aveva riconosciuto l’ A. in fotografia e l’aveva già riconosciuto in sede di prime indagini.

Inoltre la teste era stata in grado di indicare il nome dell’imputato perchè questi le aveva mostrato un documento di identità.

Ricorre l’imputato che allega che la teste non aveva riconosciuto l’imputato, il riconoscimento in sede di indagini non era in atti, la teste in dibattimento non era stata in grado di ricordare nulla e il nome dell’imputato le era stato suggerito dal P.M..

Con un secondo motivo si deduce che manca una congrua motivazione in ordine alla chiesta e denegata attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4.

Con un terzo motivo si deduce la carenza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Con l’ultimo motivo si deduce la carenza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’entità della pena, irrogata di molto oltre i minimi.

Sono stati proposti motivi nuovi con i quali si illustra quanto già precedentemente allegato.

Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, il ricorso va dichiarato inammissibile.

La Corte ha ricordato che la teste ha riconosciuto l’ A. in fotografia in dibattimento, sia pure con qualche indecisione e che tale riconoscimento era già avvenuto in sede di prime indagini.

Inoltre l’autore del fatto aveva mostrato alla teste un documento di identità che ha consentito alla teste di precisare il nome. La motivazione appare congrua e logicamente coerente mentre le censure sono di mero fatto. La Corte territoriale ha già osservato che le iniziali incertezze della teste in dibattimento derivano dal tempo trascorso. Il nome dell’imputato è comunque stato ricordato dalla teste che lo aveva annotato dopo aver guardato la carta di identità di chi le aveva dato il titolo di provenienza illecita. Una spiegazione diversa all’accaduto non è mai stata fornita. Non è stata concessa l’attenuante del danno lieve in quanto l’assegno era per 500,00 Euro: la motivazione appare congrua e logicamente coerente, le censure sono di mero fatto.

Non sono state concesse le attenuanti generiche in relazione ai gravi e numerosi precedenti penali del ricorrente: anche in questo caso la motivazione è sufficiente e persuasiva, mentre nel ricorso non si indicano quali ragioni consigliassero di concederle.

La pena è stata ritenuta equa in relazione alla personalità del reo del tutto negativa, gravato da numerosi e seri precedenti penali. La motivazione appare congrua, le censure di ordine puramente fattuale.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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