T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 07-04-2011, n. 629 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 15 e depositato il 28 maggio 2009, iscritto al n. 872 R.G., M.B. – titolare, nel Comune di Castelnuovo Val di Cecina, dell’azienda agricola "L.C." – proponeva impugnazione avverso il provvedimento dirigenziale del 12 marzo 2009, mediante il quale la Regione Toscana aveva deliberato di sottoporre a valutazione di impatto ambientale il progetto di impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad un MW, presentato da essa ricorrente e da realizzarsi presso l’azienda agricola predetta. Affidate le proprie doglianze a quattro motivi in diritto, la B. concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, nonché – in via subordinata – dei pareri negativi espressi in merito al progetto dal Comune di Castelnuovo Val di Cecina e dalla Comunità montana dell’Alta Val di Cecina, e, all’occorrenza, degli artt. 48, 49 e 78 del Regolamento urbanistico del Comune.

In corso di causa, con atto di motivi aggiunti depositato il 13 agosto 2009, il gravame veniva peraltro esteso alla nota con cui, frattanto, la Provincia di Pisa aveva comunicato alla ricorrente di aver dato avvio del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio dell’impianto fotovoltaico in questione, ma, contestualmente, di averne disposto la sospensione in attesa dell’esito della procedura di VIA.

Si costituivano in giudizio, per resistere all’impugnativa, la Regione Toscana ed il Comune di Castelnuovo Val di Cecina.

Nelle more, con separato ricorso notificato il 19 marzo e depositato il 1 aprile 2010, iscritto al n. 498 R.G., la medesima B. esponeva che – in virtù del sopravvenuto art. 27 co. 43 della legge n. 99/2009, che aveva introdotto l’esenzione dalla VIA degli impianti fotovoltaici di potenza inferiore a 1 MW – la Provincia di Pisa aveva riavviato il procedimento autorizzatorio, indicendo una conferenza di servizi conclusasi con il diniego del titolo abilitativo per asserito contrasto del progetto con gli strumenti urbanistici comunali vigenti. Avverso il diniego, di cui alla determinazione dirigenziale n. 154/2010, ella svolgeva in diritto quattro censure, concludendo ancora una volta per l’annullamento dell’atto impugnato in via principale, oltre che degli atti presupposti ed, in particolare, della deliberazione del Consiglio comunale di Castelnuovo Val di Cecina n. 26/2009, che, modificando la disciplina della zona omogenea E1 di cui all’art. 32 del Regolamento urbanistico, vi aveva aggiunto la sottozona E1f, destinata all’installazione degli impianti fotovoltaici. Con la domanda di annullamento, la B. spiegava altresì domanda accessoria di risarcimento dei danni patiti per effetto del diniego impugnato.

Nuovamente, si costituivano per resistere alle domande avversarie la Regione Toscana ed il Comune di Castelnuovo Val di Cecina, ma non la Provincia di Pisa, che rimaneva contumace.

I due ricorsi venivano discussi, e trattenuti in decisione, nella pubblica udienza del 22 dicembre 2010, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.
Motivi della decisione

Come riferito in narrativa, tanto il ricorso iscritto al n. 872 R.G. 2009, quanto quello iscritto al n. 498 R.G. 2010, riguardano le procedure amministrative di valutazione ambientale ed autorizzazione cui è stato sottoposto il progetto presentato dalla ricorrente M.B. per la costruzione e l’esercizio, presso l’azienda agricola "L.C." sita in Castelnuovo Val di Cecina, di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW; ambedue i ricorsi sono stati promossi nei confronti di Regione Toscana, Provincia di Pisa, Comune di Castelnuovo Val di Cecina, Comunità montana Alta Val di Cecina, nonché di certa I.S., intervenuta in sede amministrativa come portatrice di osservazioni contrarie all’approvazione del progetto, ed è in ragione di tali evidenti profili di connessione oggettiva e soggettiva che se ne rende opportuna la riunione ai fini della trattazione congiunta.

In via pregiudiziale, deve essere peraltro dichiarata l’improcedibilità per difetto di interesse delle impugnative promosse con il ricorso più risalente. L’art. 27 co. 43 della legge n. 99/2009 ha, infatti, modificato l’Allegato IV della Parte seconda del D.Lgs. n. 152/2006 nel senso di limitare la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale ai soli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda aventi potenza complessiva superiore a 1 MW, realizzando una situazione di diritto nuova rispetto a quella esistente al momento dell’introduzione della lite, e tale da rendere sostanzialmente inutile la pronuncia originariamente chiesta al giudice, dovendosi reputare ex lege cessati gli effetti del provvedimento regionale di sottoposizione del progetto alla VIA, non più richiesta dal legislatore: prova ne sia che la Provincia di Pisa ha riavviato il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica chiesta dalla B., rimuovendo gli effetti della sospensione a suo tempo disposta – proprio in attesa della valutazione di impatto ambientale – con la nota del 23 giugno 2009, impugnata mediante motivi aggiunti che, pertanto, debbono anch’essi considerarsi improcedibili.

Le questioni di merito da esaminare attengono, dunque, al solo ricorso n. 498 R.G. 2010 contro il diniego dell’autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio dell’impianto fotovoltaico, frapposta alla ricorrente dalla Provincia di Pisa con la determinazione n. 154 del 19 gennaio 2010, la quale si fonda a sua volta sulla determinazione negativa assunta, dalle amministrazioni convocate in conferenza di servizi, avuto riguardo al contrasto fra il progetto e gli strumenti urbanistici comunali.

Con il primo motivo, la ricorrente sostiene innanzitutto che il provvedimento impugnato violerebbe l’art. 12 co. 7 del D.Lgs. n. 387/2003, trattandosi di intervento ricadente in zona classificata come agricola, e compatibile con le disposizioni in materia di sostegno del settore agricolo, come prescritto dalla norma appena citata. D’altro canto, la compatibilità urbanistica del progetto non potrebbe essere messa in discussione neppure in applicazione della disciplina comunale richiamata dall’amministrazione procedente, vale a dire dell’art. 78 del Regolamento urbanistico, il quale osterebbe – in determinate aree "di protezione ambientale" individuate dall’art. 49 dello stesso regolamento, fra le quali non sarebbe peraltro compresa quella interessata dal progetto – all’installazione di impianti geotermoelettrici, ma non anche di impianti fotovoltaici; ovvero, dell’art. 54 del Piano strutturale, volto ad assicurare lo sviluppo sostenibile, nella misura in cui la promozione delle fonti energetiche rinnovabili costituisce un obiettivo dichiarato delle istituzioni comunitarie, proprio in funzione di contribuire alla protezione dell’ambiente ed alla sostenibilità dello sviluppo. Per tuziorismo, la ricorrente estende le proprie censure all’art. 32 del Regolamento urbanistico di Castelnuovo Val di Cecina, come modificato dalla variante approvata con delibera n. 26/2009, che ha individuato all’interno della zona omogenea E1 la sottozona E1f, al cui interno sono sempre ammesse le realizzazioni di impianti fotovoltaici: la variante si porrebbe in contrasto con il decimo comma dell’art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 cit., in forza del quale dovrebbe escludersi qualsiasi potere dei Comuni in ordine alla localizzazione di nuovi parchi fotovoltaici.

Con il secondo motivo, è dedotta la violazione del terzo comma dell’art. 12 D.Lgs. n. 387/2003, secondo cui l’autorizzazione unica all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico, ciò che confermerebbe l’illegittimità del diniego, fondato sull’asserita incompatibilità urbanistica del progetto.

Con il terzo motivo, la ricorrente B. contesta l’affermazione, emersa in sede di conferenza di servizi, secondo cui l’impianto in progetto ricadrebbe parzialmente in area sottoposta a tutela paesaggistica; e comunque si duole del mancato assolvimento, ad opera dell’autorità preposta alla salvaguardia del presunto vincolo, dell’onere di motivare in maniera compiuta ed esaustiva circa le ragioni della ritenuta incompatibilità del progetto. Con il quarto motivo, lamenta invece che, in violazione dell’art. 10bis della legge n. 241/90, il provvedimento di diniego non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione delle ragioni ostative al rilascio dell’autorizzazione richiesta.

Premesso che, nel ricorso in esame, è priva di legittimazione passiva la Regione Toscana, nei cui confronti non risultano proposte domande, le censure sono fondate, e vanno accolte, per quanto di ragione.

Seguendo l’ordine logico delle questioni, l’impugnato diniego di autorizzazione si presenta viziato intanto sul piano procedimentale, avendo l’amministrazione provinciale omesso di effettuare nei confronti dell’interessata la comunicazione preventiva disciplinata dall’art. 10bis della legge n. 241/90, la cui funzione fisiologica è quella di consentire alla parte privata di adeguarsi alle osservazioni e richieste provenienti dall’amministrazione, ovvero di rappresentare le ragioni di fatto e/o di diritto contrarie al diniego, al fine di prevenire, per quanto possibile, l’insorgenza di una fase contenziosa vera e propria. Né, del resto, gli effetti caducatori del vizio possono considerarsi preclusi in virtù di quanto previsto dall’art. 21octies co. 2 della medesima legge n. 241/90, norma di stretta interpretazione, che in tema di attività discrezionale – qual è quella di cui si controverte – annette efficacia non invalidante alla sola mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Carattere ugualmente preliminare riveste, sul piano sostanziale, la contestazione mossa dalla ricorrente in ordine alla riconducibilità dell’area interessata dal progetto di impianto fotovoltaico in questione all’interno dell’area di protezione ambientale individuata dall’art. 49 del regolamento urbanistico del Comune di Castelnuovo Val di Cecina. In effetti, tale circostanza – per inciso, una di quelle che avrebbe potuto e dovuto formare oggetto del mancato contraddittorio fra le parti in sede amministrativa – non è confermata dal certificato di destinazione urbanistica dell’area, che fa unicamente riferimento dell’appartenenza dei terreni alla zona E1, né emerge con adeguata certezza dal parere comunale evocato nel verbale della conferenza di servizi, che pure contiene un inquadramento urbanistico per altri versi preciso della proprietà della ricorrente; mancando, perciò, l’evidenza del presupposto di fatto cui l’amministrazione procedente ancora l’applicabilità della disciplina urbanistica ostativa alla realizzazione dell’impianto, il diniego non può che risultare illegittimo sotto il profilo del difetto di istruttoria, se non del travisamento.

Certamente frutto di travisamento è, poi, l’altra affermazione posta a sostegno del diniego, secondo cui l’impianto in progetto interesserebbe un’area sottoposta a tutela paesaggistica ai sensi del D.Lgs. n. 42/04. In disparte la sommaria individuazione del vincolo all’interno del provvedimento, la stessa Provincia di Pisa, sollecitata dalla ricorrente, ha successivamente riconosciuto non trattarsi di area vincolata (si veda l’attestazione del 26 maggio 2010, in atti).

Il carattere assorbente dei vizi appena riscontrati non esime il collegio da alcuni cenni sul più ampio tema dell’illegittimità che deriva al provvedimento impugnato dal suo essere fondato sull’acritico recepimento dei divieti di localizzazione stabiliti dagli strumenti urbanistici in vigore nel territorio del Comune di Castelnuovo Val di Cecina e, segnatamente, dall’art. 78 del regolamento urbanistico comunale, disposizione che preclude l’installazione di nuovi impianti per lo sfruttamento di energie alternative (e non dei soli impianti di geotermia, come prospettato dalla ricorrente) nell’area di protezione ambientale di cui al sopra citato art. 49 del medesimo regolamento.

Nell’ottica europea improntata al principio dello sviluppo sostenibile, il legislatore nazionale ha dato attuazione alla direttiva 2001/77/CE, relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, mediante il D.Lgs. n. 387/2003, che all’art. 12, nel dettare la disciplina del procedimento autorizzatorio per la realizzazione degli impianti alimentati da tali fonti, da un lato riconosce a detti impianti carattere di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza (co. 1) e conferisce all’autorità procedente – la Regione, ovvero la Provincia da questa delegata – il potere di rilasciare l’autorizzazione in variante agli strumenti urbanistici vigenti (co. 3); ma, per altro verso, non trascura di garantire il corretto inserimento degli impianti nell’ambiente, rimettendo a lineeguida da adottarsi in Conferenza unificata l’approvazione dei criteri in applicazione dei quali consentire alle Regioni di indicare di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.

Come autorevolmente osservato, l’art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 – nel riflettere il favor del legislatore sovranazionale per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e dei relativi impianti di produzione – fa registrare la confluenza di profili di tutela ambientale, ricadenti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, e profili afferenti alla competenza concorrente di Stato e Regioni nelle materie della produzione, trasporto e distribuzione di energia, ovvero del governo del territorio: che si voglia attribuire un ruolo prevalente agli uni o agli altri, in ogni caso deve escludersi che alle Regioni sia consentito di provvedere in via autonoma all’individuazione dei criteri per il corretto inserimento ambientale degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa, al di fuori delle lineeguida nazionali ed in violazione del principio di leale collaborazione (da cui l’illegittimità costituzionale delle previsioni di legge regionale aventi tale obiettivo, cfr., fra le altre, Corte Cost. 26 marzo 2010, n. 119; 6 novembre 2009, n. 282; 29 maggio 2009, n. 166).

Se dunque, alla luce della oramai consolidata giurisprudenza costituzionale, in presenza di una normativa statale che non contempla alcuna limitazione specifica alla localizzazione degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, né pone divieti inderogabili, ma rinvia all’adozione di criteri comuni per tutto il territorio nazionale, è negata al legislatore regionale la possibilità di provvedere autonomamente alla localizzazione dei siti inidonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti, a maggior ragione sembra doversi escludere che risultati analoghi possano venire perseguiti dagli enti locali in sede di pianificazione urbanistica, con conseguente illegittimità – per contrasto non solo con l’art. 12 D.Lgs. n. 387/2003, ma con gli stessi principi costituzionali che governano l’allocazione della funzioni normative e amministrative – degli atti di normazione secondaria che ponessero in ambito comunale limitazioni sconosciute alla legge statale.

Nella misura in cui stabilisce – per una cospicua parte del territorio comunale – un divieto assoluto e generalizzato di localizzazione di impianti energetici da fonti rinnovabili, incorre allora nella evidenziata illegittimità l’art. 78 del regolamento urbanistico di Castelnuovo Val di Cecina, di talché esso è inidoneo a fondare la determinazione assunta dalla Provincia di Pisa, la quale avrebbe dovuto, semmai, condurre le proprie scelte discrezionali nell’unica prospettiva consentita, quella del corretto bilanciamento degli interessi in gioco avuto riguardo al caso concreto, rifuggendo – in considerazione della natura primaria sia dell’interesse alla tutela del paesaggio, sia di quello alla produzione di energia in forme non inquinanti – da visioni che la dottrina definisce "monosettoriali" e da opzioni aprioristicamente tese a garantire prevalenza all’uno piuttosto che all’altro.

Ma se anche, in astratto, si volesse ipotizzare la facoltà del Comune di individuare per regolamento zone sottratte e zone destinate all’installazione di impianti energetici alimentati da fonti rinnovabili, come pure in passato la giurisprudenza ha fatto (per tutte cfr. T.A.R. Umbria, 15 giugno 2007, n. 518), nondimeno il diniego frapposto dalla Provincia di Pisa alla ricorrente sulla sola base del divieto posto dallo strumento urbanistico dovrebbe reputarsi illegittimo, in difetto di specifica motivazione circa il mancato esercizio dei poteri di variante urbanistica previsti, come già detto, dallo stesso art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 a conferma del fatto che la disciplina urbanistica rappresenta un ostacolo per definizione non insormontabile alla realizzazione degli impianti in questione: non potrebbe, infatti, trovare applicazione il tradizionale indirizzo interpretativo secondo cui il diniego di variante urbanistica non richiede un apparato motivazionale particolarmente pregnante, giacché il chiaro favore per la diffusione delle energie alternative impone di capovolgere i termini del rapporto fra regola (pianificazione urbanistica vigente) ed eccezione (variante), nel senso che – a fronte dell’istanza volta ad ottenere il titolo per l’installazione di un impianto di produzione di energia "pulita", e degli incentivi all’uopo apprestati dal legislatore – non è il sovvertimento della regola, ma la sua conservazione, a dover essere appropriatamente giustificata dall’amministrazione.

L’acclarata illegittimità del provvedimento impugnato, comunque lo si guardi, implica l’accoglimento della domanda di annullamento, ma non anche di quella accessoria di risarcimento danni spiegata dalla ricorrente. Vertendosi in materia di interessi pretensivi, ai fini del risarcimento occorre la prova, ancorché fornita a mezzo di presunzioni, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene della vita collegato a tale interesse. Siffatto giudizio prognostico, nella specie, è tuttavia impedito dalla circostanza che in capo all’amministrazione procedente residuano poteri di valutazione discrezionale, il cui esercizio non può essere attratto dal giudice; di talché la configurabilità del pregiudizio lamentato andrà necessariamente valutata all’esito alla riedizione di quei poteri nella sede amministrativa che è loro propria (giurisprudenza costante, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797; né la ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno da ritardo c.d. "puro").

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della Provincia di Pisa nei confronti della ricorrente. Nei rapporti fra la ricorrente, la Regione Toscana, il Comune di Castelnuovo Val di Cecina e le altre parti evocate in giudizio sussistono giusti motivi di compensazione.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi, dichiara l’improcedibilità dell’impugnativa promossa con il ricorso n. 872 R.G. 2009 ed i relativi motivi aggiunti.

Quanto all’impugnativa promossa con il ricorso n. 498 R.G. 2010, dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Toscana, annulla la determinazione provinciale n. 154 del 19 gennaio 2010, in epigrafe, respingendo la domanda accessoria di risarcimento danni.

Condanna la Provincia di Pisa alla rifusione delle spese sostenute dalla ricorrente, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Spese compensate nei rapporti fra la ricorrente, la Regione Toscana, il Comune di Castelnuovo Val di Cecina e gli altri soggetti intimati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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