Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 24-01-2011) 12-04-2011, n. 14607

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 8-14 luglio 2010 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha revocato, a far data dal 17 giugno 2010, la misura della detenzione domiciliare concessa, in deroga alle disposizioni ordinarie, al collaboratore di giustizia, U. M., giusta precedente ordinanza dello stesso Tribunale in data 12/02/2003 e successive integrazioni.

A ragione il Tribunale ha addotto l’evasione del condannato dal luogo in cui stava subendo la detenzione domiciliare, respingendo la giustificazione addotta ovvero l’allegata impossibilità di continuare a sostenere gli oneri economici per l’alloggio, e sottolineando piuttosto che l’ U. si era allontanato dalla dimora assegnatagli, in Lombardia, per recarsi in una località della (OMISSIS), nota per essere un costoso centro turistico e la sede di un rinomato casinò, da lui frequentato.

Ha aggiunto il Tribunale che già in precedenza, e precisamente il 2 agosto 2009, l’ U. si era reso responsabile di analoga infrazione (allontanamento dalla Regione di residenza con pernottamento in albergo e visita al casinò), tanto da essere arrestato e proposto per la revoca della misura dal Magistrato di sorveglianza, il quale aveva sospeso il beneficio con provvedimento del 4 agosto 2009, cui però non era seguita la revoca da parte del Tribunale, che, nell’ ordinanza del 17 settembre 2009, gli aveva fatto premio della corretta gestione della misura per più di sei anni, limitandosi a revocargli l’autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio, ogni giorno, dalle ore 18 alle ore 21.

Il richiamato precedente, tuttavia, alla luce del comportamento successivo, assumeva indubbia rilevanza, perchè, secondo il Tribunale, ai fini della valutazione della compatibilità del comportamento del condannato con la prosecuzione o meno della misura alternativa, ogni elemento oggettivo della condotta deve essere preso in esame, non vigendo, in materia penitenziaria, il principio della tipicità delle infrazioni nè operando alcuna preclusione alla rivalutazione dell’intera condotta.

Considerata, quindi, la pluralità delle violazioni commesse e l’inverosimiglianza delle difficoltà economiche addotte (in entrambi i casi il condannato si era allontanato dalla propria abitazione per un tempo significativo, pernottando in albergo, e aveva frequentato il casinò di (OMISSIS)), il Tribunale ha rilevato l’incompatibilità del comportamento dell’ U., del cui ravvedimento era ragionevole dubitare, con la misura della detenzione domiciliare di cui ha, perciò, disposto la revoca.

2. Avverso la predetta ordinanza ricorre l’ U., tramite il suo difensore, avvocato Ruggiero Andrea, denunciando l’erronea applicazione di legge e la carenza e la contraddittorietà della motivazione, poichè dagli atti del procedimento, specificamente elencati, emergerebbe che il collaboratore si era spontaneamente presentato ai CC di Saint Vincent per essere arrestato e tradotto nel carcere di Aosta, non potendo più proseguire la detenzione domiciliare per motivi familiari e difficoltà economiche, quest’ultime insorte a causa della disposta capitalizzazione dell’indennità ex L. n. 45 del 2001, art. 13, comma 6, a lui attribuita.

Il ricorrente assume, quindi, di non avere arbitrariamente violato la misura, ma di essersi limitato, allontanandosi dalla propria dimora, a provocare il suo rientro in carcere, e aggiunge che il comportamento tenuto nel (OMISSIS) non avrebbe dovuto essere messo in relazione al suo spostamento dal luogo di detenzione domiciliare risalente a circa un anno prima, ispirato da altri motivi e già valutato dal Tribunale non cosi grave da determinare la revoca del beneficio.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

L’ordinanza impugnata, con ampia e coerente motivazione, ha valutato la condotta dell’ U. come incompatibile con la protrazione della misura della detenzione domiciliare, poichè, il 16 giugno 2010, il ricorrente si allontanò dalla sua residenza, in (OMISSIS), per recarsi nel Comune di (OMISSIS), reiterando la violazione già commessa il (OMISSIS), senza che lo spostamento fosse giustificato, secondo il Tribunale, dall’allegata impossibilità di sostenere gli oneri economici della detenzione domiciliare in (OMISSIS).

La circostanza, non indicata nella motivazione del provvedimento impugnato, che l’ U. si sarebbe spontaneamente presentato ai Carabinieri di Saint Vincent, i quali, dopo alcuni contatti con la Questura di Lodi, ufficio di polizia referente nel luogo di residenza del collaboratore, lo trassero in arresto non prima che fosse disposta la sospensione della misura, non assume rilievo decisivo al fine di escludere l’evasione dal luogo della detenzione domiciliare, essendo certo l’arbitrario spostamento dell’ U. da una Regione all’altra, peraltro ammesso dallo stesso interessato nel verbale delle sue dichiarazioni al delegato Magistrato di sorveglianza di Torino, in data 5 luglio 2010, specificamente richiamato dal ricorrente per sottolineare il mancato esame, da parte del Tribunale di sorveglianza di Roma, delle circostanze addotte a sua difesa.

E’ principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che le allegazioni difensive non espressamente esaminate dal giudice, le quali siano prive del requisito della decisività seppure specifiche, non determinano il vizio di mancanza della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), (c.f.r., tra le molte, sul requisito della decisività delle doglianze: Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009, dep. 16/09/2009, Greco, Rv. 244763; Sez. 5, n. 6945 del 09/05/2000, dep. 12/06/2000, Murante, Rv. 216765).

Parimente infondata è, poi, la censura di illogicità o contraddittorietà della motivazione laddove il Tribunale richiama la precedente evasione del 2 agosto 2009, che non determinò la revoca della misura, a rafforzamento dell’attuale valutazione negativa della condotta dell’ U. stimata incompatibile con la prosecuzione della detenzione domiciliare.

Atteso il principio generale ricavabile dall’art. 666 c.p.p., comma 2, richiamato dall’art. 678 c.p.p., per cui le decisioni di competenza del Tribunale di sorveglianza in materia di misure alternative alla detenzione sono sempre decisioni allo stato degli atti, con effetto preclusivo che si arresta di fronte ad elementi nuovi o diversi rispetto a quelli precedentemente considerati (Sez. 1, n. 6761 del 12/12/1996, dep. 31/01/1997, Laganaro, Rv. 206774;

Sez. 1, n. 5099 del 22/09/1999, dep. 02/12/1999, Papurello, Rv.

214695; Sez. 1, n. 45739 del 15/11/2001, dep. 20/12/2001, Paletti, Rv. 220474), ne discende la legittimità di una rivalutazione unitaria della condotta del condannato, ove sopravvenga una nuova violazione analoga ad altra precedente non apprezzata idonea a determinare la revoca della misura alternativa proprio per la sua episodicità, successivamente smentita dalla reiterazione della trasgressione, come avvenuto nel caso in esame.

4. Il rigetto del ricorso impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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