T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 07-04-2011, n. 573 Competenza e giurisdizione del giudice ordinario Decreto di espropriazione Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti sig.ri N.B., E.B.V. e R.D.M. espongono:

che con deliberazione consiliare del 15.1.93 il Comune di Belluno ha sottoposto a vincolo alcuni terreni ed immobili di loro proprietà con le relative aree pertinenziali; che con deliberazione del 22 settembre 2005 ha approvato il progetto definitivo per la realizzazione dell’opera pubblica denominata strada interna della Veneggia, con annessa dichiarazione di pubblica utilità; che con decreti 26.6.2007 n. 36, 37 e 38 ha disposto l’occupazione della superficie da espropriare; che in data 19.7.2007 ha proceduto all’occupazione delle seguenti aree: nceu fg. 31 mapp. 853 (ex 532/2 e 18) mq. 386; nceu fg. 31 mapp. 856 (ex 650/3) mq. 82; nceu fg. 31 mapp. 863 (ex 650) mq. 249, che in seguito, con nota 20.4. 2009 ha notificato ai ricorrenti il decreto di occupazione delle aree aggiuntive e la contestuale determinazione delle indennità, con invito a comunicare l’accettazione dell’indennità di esproprio; che con dichiarazione 8.6.2009 i ricorrenti hanno accettato le somme offerte per l’esproprio come indicate nella comunicazione, specificando le modalità di pagamento; che con successiva nota 23.6.2009 i ricorrenti hanno trasmesso al Comune di Belluno la documentazione comprovante la piena e libera proprietà delle aree occupate onde ottenere la corresponsione dell’indennità di espropriazione ai sensi dell’art. 20 t.u. espropri; che il Comune di Belluno nulla ha tuttavia versato per acconto e a saldo dell’indennità di.espropriazione; che, con nota datata 2.12.2009 il Comune di Belluno ha notificato ai ricorrenti la determinazione. 352 del 27.10.2009 con la quale il dirigente ha "ritenuto" di erogare ai ricorrenti la somma di Euro 26.671.73 a fronte di quella di Euro 38.585,28 offerta ed accettata a titolo d’indennità di occupazione; che con atto notificato il 1828.1.2010 i ricorrenti hanno intimato al Comune di Belluno di adempiere la convenzione intercorsa tra le parti e, conseguentemente, di pagare la somma proposta ed accettata; che con successiva nota 29 1.2010 il Comune di Belluno ha rifiutato "1’erogazione di ulteriori somme"; che, infine, con atto notificato rispettivamente il 2/312/4/2010 il Comune di Belluno ha disposto l’espropriazione dei seguenti immobili: nceu fg. 31 mapp. 853 (ex 53512 e 18) mq. 540; nceu fg. 31 mapp. 856 (ex 650/3) mq. 135; nceu fg. 31 mapp. 863 (ex 600) mq. 330 già oggetto del decreto di occupazione.

Il decreto di esproprio e la presupposta determinazione dirigenziale 27.10.09 n. 352 vengono impugnati con il ricorso in epigrafe e di essi si chiede l’annullamento per i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 45 dpr 8.6.2001 n. 327, eccesso di potere e danno grave.

Le norme violate stabiliscono che, divenuto efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera, il promotore dell’espropriazione entro i successivi trenta giorni compila l’elenco dei beni da espropriare ed indica le somme che offre per l’espropriazione; che l’atto che determina in via provvisoria la misura dell’indennità di espropriazione deve essere notificato al proprietario, il quale, nei trenta giorni successivi alla notificazione, può comunicare all’autorità espropriante che condivide la determinazione dell’indennità di espropriazione; che dall’accettazione, che la norma definisce irrevocabile, la legge fa derivare obbligazioni sia in capo all’espropriante che in capo al proprietario, il quale ultimo è tenuto: l) a consentire all’autorità espropriante che ne faccia richiesta l’immissione nel possesso; 2) a fornire all’autorità espropriante autocertificazione atte stante la piena e libera proprietà del bene; successivi all’accettazione la documentazione 3) a depositare nel termine di sessanta giorni l’atto comprovante la piena e libera proprietà del bene; che nel caso di specie, mentre i ricorrenti hanno esattamente e puntualmente adempiuto a quanto dalla legge impone al proprietario del bene, l’amministrazione comunale è rimasta assolutamente inadempiente; che a mente dell’art. 20 n. 9 dpr 327/2001 il Comune intimato avrebbe dovuto procedere alla stipula dell’atto di cessione del bene, avendo i proprietari assolto gli obblighi dalla legge posti a loro carico; che, in ogni caso, il mancato pagamento dell’indennità di espropriazione nella misura offerta ed accettata vieta all’espropriante l’adozione del decreto di esproprio; che l’atto di cessione volontaria, dunque, per la sua natura contrattuale è soggetto alla disciplina privatistica caratterizzata dall’incontro paritetico della volontà, che da tale natura discendono tutti gli effetti del contratto, non ultima la validità della cessione anche nel caso in cui l’acquirente non corrisponda l’indennità concordata nel termine stabilito e, soprattutto, la sussistenza della responsabilità di natura contrattuale da parte dell’acquirente, con il conseguente obbligo di risarcire il danno, stante la non restituibilità del bene, che ogni controversia di tale tipologia rientra nella giurisdizione dell’ AGO, quale giudice dei diritti.

2) falsa ed erronea applicazione di legge; difetto di motivazione; illegittimità costituzionale.

nella determinazione n. 352 del 27/10/2009.

Il Comune di Belluno ha dato atto che in forza dell’accettazione, ai ricorrenti spetta la somma di Euro 38.585,28 a titolo d’indennità di espropriazione ma aggiunge che "verificati ai sensi dell’art. 37 comma 7 t.u., gli importi denunciati ai fini ICI, le somme erogabili ammontano ad Euro 26.671,73"; che il provvedimento impugnato è errato e nullo in quanto il Comune espropriante giustifica la riduzione dell’importo concordato a titolo di indennità di espropriazione con l’applicazione dell’art. 37 co 7 t.u.espropriazione; che la norma richiamata (art. 37 tue) non è applicabile al caso di specie giacchè trattandosi di espropriazione di area edificata trova applicazione il successivo art. 38 tue, che in ogni caso quel che rileva è soprattutto la considerazione che i criteri dettati dalla legge per la determinazione dell’indennità devono essere applicati dall’ente espropriante prima della comunicazione della determinazione stessa al proprietario, sicchè una volta avvenuta la notifica dell’indennità di espropriazione con invito al proprietario di comunicare se intende accettarla, l’indennità si cristallizza e diviene definitiva con la conseguenza che non può più essere modificata; che nel caso di specie il Comune per talune particelle ha annullato l’indennizzo con l’assunto immotivato che per ciascuna, i proprietari avrebbero dovuto effettuare singole ed autonome dichiarazioni di valore ai fini ICI; che l’assunto non trova riscontro nella determinazione 27.10.2009 n. 352.

L’amministrazione comunale di Belluno si è costituita in giudizio eccependo preliminarmente la tardività del ricorso nonché l’inammissibilità dello stesso, per difetto di giurisdizione, nella parte in cui l’azione investe la determinazione dell’indennità di esproprio e comunque la sua infondatezza chiedendone la reiezione con vittoria di spese.

Nella memoria conclusiva la stessa amministrazione ha contestato l’eccessività e la sconvenienza di alcune espressioni usate dal patrocinio avversario ed ha chiesto, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., la cancellazione di tali espressioni, espressamente indicate, siccome inopportune ed offensive.

All’udienza pubblica del gennaio 2011, previa audizione dei difensori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

. In via preliminare va esaminata l’eccezione di tardività del ricorso, opposta dall’amministrazione comunale intimata sul rilievo che oggetto dell’impugnazione è, in principalità, il decreto di esproprio n. 9 dell’ 11.2.2010 e che tale provvedimento – ritualmente notificato agli odierni ricorrenti a mezzo del servizio postale ovvero avvalendosi dei messi comunali- è stato tardivamente impugnato, come risulta dalle attestazioni dimesse in giudizio.

Nello specifico: per il sig. R.D.M. la notifica si è perfezionata in data 2.3.2010 per la sig.ra N.B., l’1 marzo 2010 e per il sig. E.B.V. il 3.3.2010 (doc. 2, 3 e 4 depositati il 16 giugno 2010).

Il termine ultimo per la proposizione del gravame sarebbe stato dunque, rispettivamente, il 1^ maggio 2010, i1 30 aprile 2010 ed il 2.5.2010 laddove il ricorso è stato notificato solo il 24 maggio 2010: e dunque, come eccepito, tardivamente, con conseguente irricevibilità del gravame.

L’eccezione anzidetta è perciò fondata e, per sua natura, dirimente.

Non rileva, infatti, né potrebbe, come pretende parte ricorrente, la circostanza che lo stesso ricorso fosse stato già notificato il 30 aprile 2010, senza tuttavia essere, successivamente, depositato essendo in corso trattative con l’amministrazione, trattative di cui non risulta traccia in atti e che peraltro sarebbero comunque irrilevanti ai fini della dedotta tardività del ricorso.

Parimenti tardiva, ma in questo caso prima ancora inammissibile per difetto di giurisdizione è la domanda di annullamento della determinazione dirigenziale n. 352 del 27.10.2009 (doc. 5), ricevuta dai ricorrenti in data il dicembre 2009 e da questi ultimi non impugnata nei termini, in quanto ritenuta atto interno al procedimento.

In realtà poiché è con tale provvedimento che l’amministrazione ha stabilito in complessivi Euro 26.671,73 la somma da riconoscersi ai ricorrenti quale indennità di espropriazione: somma che i ricorrenti contestano assumendo di avere diritto all’indennizzo nella maggior misura di Euro 38.585,28, appare evidente, come si evince dallo stesso ricorso, che la causa petendi è costituita proprio dalla rivendicata differenza tra il quid minus stabilito nella nota impugnata e la somma offerta ai ricorrenti e da costoro irrevocabilmente accettato, con i decreti n. 36, 37 e 38 del 26 giugno 2007.

Ne consegue che la controversia, come anche gli stessi ricorrenti ammettono, rientra, ex art. 53 co. 3^ del T.U. 327/2001, nella giurisdizione dell’AGO.

Appartengono, infatti, alla giurisdizione del G.O. le domande proposte dal cedente per conseguire non solo il pagamento dell’indennità di esproprio ma anche l’integrazione o la riliquidazione dell’indennizzo, poiché anche tali controversie, al pari di quelle concernenti il quantum dell’indennità espropriativi definitiva, si ricollegano al diritto soggettivo dell’istante ad ottenere un congruo indennizzo per la perdita del bene (Cass. S.S.U.U. 27 aprile 2007 n. 9845; id. Cass. S.S.U.U. 28 ottobre 2009 n. 22756).

E ciò vale anche nel caso in cui la contestazione riguardi, come nella specie, la decurtazione che l’amministrazione ha ritenuto di apportare all’indennità di esproprio offerta ed irrevocabilmente accettata dai ricorrenti, alla quale avrebbe dovuto far seguito la cessione bonaria dei lotti espropriati, cui l’amministrazione si è sottratta in declinata applicazione dell’art. 37 comma 7 del DPR 327/2001.

Tale orientamento, infatti, pur se con qualche oscillazione, è stato recentemente condiviso dalla giurisprudenza maggioritaria del giudice amministrativo (cfr.,ex multis, Cons. St., sez. V, 11 agosto 2010, n. 5617; Cons. St., sez. IV, 31 marzo 2009, n. 2001; T.A.R. Abruzzo – L’Aquila, 8 febbraio 2003, n.32; T.A.R. Lazio- Roma, sez. III, 10 giugno 2010, n. 17070).

Nel declinare la propria giurisdizione il Collegio individua nel giudice ordinario il giudice fornito di giurisdizione, ai sensi di quanto prescritto dal primo comma dell’art. 59 della l. 16 giugno 2009, n. 69 e, per il principio della "translatio iudicii" dichiara che sono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda e che il giudizio potrà essere riassunto davanti al giudice ordinario competente "con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile";

Per questa parte, salva l’irricevibilità del gravame nei confronti del decreto di esproprio, il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Quanto alla richiesta della difesa dell’amministrazione di cancellazione di alcune espressioni usate dal patrocinio della parte ricorrente il Collegio ritiene che sussistano i presupposti dell’uso sconveniente ed ingiustificato delle seguente frasi, delle quali ordina, ex art. 89 C.P.C. la cancellazione e precisamente: "Il comportamento del comune dolomitico appare dunque la classica furbata, degna di un bottegaio e non già di un ente pubblico che per qualche anno ha goduto della fama di migliore comune d’Italia. Se questo è il migliore, figuriamoci il peggiore!. (pag. 8, da riga 22 a riga 24).

Va altresì cancellata, per la stessa ragione, le frasi "Donde l’abuso di potere che, sotto altro profilo assume connotazione penalmente rilevante " (pag. 6 riga 1) in quanto riferita ad azione amministrativa putativamente illegittima e non illecita come invece implica la frase anzidetta.

Le spese di causa seguono, quindi, come d’ordine, la soccombenza e, previa parziale compensazione, sono liquidate nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte irricevibile e per il resto inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando quest’ultima al giudice ordinario, presso il quale la causa potrà essere riassunta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese e delle competenze di causa che, previa compensazione per la metà liquida in Euro 2000,00 (duemila euro) oltre ad iva e c.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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