T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 07-04-2011, n. 109 Piano regolatore comunale Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame e con successivi motivi aggiunti le società ricorrenti hanno impugnato le deliberazioni del Consiglio comunale di prima e di seconda adozione della variante al P.R.G. di Trento denominata "di riqualificazione ambientale e urbana di Trento nord", nonché la deliberazione della Giunta provinciale di approvazione della stessa. I terreni di loro proprietà sono ricompresi nella relativa perimetrazione e assoggettati al vincolo di previa bonifica imposto sull’estesa area interessata dalla variante in esame, che si trova alla periferia nord di Trento.

Si tratta di un’exarea industriale già occupata dagli stabilimenti "Carbochimica" e "Sloi" e classificata "C6 di riqualificazione urbana", nella quale l’edificazione è stata subordinata all’adozione di un unico piano attuativo, la cui approvazione è condizionata al completamento degli interventi di bonifica sui siti inquinati.

A sostegno del ricorso sono state svolte le seguenti censure:

– violazione dell’accordo di programma 9.12.2002 e dell’atto aggiuntivo 20.11.2003; violazione dell’art. 43 L.P. 1/2008; eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, illogicità e contraddittorietà.

Si sostiene, in sintesi, che la necessità di subordinare l’edificazione nelle aree inquinate alla completa bonifica è immotivata, né potrebbe farsi derivare dalla previsione, nell’atto aggiuntivo, del piano guida esteso a tutte le aree. La variante urbanistica, peraltro adottata con ben 5 anni di ritardo rispetto all’impegno assunto dal Comune nell’accordo di programma del 2002, avrebbe dovuto conformarsi allo studio unitario redatto dal prof. arch. Gregotti, come previsto dallo stesso accordo di programma e dall’atto aggiuntivo, studio che contemplava la possibilità di realizzare comparti funzionali con progressiva edificazione, previa bonifica delle singole aree. L’Amministrazione si sarebbe impegnata a seguire tale studio unitario e non avrebbe potuto discostarsene.

Non si comprenderebbe, poi, perché si sia deciso di rinviare a un atto di indirizzo consiliare la definizione dello sviluppo urbanistico, senza più menzionare il piano guida. La vera ragione di ciò starebbe nel fatto che l’Amministrazione avrebbe deciso di violare l’accordo e l’atto aggiuntivo che stabilivano il ricorso al piano guida, al fine di evitare di essere soggetta alla redazione di piani attuativi parziali, previsti appunto dallo studio unitario "Gregotti".

La controversa variante attribuirebbe al Consiglio comunale il potere di concedere incrementi di indice UTN ("utilizzazione territoriale netta") delle aree inquinate senza tener conto di quanto stabilito dal citato studio unitario "Gregotti".

Inoltre, l’accordo di programma e l’atto aggiuntivo prevedrebbero una stretta correlazione tra sostenibilità dei costi e benefici, conseguibili nella riqualificazione e nella valorizzazione urbanistica dell’area, ma tale previsione verrebbe stravolta dal vincolo di previa bonifica integrale dell’area nella sua totalità.

Vengono poi censurate varie previsioni vincolistiche, e cioè quelle relative: a) alla percentuale minima del 45% a residenza; b) alla superficie eccessiva per opere di urbanizzazione secondaria; c) alla conformazione ai principi di edilizia sostenibile; d) alle aree a verde.

Le controdeduzioni opposte dall’Amministrazione alle osservazioni delle ricorrenti sarebbero generiche ed immotivate.

Nel corso del giudizio sono stati proposti i seguenti motivi aggiunti:

1) (primi motivi aggiunti) illegittimità della prescrizione imposta dalla Giunta provinciale in sede di approvazione della variante urbanistica, in quanto se essa obbliga il Comune, correttamente, a seguire i contenuti e le procedure del piano guida, omette di stralciare l’illegittimo vincolo di previa bonifica integrale, anziché per settori, dell’intera area, in contrasto con le determinazioni (non solo dello studio unitario "Gregotti", ma anche) della C.U.P.;

2) (secondi motivi aggiunti) si contesta quanto sostenuto dall’Amministrazione comunale nella memoria dell’8.12.2010, secondo cui l’accordo di programma non la vincolerebbe, stante il suo carattere privatistico e l’ampia discrezionalità che le spetterebbe in ordine a tempi e modalità di attuazione dell’accordo. Inoltre, ex art. 77bis del D.P.G.P. 26.1.1987, n. 141 leg. il Comune sarebbe obbligato a rispettare il contenuto dell’accordo. Si propone, inoltre, istanza di risarcimento integrale dei danni subiti a causa delle illegittime determinazioni urbanistiche, analiticamente quantificati in Euro 7.172.200,00 (perdita di valore) più Euro 8.559.243,00 (interessi passivi – oneri finanziari), più Euro 1.726.375,77 (costi diretti), più Euro 653.408,05 (opere di realizzazione e gestione della barriera idraulica).

3) (terzi motivi aggiunti) illegittimità dell’atto 3.12.2010 di avvio del procedimento finalizzato all’emanazione di una diffida ex art. 244 d. lgs. n. 152/2006.

L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio, eccependo l’irricevibilità e l’inammissibilità sia del ricorso introduttivo che dei motivi aggiunti. Nel merito ha controdedotto puntualmente, instando per la reiezione del ricorso.

Si è costituita in giudizio anche la Provincia autonoma di Trento, eccependo l’irricevibilità dei motivi aggiunti, con cui è stata impugnata la deliberazione provinciale di approvazione della controversa variante urbanistica. Nel merito, anch’essa ha controdedotto concludendo per il rigetto del ricorso.

Formalmente si è costituito anche il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare chiedendo che l’impugnativa sia rigettata.

Alla pubblica udienza del 24.3.2011, sentiti i procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Ciò premesso, venendo alle considerazioni del Collegio, vanno anzitutto disattese le eccezioni di irricevibilità del ricorso e dei motivi aggiunti.

E’ vero che la deliberazione provinciale, con cui è stata approvata la variante urbanistica, è stata impugnata (mediante motivi aggiunti) senza che sia stato rispettato il termine di 60 giorni decorrente dalla sua pubblicazione.

Tuttavia, le ricorrenti hanno fondatamente obiettato che, nel caso particolare, il termine sarebbe dovuto decorrere dalla notifica individuale e non dalla pubblicazione.

Invero, il principio secondo cui il termine per l’impugnazione del P.R.G. o delle sue varianti decorre dalla data di pubblicazione dello strumento urbanistico, non essendo richiesta la sua notificazione ad un’indeterminata pluralità di destinatari a vario titolo interessati, ammette deroga nelle ipotesi in cui lo strumento urbanistico, specificamente la variante, non riguardi una sistemazione globale della zona ma incida in concreto su singoli immobili, cioè si tratti di un atto con destinatari determinati (cfr., ad es.: Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3149; id., sez. III, 22 novembre 2010, n. 3340).

Ciò si è appunto verificato nel caso all’esame, se si considera che la variante urbanistica in controversia costituisce l’esito di un accordo di programma con i proprietari dei terreni e riguarda un’area ben determinata, con destinatari precisamente individuati.

In ogni caso, anche ammesso che i motivi aggiunti contro l’atto approvativo della variante siano irricevibili, il ricorso ed i restanti motivi aggiunti sono ugualmente ammissibili. Invero, l’omessa impugnazione della deliberazione di approvazione dello strumento urbanistico non determina improcedibilità del ricorso proposto contro la delibera comunale di adozione, in quanto l’eventuale annullamento di quest’ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sul successivo provvedimento di approvazione, nella parte in cui lo stesso conferma le previsioni già contenute nello strumento adottato e fatto oggetto di impugnativa (cfr., ad es.: Cons. Stato, sez. IV, 8 marzo 2010, n. 1361; id., 23 luglio 2009, n. 4662).

Né appare rilevante, per le ragioni che si diranno, ai fini dell’interesse fatto valere, l’impugnativa della sola prescrizione introdotta dalla Provincia relativa alla conversione in piano guida dell’atto di indirizzo consiliare.

Nel merito va premesso, in fatto, che i terreni delle Società ricorrenti sono per la maggior parte gravemente inquinati: trattasi infatti di aree dove avevano sede due industrie chimiche dismesse altamente inquinanti, Carbochimica e Sloi.

Invero, il D.M. 18.9.2001, n. 468, regolamento della legge n. 426 del 9.12.1998, concernente il programma nazionale di bonifica e di ripristino ambientale, ha classificato le aree già occupate dalle due industrie dismesse tra i siti di interesse nazionale, a causa della localizzazione di esse nel contesto urbano, del pericolo connesso alla tipologia degli inquinanti presenti (piombo organico, naftalene, solventi aromatici e fenoli), della vulnerabilità della falda acquifera, e per la presenza di un sistema idrografico costituito da una fitta rete di canali di acqua superficiale. Conseguentemente sono stati prescritti il piano di caratterizzazione ed i progetti di messa in sicurezza e di bonifica da presentarsi al Ministero dell’ambiente.

Tra Provincia, Comune di Trento e proprietari delle aree inquinate è stato allora siglato, il 9.12.2002, un accordo di programma, per la caratterizzazione e per la progettazione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, in attuazione di quanto disposto dal comma 10octies dell’art. 77 bis del testo unico delle leggi provinciale sulla tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (D.P.G.P. 26.1.1987, n. 141 leg.), il quale stabilisce che "qualora vi siano più soggetti interessati alla bonifica di un sito, i tempi e le modalità d’intervento possono essere definiti con apposito accordo di programma tra la Provincia, i comuni territorialmente competenti e i soggetti interessati".

Il piano di caratterizzazione è stato di seguito approvato con atto della Conferenza dei servizi ministeriale del 20 ottobre 2003.

Il 20.11.2003 è stato sottoscritto un atto aggiuntivo all’accordo di programma, il quale prevede:

a) che il Comune promuove la variante urbanistica nel perimetro in cui sono comprese le aree immediatamente limitrofe alle aree inquinate ex Sloi e ex Carbochimica;

b) che i proprietari delle aree inquinate predispongono uno studio unitario di tipo planivolumetrico "allo scopo di sviluppare gli elementi quantitativi, qualitativi e funzionali necessari per la variante al PRG";

c) che il Comune si impegna "anche tenendo conto dei contenuti dello studio unitario" a redigere la variante al P.R.G. secondo le procedure previste all’art. 77bis del DPGP n. 1/41 del 26.1.1987 e ss. mm., recante testo unico delle leggi provinciale sulla tutela dell’ambiente dagli inquinamenti.

A tal fine, i proprietari delle aree avevano commissionato ed acquisito tale studio unitario, redatto dal prof. arch. Gregotti, che aveva previsto di realizzare singoli comparti funzionali di bonifica con progressiva edificazione nelle aree via via risanate.

La controversa variante dà attuazione al comma 10decies dell’art. 77 bis del citato DPGP n. 1/41 del 26.1.1987, il quale prevede che "al fine di assicurare e di agevolare la realizzazione degli interventi di bonifica e di ripristino ambientale dei siti contaminati, i comuni territorialmente competenti possono disporre – anche in correlazione con eventuali accordi di programma di cui al comma 10octies – l’approvazione di apposite varianti al piano regolatore generale relative alle aree interessate dall’inquinamento, in osservanza del procedimento previsto per le varianti relative a singole opere pubbliche".

Ciò premesso, il Collegio ritiene che il ricorso non sia fondato, per le ragioni che seguono.

Va anzitutto ricordato che il comma 10undecies, del menzionato art. 77 bis del testo unico provinciale sull’ambiente, sancisce espressamente che "le varianti al piano regolatore generale approvate ai sensi del comma 10decies possono comprendere, oltre alle aree contaminate da bonificare, porzioni di aree contigue, qualora ciò sia espressamente previsto dal piano regolatore vigente o, comunque, quando tale previsione sia tecnicamente opportuna o necessaria per garantire la razionalità delle funzioni e delle destinazioni urbanistiche della zona nella quale insiste il sito da bonificare".

E’ quindi legislativamente prevista un’unica pianificazione urbanistica sia dei terreni inquinati sia di quelli ad essi contigui, al fine di perseguire un unico disegno organico di riqualificazione urbana.

Inoltre, il Collegio osserva che, per i terreni inseriti nei siti di interesse nazionale da bonificare, il divieto espresso di edificazione sino al completamento delle prescritte operazioni di bonifica è stato imposto dal Legislatore provinciale: il comma 10quater del già citato testo unico sull’ambiente stabilisce infatti che: "l’inserimento di un sito nell’anagrafe dei siti da bonificare comporta il divieto di qualunque utilizzazione dell’area diversa da quella in atto, fino all’avvenuta bonifica, a eccezione di utilizzazioni o occupazioni temporanee, purché conformi alla destinazione urbanistica dell’area e tali da non pregiudicare gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica del sito".

Detta prescrizione, introdotta nel testo unico dell’ambiente con la L.P. n. 1 del 19.2.2002, entrata in vigore prima della sottoscrizione dell’accordo di programma 9.12.2002 e dell’atto aggiuntivo 20.11.2003, non poteva che essere recepita dall’impugnato strumento urbanistico comunale il quale, dunque, ha procedimentalizzato i diversi passaggi necessari per autorizzare la futura edificazione (cfr., commi 3, 5 ed 6 dell’art. 42quater delle N.T.A.: atto di indirizzo allegato al progetto di bonifica, piano attuativo da approvarsi dopo il completamento delle operazioni di bonifica e la verifica della conformità delle stesse al progetto) condizionata alla previa bonifica integrale dell’area.

Dunque, ciò costituisce una mera applicazione della norma di legge, per i siti inquinati di interesse nazionale.

Ai terreni di proprietà delle società ricorrenti non è stato imposto, pertanto, un vincolo estraneo alle limitazioni previste dalla normativa provinciale.

L’assunto che l’Amministrazione comunale si sarebbe impegnata a conformarsi allo studio unitario "Gregotti", poiché ciò era previsto dall’atto aggiuntivo 20.11.2003, e che perciò la variante avrebbe dovuto prevedere la realizzazione di comparti funzionali con progressiva bonifica ed edificazione via via attuata, si rivela infondato per tre ragioni:

1) perché lo studio unitario va inteso come un mero contributo alla formazione della pianificazione comunale dell’area, di cui il Comune si era impegnato "anche" a tener conto ("anche tenendo conto dei contenuti dello studio unitario" recita l’atto aggiuntivo all’art. 1, punto 3) ma che non era tenuto a seguire pedissequamente;

2) perché un vincolo così stringente ai poteri di pianificazione urbanistica confliggerebbe con la natura ampiamente discrezionale dei predetti poteri spettanti all’Amministrazione in base alla legge;

3) perché una tale interpretazione dell’atto aggiuntivo sarebbe difforme dal citato comma 10quater dell’art. 77bis, introdotto dalla L.P. n. 1 del 19.2.2002, entrata in vigore prima della sottoscrizione dell’accordo di programma e dell’atto aggiuntivo, secondo cui "l’inserimento di un sito nell’anagrafe dei siti da bonificare comporta il divieto di qualunque utilizzazione dell’area diversa da quella in atto, fino all’avvenuta bonifica, a eccezione di utilizzazioni o occupazioni temporanee, purché conformi alla destinazione urbanistica dell’area e tali da non pregiudicare gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica del sito".

Va quindi preferita la diversa interpretazione secondo cui l’accordo di programma e l’atto aggiuntivo presupponevano tale prescrizione legislativa: e ciò alla stregua del principio che fra più opzioni ermeneutiche plausibili l’interprete deve privilegiare quella maggiormente conforme alla legge.

Da ciò l’infondatezza anche delle censure dedotte in via consequenziale, e precisamente:

a) quella secondo cui il rinvio della definizione dello sviluppo urbanistico a un atto di indirizzo consiliare, anziché al piano guida, celerebbe l’intenzione del Comune di violare l’atto aggiuntivo al fine di evitare la redazione di piani attuativi parziali, previsti dallo studio unitario "Gregotti";

b) quella secondo cui gli incrementi di indice UTN delle aree inquinate sarebbero stati demandati al Consiglio comunale senza tener conto di quanto stabilito dallo studio unitario "Gregotti";

c) quella secondo cui l’accordo di programma e l’atto aggiuntivo prevedrebbero una stretta correlazione tra sostenibilità dei costi e benefici, conseguibili dalla riqualificazione, e valorizzazione urbanistica dell’area, ma tale previsione verrebbe stravolta dal vincolo di previa bonifica integrale dell’area nella sua totalità.

Peraltro, le censure rivolte avverso la previsione della variante che demanda ad un atipico atto di indirizzo consiliare, anziché al piano guida, anche se la Giunta provinciale aveva prescritto che esso sarebbe dovuto essere "redatto in modo unitario al fine di assicurare un intervento organico", ed avrebbe dovuto comunque "garantire i contenuti e le procedure del piano guida di cui all’art. 53 della l.p. n. 22 del 1991 e del corrispondente art. 43 della L.P.. n. 1 del 2008" sono anche improcedibili, poiché quella previsione è stata già ritenuta illegittima da questo Tribunale ed annullata con la recente sentenza n. 30 del 2011.

Le censure relative a varie previsioni vincolistiche, e cioè: a) alla percentuale minima del 45% a residenza; b) alla superficie eccessiva per opere di urbanizzazione secondaria; c) alla conformazione ai principi di edilizia sostenibile; d) alle aree a verde, sono, a loro volta, tutte inammissibili in quanto riguardano il merito delle scelte discrezionali dell’ente.

Invero, le opzioni effettuate dall’Amministrazione in sede di formazione ed approvazione degli strumenti urbanistici generali sono l’esplicazione di un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, è tendenzialmente insindacabile salvo l’emersione di errori di fatto, abnormità o irrazionalità delle stesse (cfr., ad es.: Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1015), situazione questa che, nella specie, non si evidenzia.

Circa i motivi aggiunti, l’ultimo di essi, a prescindere da ogni valutazione circa l’impugnabilità immediata di un atto di avviso di avvio del procedimento, è divenuto improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse alla sua decisione, come le stesse ricorrenti riconoscono nelle ultime memorie presentate.

Relativamente agli altri motivi aggiunti, con cui in particolare è stata introdotta l’accessoria azione risarcitoria, essi seguono la sorte del ricorso introduttivo essendo tutti sorretti dallo stesso infondato argomento di fondo, e cioè dall’asserita violazione dell’accordo di programma 9.12.2002 e dell’atto aggiuntivo 20.11.2003 che avrebbero vincolato l’Amministrazione a seguire lo studio unitario "Gregotti" ed a consentire l’edificazione per stralci funzionali, previa bonifica parziale delle aree via via risanate.

Conclusivamente, per le ragioni che precedono il ricorso va respinto.

Per quanto riguarda le spese del giudizio, esse vanno compensate attesa la complessità della questione dedotta, sia in fatto sia in diritto.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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