Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-03-2010) 01-07-2010, n. 24740

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza del 24.11.2008, il Tribunale di Lecce, dichiarò responsabile R.E. del reato di ricettazione, e lo condannò alla pena di anni due mesi sei di reclusione ed Euro 3000,00 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello di Lecce, con sentenza del 7.11.2008, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo: 1) la violazione dell’art. 606, lett. b) per erronea applicazione dell’art. 648 c.p., mancanza dell’elemento soggettivo, sussistenza dell’art. 712 c.p.; 2) la violazione dell’art. 606, lett. e), mancanza di motivazione sulla mancata concessione dell’art. 648 c.p., comma 2; 3) la violazione dell’art. 606, lett. b) in relazione all’art. 648 c.p., errata qualificazione – sussistenza dell’art. 648 c.p., comma 2, essendo connotato il fatto da connotati di marginalità, occasionalità e modestia in considerazione del comportamento del ricorrente; 4) la violazione dell’art. 606, lett. e), mancanza di motivazione – erronea e manifesta illogicità della motivazione, contraddittorietà della motivazione; 5) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e). Mancata motivazione – denegata concessione circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., art. 133 c.p..

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il primo e il quarto motivo di ricorso risultano strettamente connessi, dal momento che con essi si censura, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione, l’omessa qualificazione del fatto nell’ipotesi meno grave di incauto acquisto e si rivelano, entrambi, manifestamente infondati.

Invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la qual cosa è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamente, logicamente spiegabile con l’acquisto in mala fede.

In tal caso la ricorrenza dell’elemento indicativo di dolo non viene affermata sulla base della stigmatizzazione negativa della legittima scelta dell’imputato di tacere, ma sulla base del fatto oggettivo che lo stesso non ha ritenuto di dare alcuna spiegazione in ordine alle circostanze e alle modalità nelle quali e con le quali ebbe ricevere la cosa provento di delitto (Cass. Sez. 2^, n. 35176/07; Sez. 2^, n. 15757/03; Sez. 2^, n. 1176/03), e che, nelle sentenze di merito, i giudici hanno illustrato, con motivazione congrua ed esente da evidenti vizi logici, le ragioni per le quali, sulla scorta delle risultanze processuali, sono pervenuti all’affermazione di responsabilità logicamente rilevando come "le giustificazioni addotte dall’imputato siano assolutamente non plausibili, essendo estraneo a qualsivoglia corretta prassi commerciale che una persona di normale accortezza e diligenza … possa concludere una vendita di beni (cavalli) per oltre 15.000,00 Euro, ricevendosi in pagamento assegni bancari, senza alcuna garanzia, in mancanza di alcun atto scritto e da persona pressocchè sconosciuta".

Con il secondo e terzo motivo di ricorso, il R. lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 648 c.p., comma 2 e l’omessa motivazione sul punto. Premesso che, per la configurabilità dell’ipotesi attenuata di cui al capoverso dell’art. 648 c.p., occorre che il fatto, valutato nel suo insieme, e quindi anche con riferimento alle modalità dell’azione, alla personalità dell’imputato, all’importo del titolo (ove, come nel caso di specie, trattasi di assegno), presenti quelle connotazioni di marginalità, occasionalità e modestia che consentano di qualificare il reato come ipotesi di particolare tenuità evidenziando una rilevanza criminosa assolutamente modesta (v. Cass. Sez. 2, sent. n. 32832/2007 Rv.

237696), connotazioni che – con motivazione esente da evidenti vizi logici – non sono state riscontrate nella fattispecie nella sentenza di primo grado, rileva il Collegio che con l’atto d’appello in data 30.1.2006, depositato il 6.2.2006, veniva richiesta l’attenuante speciale dell’art. 648 c.p., comma 2, senza ulteriori specificazioni.

Il motivo era generico, e quindi nessun obbligo di motivazione sul punto aveva la Corte. I motivi sono pertanto manifestamente infondati.

Per quanto concerne, infine, l’omessa motivazione circa l’eccessività della pena e la concessione delle attenuanti generiche (quinto motivo), rileva il Collegio che la Corte ha confermato la statuizione di condanna, "ineccepibile anche per quanto riguarda la pena irrogata", per le medesime considerazioni esplicitate nella sentenza appellata, utilizzando una motivazione per "relationem" consentita nella fattispecie, in quanto le censure formulate contro la decisione di primo grado non contenevano elementi diversi da quelli esaminati e disattesi dal primo giudice. Va poi osservato che la concessione delle attenuanti generiche risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo; tali attenuanti non vanno intese come oggetto di una benevola concessione da parte del giudice, nè l’applicazione di esse costituisce un diritto in assenza di elementi negativi, ma la loro concessione deve avvenire come riconoscimento della esistenza di elementi di segno positivo, suscettibili di positivo apprezzamento (Cass. Sez. 1^, Sent. n. 46954/2004 Rv. 230591).

Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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