Cons. Stato Sez. VI, Sent., 08-04-2011, n. 2206 Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza n. 904 del 2009, il T.A.R. per la Toscana ha respinto il ricorso n. 1935 del 2007, proposto dalle società odierne appellanti per l’annullamento del provvedimento emesso il 17 ottobre 2007 dall’Ispettorato Territoriale Firenze del Ministero delle Comunicazioni, Prot. Isp. Toscana/4/6778/FF, con cui è stata disposta, ai sensi dell’ art. 98, comma 6, del d. lgs 1° agosto 2003, n. 259, la disattivazione dell’impianto radiofonico trasmittente esercito da R. K.K. e ubicato in località Rossole, operante sulla frequenza 96.000 MHz, acquisito da quest’ultima da R. P. con una scrittura privata di permuta del 10 aprile 2007.

A fondamento della disposta disattivazione, l’Amministrazione ha posto due concorrenti, ancorché connesse, ragioni.

Da un lato, essa ha rimarcato che l’impianto è stato attivato da R. P. ai sensi dell’art. 74, comma 2, della legge n. 448 del 2001, che, nelle more dell’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica, consente ai soggetti titolari di concessione radiofonica comunitaria in ambito nazionale di attivare nuovi impianti, su base non interferenziale con altri legittimi utilizzatori dello spettro radioelettrico e nel rispetto delle normative vigenti in materia di emissioni elettromagnetiche, al fine di raggiungere la copertura di cui all’articolo 3, comma 5, della legge 31 luglio 1997, n. 249, ovvero il 60% del territorio nazionale.

Ad avviso dell’Amministrazione, quindi, R. P. non avrebbe potuto trasferire, successivamente, l’impianto a R. K.K. il suo diritto, trovando limitazione legale nel raggiungimento della copertura di cui all’art. 3, comma 5, della legge n. 249 del 1997, ovvero il 60% del territorio nazionale.

Su altro versante, a sostegno della contestata disattivazione l’Amministrazione ha rilevato che l’impianto non sarebbe potuto essere esercito dall’emittente concessionaria R. K.K., in quanto non censito ex art. 32 della legge n. 223 del 1990, come richiesto dall’art. 1, comma 2, del decreto di concessione.

Nel respingere il ricorso, il T.A.R., disattesi i motivi con cui è stata dedotta l’incompetenza dell’Ispettorato Territoriale ad adottare il provvedimento impugnato, nonché la mancata comunicazione di avvio del procedimento, ha rilevato che la s.r.l. R. K.K. risulta titolare di una concessione per il servizio di radiodiffusione sonora, a carattere commerciale in ambito nazionale (decreto ministeriale D.M. – PT del 28 febbraio 1994, prot. 901058), in forza della quale è legittimata ad effettuare le proprie trasmissioni con gli impianti di radiodiffusione sonora a modulazione di frequenza e i relativi collegamenti di telecomunicazione, censiti ex art. 32 della legge n. 223 del 1990 o acquisiti da altro soggetto legittimamente operante, censiti in base alla stessa disposizione, ancorché modificati con le procedure previste dalla normativa vigente e richiamate dall’art. 1, comma 2, del decreto di concessione.

L’atto di concessione in forza del quale la s.r.l. R. K.K. esercita il servizio di radiodiffusione sonora, a carattere commerciale in ambito nazionale, consente esclusivamente l’esercizio degli impianti e dei connessi collegamenti effettivamente eserciti dal richiedente alla data di entrata in vigore della legge 24 agosto 1990, n. 223, e per i quali siano stati assolti gli obblighi di censimento formale in osservanza dell’art. 32, comma 3, della legge citata, ovvero acquisiti da altro soggetto legittimamente operante, il quale li abbia a sua volta censiti ai sensi del citato art. 32.

Nel caso di specie, invece, ha rimarcato il giudice di primo grado che:

– l’impianto non era tra quelli censiti, trattandosi di un impianto esercito da R. P. in applicazione dell’art. 74, comma 2, della legge n. 448 del 2001, che ha consentito ai soggetti titolari di una concessione radiofonica comunitaria, in ambito nazionale, l’attivazione di nuovi impianti, sino al raggiungimento della copertura di cui all’art. 3, comma 5, della legge n. 249 del 1997, ovvero il 60% del territorio nazionale;

– l’esercizio dell’impianto per cui è causa da parte dell’emittente R. K.K. risulta illegittimo, in quanto effettuato in violazione dell’art. 1, comma 2, del decreto di concessione del 24 febbraio 1994;

– tale illegittimità è stata, quindi, sanzionata con il provvedimento impugnato in conformità a quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del D. Lgs. 31 luglio 2005 n. 177, dall’art. 98 del D. Lgs. 1° agosto 2003, n. 259, e dall’art. 30 e successive modificazioni della legge 6 agosto 1990, n. 223.

La sentenza del TAR è stata impugnata dalle società appellanti, che ne hanno sostenenuto l’erroneità ed hanno chiesto, in sua riforma, l’annullamento dell’atto impugnato in primo grado.

All’udienza dell’8 marzo 2011 la causa è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

1. L’appello va respinto.

Al vaglio del Collegio è portata la questione relativa alla legittimità del provvedimento dell’Ispettorato Territoriale del Ministero delle Comunicazioni recante la disattivazione dell’impianto radiofonico trasmittente esercito da una società emittente radiofonica in ambito nazionale a carattere commerciale (R. K.K.) e dalla stessa acquisito, con una scrittura privata di permuta del 10 aprile 2007, da una società che, svolgendo attività di emittente telefonica a carattere comunitario in ambito nazionale (R. P.), ha potuto attivarlo ai sensi dell’art. 74, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

2. Giova ricostruire il quadro fattuale e normativo di riferimento.

Quanto al primo, l’atto di concessione in forza del quale la s.r.l. R. K.K. esercita il servizio di radiodiffusione sonora, a carattere commerciale in ambito nazionale, consente esclusivamente l’esercizio degli impianti e dei connessi collegamenti effettivamente eserciti dal richiedente alla data di entrata in vigore della legge 24 agosto 1990, n. 223, e per i quali siano stati assolti gli obblighi di censimento formale in osservanza dell’art. 32, comma 3, della legge citata, ovvero acquisiti da altro soggetto legittimamente operante, il quale li abbia a sua volta censiti ai sensi del citato art. 32.

Senonché, l’impianto oggetto del contestato provvedimento di disattivazione non è censito, perché attivato da R. P. ai sensi dell’art. 74, comma 2, della legge n. 448 del 2001, per il quale "Fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica, i soggetti titolari di concessione radiofonica comunitaria in ambito nazionale sono autorizzati ad attivare nuovi impianti, su base non interferenziale con altri legittimi utilizzatori dello spettro radioelettrico e nel rispetto delle normative vigenti in materia di emissioni elettromagnetiche, sino al raggiungimento della copertura di cui all’articolo 3, comma 5, della legge 31 luglio 1997, n. 249. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di attivazione degli impianti al Ministero delle comunicazioni ed in mancanza di segnalazioni di interferenze, la frequenza utilizzata si intende autorizzata".

Il riportato art. 74, comma 2, pertanto, autorizza taluni soggetti ad attivare nuovi impianti al fine di consentire loro il raggiungimento della copertura di cui all’art. 3, comma 5, della legge n. 249 del 1997, ovvero il 60% del territorio nazionale.

Si tratta, quindi, di impianti autorizzati, ma non censiti, il che già consente di concludere per la legittimità del provvedimento con cui è stata disposta la relativa disattivazione.

E’ dirimente, invero, osservare, in linea con quanto condivisibilmente sostenuto dal giudice di primo grado, che, in disparte la questione relativa alla alienabilità dell’impianto per cui è causa, il relativo "esercizio" da parte dell’emittente R. K.K. risulta in violazione dell’art. 1, comma 2, del decreto di concessione del 24 febbraio 1994.

A ciò si aggiunga peraltro che, diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti (con tesi per vero condivisa dalla Sezione con ordinanza cautelare n. 5521 del 2009), non è così scontata la alienabilità dell’impianto in questione sulla scorta della disciplina sopravvenuta a quella vigente al momento in cui il decreto concessorio è stato rilasciato in favore della società K.K..

La tesi sostenuta dalle società appellanti valorizza la previsione normativa introdotta dall’art.. 27, comma 5, del d. lgs. 31 luglio 2005, n.177, per il quale "Durante il periodo di validità delle concessioni per la radiodiffusione sonora e televisiva analogica in ambito locale e per la radiodiffusione sonora in ambito nazionale sono consentiti i trasferimenti di impianti o di rami di aziende, nonché di intere emittenti televisive analogiche e radiofoniche da un concessionario ad un altro concessionario".

L’assunto delle appellanti non risulta fondato, atteso che il riportato art. 27, comma 5, deve essere coordinato con i limiti intrinseci alla alienabilità desumibili dall’art. 74, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

Quest’ultima, invero, laddove consente ai soggetti titolari di concessione radiofonica comunitaria, in ambito nazionale -nelle more dell’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica- l’attivazione di nuovi impianti, sino al raggiungimento della copertura di cui all’art. 3, comma 5, della legge n. 249/1997, ovvero il 60% del territorio nazionale, assegna un beneficio volto a consentire il conseguimento del citato obiettivo di copertura.

Si avrebbe un’evidente elusione della previsione normativa se i soggetti – i quali abbiano attivato nuovi impianti al fine di raggiungere la copertura di cui all’art. 3, comma 5, della legge n. 249 del 1997, così fruendo del beneficio contemplato dall’art. 74, comma 2, della legge n. 448 del 2001 – possano cedere quegli stessi impianti, con conseguente abbassamento del grado di copertura nazionale dell’emittenza radiofonica.

Vanno parimenti disattesi gli altri due motivi di gravame con cui si ripropongono le censure, disattese in primo grado, relative alla lamentata incompetenza dell’Ispettorato Territoriale ad adottare il provvedimento impugnato e alla mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Va osservato, quanto alla dedotta incompetenza, che la disattivazione degli impianti, quale potere degli organi periferici del Ministero, è prevista e disciplinata dall’art. 3 n. 4 del decreto concessorio a suo tempo rilasciato in favore di R. K. K..

Quanto alla lamentata violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, il Collegio condivide quanto rilevato dal giudice di primo grado, laddove ha osservato che un eventuale contraddittorio tre le parti non avrebbe potuto condurre ad un risultato provvedimentale differente, venendo in rilievo un’attività repressiva vincolata dalle chiare clausole dell’atto di concessione radiofonica.

3. Alla stregua delle esposte considerazioni va pertanto respinto l’appello.

Sussistono giustificate ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 7714 del 2009, lo respinge.

Spese compensate del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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