Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-01-2011) 12-04-2011, n. 14714 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Geraci Vincenzo che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con ordinanza del 3 novembre 2010 il Tribunale di Cagliari ha confermato l’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Lanusei del 21 ottobre 2010 con la quale è stata applicata a S.P. la misura cautelare della custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui agli artt. 110 e 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 per avere detenuto ai fini di spaccio, in concorso con S.M., e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, circa Kg. 7,5 di marijuana e circa gr. 100 di cocaina. Il Tribunale territoriale ha motivato tale provvedimento considerando che la recidiva conseguente a precedente sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, può comunque essere considerata ai fini della valutazione della personalità dell’indagato, ed inoltre la gravità del fatto e l’approvigionamento di una rilevante quantità di cocaina sono significativi di un collegamento del S. con ambienti malavitosi che esclude l’occasionalità del fatto. Inoltre la meno afflittiva misura degli arresti domiciliari appare inopportuna in considerazione della labilità dei controlli da parte della P.G. e dell’improbabilità di una spontanea osservanza delle prescrizioni volte ad impedire la reiterazione del reato.

Il S. propone ricorso per cassazione avverso tale provvedimento lamentando inosservanza dell’art. 125 c.p.p., comma 3, con riferimento all’art. 274 c.p.p., lett. c) e art. 275 c.p.p., comma 3.

In particolare il ricorrente deduce la totale mancanza di motivazione riguardo alla dedotta elusione della valutazione della personalità dell’indagato, imposta dall’art. 274 c.p.p., lett. c) in aggiunta, e non in alternativa, agli altri elementi indicati dal medesimo art. 274.

Con secondo motivo il ricorrente lamenta la mancata concessione della meno grave misura degli arresti domiciliari, tenuto conto del principio per cui la custodia in carcere sarebbe applicabile solo nella inadeguatezza di misure diverse, mentre, nel caso in questione, il Tribunale territoriale avrebbe fornito una motivazione solo apparente di tale inadeguatezza di misure diverse.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

Il giudice del riesame ha esaustivamente esplicitato le circostanze fattuali del caso e le ha delibate in termini del tutto compiuti, logici ed appropriati sotto il profilo della sussistenza del grave quadro indiziario. Del pari, ha altrettanto correttamente e logicamente ritenuto la sussistenza delle esigenze cautelari ( art. 274 c.p.p., lett. c)) e la adeguatezza della misura imposta, richiamando "la rilevante quantità e diversa tipologia dello stupefacente, le modalità di confezionamento dello stesso, elementi evidentemente denotanti una attività criminosa non di certo episodica o occasionale, ulteriormente evocando i precedenti penali del ricorrente, e da tanto conclusivamente inferendo che, "per la facile riproducibilità della condotta … unica misura idonea è … quella della custodia cautelare in carcere, peraltro adeguata e proporzionata alla gravità del fatto, non potendosi in alcun modo fare affidamento sulla spontanea osservanza da parte degli indagati (il provvedimento riguardava anche il coindagato S.M.) di misure meno afflittive". Come è noto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè costantemente, che "l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali" (Cass. 24.9.2003 n. 18; conformi, sempre a sezioni unite Cass. n. 12/2000; n. 24/1999; n. 6402/1997).

Alla dichiarazione di inammissibilità fa seguito l’onere delle spese del procedimento nonchè la condanna del ricorrente al pagamento di una somma in favore delle Cassa delle Ammende che si stima equo fissare, anche dopo la sentenza n. 186 del 2000 della Corte Cost. in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *