Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-03-2010) 01-07-2010, n. 24738

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1.1.2007, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, dichiarò P.C. responsabile dei reati di cui agli artt. 81, 640 c.p. e art. 367 c.p., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione – concesse le attenuanti generiche equivalenti – lo condannò alla pena di anni uno mesi dieci di reclusione ed Euro 1800,00 di multa.

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte d’Appello di Milano, con sentenza del 3.2.2009, confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo la violazione dell’art. 606, lett. b) e), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, sia in riferimento all’elemento psicologico del reato di truffa che alla simulazione di reato, in quanto nel comportamento del P. "nessun inganno, profitto e danno. Il P. ha sempre consegnato i biglietti ai clienti dietro presentazione del "voucher" … non ha conseguito alcun illecito profitto … non è responsabile di alcun danno arrecato ai clienti; tale responsabilità è da addebitare alla Clear Channel" Nessuna prova della simulazione del furto, anzi "c’è una presunzione che depone a favore dell’imputato: perchè si sarebbe limitato a denunciare il furto di soli 50 biglietti, quando invece denunciandone il furto di 400, tanti quanti erano i clienti che lo aspettavano, avrebbe risolto il problema?". Lamenta, infine, che la pena è sproporzionata rispetto a quanto "presumibilmente" posto in essere dall’imputato.

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per i reati contestati, attesa l’erronea interpretazione delle legge penale e la illogicità di alcune argomentazioni al riguardo sviluppate.

La doglianza sulla sussistenza del reato di truffa è priva di consistenza e – per quanto riguarda la contestazione di simulazione di reato – è formulata in termini di una inammissibile richiesta di rivalutazione di fatti, posto che si muovono non già precise contestazioni di illogicità argomentativa, ma solo doglianze di merito, non condividendosi dal ricorrente le conclusioni attinte ed anzi proponendosi versioni più persuasive di quelle dispiegate nella sentenza impugnata.

La difesa ha ribadito, in ricorso, che il P. non agito allo scopo di truffare i clienti, ma che anzi egli nutriva la concreta speranza di ricevere i biglietti del concerto, per i quali aveva ricevuto prenotazione e pagamento in anticipo.

In ordine al reato di truffa, la Corte d’Appello di Milano ha motivatamente reputato la sussistenza del reato, considerato che nelle ragioni del P. possono ravvisarsi due concomitanti previsioni, accettate dal medesimo come indifferenti nel loro rispettivo verificarsi: "consegnare i biglietti (ipotesi meno probabile, alla luce degli elementi a propria disposizione) oppure non consegnarli affatto (ipotesi come detto assai più probabile).

L’elemento psicologico del delitto di truffa è dunque perfettamente integrato … in quanto costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, avente ad oggetto gli elementi costitutivi del reato (quali l’inganno, il profitto, il danno), anche se preveduti dall’agente come conseguenze possibili, anzichè certe della propria condotta, e tuttavia accettato nel suo verificarsi, con conseguente assunzione del relativo rischio".

Considerato che il P. ha taciuto alla propria clientela che la Ticket One aveva acquisito l’esclusiva dei biglietti della società organizzatrice dei concerti, tale Clear Channel Entertainment, e che il suo punto vendita – stante la suddetta esclusiva – non era più "ufficialmente" autorizzato alla rivendita dei biglietti per i principali eventi concertistici a Milano, e che – ricevendo prenotazioni per biglietti per i quali non aveva certezza di acquisto – ha accettato il rischio di non poter consegnare i biglietti, sussiste certamente il reato di truffa, risultando priva di rilevanza alcuna la specifica finalità del comportamento o il motivo che ha spinto l’agente a realizzare l’inganno (cfr. Cass. Sez. 6^, sent. n. 470/92 Riv. 188934).

Per quanto riguarda, poi, la simulazione di reato, con motivazione logica ed esente da evidenti vizi logici, i giudici di merito hanno osservato che "il fatto decisivo è peraltro quello della data del presunto furto: infatti al 20 aprile la situazione biglietti era precipitata ed è del tutto inverosimile che egli fosse venuto in possesso … dei biglietti, oramai per lui definitivamente introvabili. Il difensore torna ad affermare che "cinquanta biglietti non cambiavano la sostanza delle cose", ma alla considerazione già ha risposto la sentenza appellata affermando che "questa considerazione può forse essere svolta "ex post", mentre all’epoca dei fatti si trattava di "tamponare" la situazione; è dunque più che verisimile che quella iniziativa si iscrivesse, magari impulsivamente, in una strategia comportamentale non ancora compiutamente delineata, di tal che non appare in nessun modo in contraddizione con i residui fatti accertati".

Contro tali valutazioni, esenti da vizi logici ed aderenti alle circostanze di fatto accertate, sono dal motivo in esame formulate solo contestazioni di veridicità, in un impensabile tentativo di ottenere da questa Corte di legittimità un revisione di merito delle valutazioni stesse.

Il ricorrente ha, infine, lamentato in maniera del tutto generica la sproporzione della pena. Sul punto, il ricorso è privo della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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