Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-01-2011) 12-04-2011, n. 14600 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata il 17 agosto 2010, il Tribunale di Lecce ha respinto l’istanza proposta da S.F. di riesame dell’ordinanza in data 28 luglio 2010, con la quale il G.I.P. del medesimo Tribunale aveva disposto nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, siccome indagato per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, (capo 1 della rubrica) di partecipazione ad un’associazione criminosa finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (cocaina, eroina ed hashish), diretta da G.G. e la convivente di questi, D. J., con il ruolo di custode e distributore della sostanza stupefacente in (OMISSIS) e zone limitrofe della provincia di (OMISSIS);

nonchè per i delitti di cui agli artt. 81 e 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 6, art. 80, lett. g) (capi 2 e 4 della rubrica) relativi a due episodi di cessione a terzi di sostanza stupefacente (eroina).

2. – Secondo i giudici del riesame a carico dello S. sussistevano, infatti, gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti contestatigli, ravvisabili, principalmente, nel contenuto delle intercettazioni telefoniche disposte, tra le altre, su alcune utenze nella disponibilità dell’indagato. Dalle conversazioni intercettate erano emersi, in particolare, i continui contatti dell’indagato con G.G. e D.J., per conto dei quali lo stesso aveva procurato la sostanza stupefacente da destinare ad A.L., medico anestesista presso l’ospedale di (OMISSIS), nonchè ad altri numerosi tossicodipendenti, ai quali assicurava il rifornimento della droga anche a domicilio; tali intercettazioni erano state altresì confermate dagli appostamenti e dei controlli eseguiti dalla polizia giudiziaria proprio in forza di dati desunti dalle conversazioni intercettate, che avevano portato al sequestro dello stupefacente appena consegnato dall’indagato ad un tossicodipendente, tale B.A., ed al suo arresto in flagranza.

2.1 – Il Tribunale ha ritenuto non credibile quanto riferito dallo S. in sua difesa, di essere egli tossicodipendente e che per tale sua condizione egli aveva intrattenuto rapporti con gli altri tossicodipendenti, con i quali si sarebbe limitato a mettere in comune il denaro per acquistare sostanza stupefacente; al contrario, le intercettazioni disposte avevano chiarito come l’indagato distribuisse la droga su richiesta di vari clienti, ai quali offriva il servizio aggiuntivo della "consegna a domicilio" della stessa.

2.2 – Secondo il Tribunale di Lecce, in particolare, l’attività di spaccio svolta dallo S. era da ritenersi strettamente collegata all’attività svolta dal G. e dalla sua convivente D., emergendo con chiarezza dalle numerose intercettazioni il legame particolarmente stretto che sussisteva tra lo S. e la coppia, alle cui dipendenze l’indagato svolgeva l’attività di cessione della droga ai singoli consumatori; non poteva infine ritenersi plausibile che lo S. fosse il soggetto al quale il G. si rivolgeva solo quando l’eroina doveva essere consegnata all’ A., emergendo dai colloqui intercettati, per un verso, l’assiduità e stabilità dei rapporti e, sotto altro profilo, rilevante per escluderne l’autonomia, la determinazione con la quale il G. usava difendere i propri diritti di esclusiva dell’attività di spaccio nella zona di (OMISSIS), desumibile dal ferocissimo pestaggio avvenuto in danno di tale SE.Vi., episodio da ricollegarsi proprio ad una "contestazione" dell’evidenziata esclusiva.

3. – Il Tribunale ha infine ritenuto la sussistenza di gravi esigenze cautelari, tenuto conto della rilevante gravità dei fatti delittuosi commessi dall’indagato, del concreto ed attuale pericolo di fuga e di reiterazione di analoghe condotte criminose, connesse alla sua condizione di tossicodipendente ed ai suoi numerosi gravi precedenti specifici. Ha poi rilevato l’operatività della presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, attesa l’insufficienza del mero decorso del tempo dal compimento dei fatti, per escludere la ricorrenza delle ravvisate esigenze cautelari.

4. – Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Lecce S.F. propone ricorso per cassazione per il tramite del suo difensore, che ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto le conversazioni poste a sostegno dell’accusa non erano idonee a provare l’organico inserimento dell’indagato nel sodalizio criminoso ipotizzato.

Da tali conversazioni poteva desumersi solo la sussistenza di un’attività di spaccio in capo ad esso ricorrente; la stessa motivazione addotta dal Tribunale per affermare la sussistenza dell’organizzazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti era contraddittoria, in quanto gli stessi giudici del riesame avevano posto in dubbio la sua effettiva partecipazione all’associazione criminosa ipotizzata, salvo poi ravvisare detta partecipazione, sull’erroneo ed illogico presupposto che chiunque spacciasse stupefacente nel territorio di (OMISSIS) doveva necessariamente ritenersi partecipe del sodalizio diretto dal G., per il semplice fatto che, altrimenti, si sarebbe esposto alle violente reazioni di quest’ultimo.

Per la sussistenza dell’associazione a delinquere di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 era invece richiesta un’organizzazione di mezzi che andasse al di là del compimento di singoli reati; era necessario che gli affiliati concordassero preventivamente un programma criminoso, sia pure non formalmente consacrato in un atto costitutivo e non definito nei particolari; era poi necessaria una consapevole partecipazione all’associazione, atteso che trattasi di reato caratterizzato dal dolo specifico, consistente nella coscienza, da parte dell’affiliato, di partecipare alla vita dell’associazione criminosa e di porre in essere una condotta finalizzata non solo al compimento dei reati fine, ma soprattutto a contribuire con il proprio apporto a tenere in vita l’associazione stessa; e non poteva ritenersi che tali elementi fossero ravvisabili nel suo comportamento, anche perchè l’ordinanza impugnata aveva usato un diverso metro di giudizio nei confronti di un coimputato, P. F., per il quale non era stato ravvisata la partecipazione all’associazione a delinquere ipotizzata, pur essendo la posizione del medesimo analoga alla sua.
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta da S.F. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

2. – Al riguardo giova premettere che il controllo dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato, nonchè il valore sintomatico degli indizi medesimi. Tale controllo non coinvolge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito in ordine all’attendibilità delle fonti ed alla rilevanza e concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. Questa Corte ha, dunque, il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e l’esattezza della qualificazione giuridica del fatto, controllando la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare prospettiva dei procedimenti incidentali de liberiate (cfr., per tutte, Cass. S.U., sentenza n. 11 del 22 marzo 2000, imp. Audino, RV 215828; Cass. sez. 4^, sentenza n. n. 22500 del 3 maggio 2007, imp. Terranova, RV 237012).

2.1 – Alla luce di tali principi, nessun profilo di illegittimità è fondatamente ravvisabile relativamente alla riconosciuta gravità degli indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo ipotizzato ed alla partecipazione allo stesso dello S., ove si consideri che i giudici del riesame – valorizzando in particolare il dato fattuale emerso dall’utilizzazione di linee telefoniche in uso all’indagato ed il ricorso, nelle telefonate intercettate, ad un linguaggio criptico non altrimenti giustificabile – hanno adeguatamente illustrato le ragioni per cui le numerose telefonate intercettate assumevano rilevanza indiziante, evidenziando le stesse lo stretto e continuo collegamento dello S. con G. A. e la sua convivente D.J., da ritenersi i capi di una sia pur embrionale organizzazione criminosa finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti inerenti al traffico illecito di sostanze stupefacenti, ed il ruolo non secondario dallo stesso rivestito, nell’ambito dall’associazione, consistito, principalmente, nella consegna della droga (eroina e cocaina) ai singoli consumatori; specificità del ruolo ricoperto dallo S. nell’associazione, che rende infondata anche la censura incentrata sulla differente ed asseritamente contraddittoria decisione adottata con riferimento al coimputato P., adeguatamente e logicamente motivata dai giudici del riesame facendo riferimento, proprio, alla sussistenza di elementi indizianti comprovanti soltanto rapporti non stabili ma meramente occasionali, che non consentivano di attribuire al predetto indagato una funzione di fornitore stabile del sodalizio diretto dal G., rispetto al quale il predetto il P., assumeva talora finanche la veste di acquirente della sostanza stupefacente, il tutto nell’ambito di rapporti che si caratterizzavano, almeno in base ad una prima e sommaria valutazione, per l’assenza di un effettivo patto associativo.

3. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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