Cass. civ. Sez. V, Sent., 05-07-2011, n. 14807 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Torino M.L., gestore d’impresa per pavimentazioni stradali, asfalti e scavi, impugnava tre avviso di accertamento, relativi all’Iva, Irpef, Ilor e Ssn, per l’anno 1995, emessi per mancata presentazione della dichiarazione dei redditi ed Iva, sulla scorta della verifica svolta nei confronti della ditta Luciano Orlando, esercente l’attività di trasporto merci e deposito, con cui il contribuente aveva svolto numerose operazioni imponibili, per le quali inoltre non erano state emesse le prescritte fatture. Egli deduceva la carenza di motivazione degli atti impositivi.

Instauratosi il contraddittorio, l’agenzia delle entrate eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, chiedendone perciò il rigetto.

Il giudice adito annullava quegli avvisi.

Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello, cui l’appellato resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale del Piemonte, la quale rigettava il gravame con sentenza n. 37 del 29.9.2005, osservando che gli avvisi impugnati non erano adeguatamente motivati, e che comunque l’agenzia non aveva fornito la prova della pretesa azionata.

Contro questa sentenza il Ministero dell’economia e delle finanze e l’agenzia delle entrate hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, mentre M. non si è costituito.
Motivi della decisione

Preliminarmente va rilevato che il ricorso del Ministero va dichiarato inammissibile, in quanto esso non era stato parte nel giudizio di secondo grado, e perciò non poteva impugnare la sentenza del giudice di appello.

Invero in tema di contenzioso tributario, una volta che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale era stato proposto soltanto dall’ufficio periferico dell’agenzia delle entrate, succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle finanze nel corso del giudizio di primo grado, e il contribuente aveva accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, il relativo rapporto si svolgeva soltanto nei confronti dell’agenzia delle entrate, che ha personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. n. 330 del 1999, e che era divenuta operativa dal 1.1.2001 a norma del D.M. 28 dicembre 2000, senza che il dante causa Ministero delle finanze fosse stato evocato in giudizio, l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione tributaria regionale allora era solamente l’agenzia delle entrate. Pertanto il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione (V. pure Cass. Sentenze n. 18394 del 2004, n. 19072 del 2003).

1) In ordine poi alla posizione dell’altra ricorrente, e cioè l’agenzia, col secondo motivo, che viene esaminato prima, stante il suo carattere preliminare, essa deduce insufficiente motivazione, giacchè il giudice di appello non considerava che la segnalazione del 2 ufficio delle entrate era stata riprodotta negli atti impugnati, senza che perciò fosse necessaria la loro allegazione, come pure di quegli atti che costituivano il riscontro della verifica e quindi della segnalazione stessa.

La censura non va condivisa. Invero appare opportuno premettere che in tema di motivazione "per relationem" degli atti d’imposizione tributaria, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, (cosiddetto Statuto del contribuente), nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione, ovvero che vi sia stato riprodotto. Infatti un’interpretazione puramente formalistica si porrebbe in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle norme procedurali una lettura che, nell’interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause d’invalidità o d’inammissibilità chiaramente irragionevoli, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 18073 del 02/07/2008, n. 1906 del 2008). Ciò posto, tuttavia va rilevato che nel caso in specie l’amministrazione non aveva non solo allegato gli atti su cui la pretesa fiscale si basava, ma nemmeno li aveva riprodotti, con ciò non mettendo la controparte nella condizione di approntare un’adeguata difesa, con la conseguenza che quindi gli atti impositivi non potevano non essere riscontrati viziati da nullità.

Peraltro lo stesso giudice di appello osservava "ad abundantiam" esattamente che la pretesa erariale era comunque del tutto sfornita di prova.

2) Col primo motivo l’agenzia denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in quanto i giudici di merito non consideravano che il ricorso introduttivo si basava unicamente sulla carenza di motivazione degli atti impositivi e non invece sulla mancanza di prova della pretesa fiscale, sicchè la CTR cadeva nel vizio di ultrapetizione nel pronunciare anche su tale tema.

Il motivo rimane assorbito da quanto enunciato rispetto a quello testè esaminato.

3) Il terzo motivo, concernente vizio di motivazione in ordine alla prova presuntiva addotta dalla ricorrente rimane anch’esso assorbito da quest’ultimo, avente carattere preliminare.

Alla luce dunque di quanto più sopra enunciato, la sentenza impugnata risulta motivata in modo giuridicamente corretto ed adeguato. Ne deriva che il ricorso dell’agenzia va rigettato.

Quanto alle spese del giudizio, non va emessa alcuna statuizione, stante la mancata costituzione dell’intimato.
P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze, e rigetta quello dell’agenzia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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