Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-12-2010) 12-04-2011, n. 14706 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a Donato, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Il Tribunale del riesame di Avellino, con ordinanza del 23/9/2009, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di D.L.C. e D.L.V., diretta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo di un immobile sito in (OMISSIS). Il Tribunale, a fondamento della decisione, osservava che il permesso in sanatoria rilasciato era illegittimo per le considerazioni espresse dal consulente del pubblico ministero e che la stessa Soprintendenza non aveva rilasciato alcun nulla osta, ma si era limitata ad affermare l’impossibilità dell’autorità richiesta di pronunciarsi sul punto, avendo già provveduto il Comune, ai sensi del D.Lgs. n. 490 del 1999, alla conclusione della relativa pratica; rilevava inoltre che erano state realizzate opere (muri di contenimento, rampe, recinzioni) non previste nel progetto e il superamento dei limiti di altezza rispetto alle previsione del programma di fabbricazione.

2. Avverso tale provvedimento ricorrevano per cassazione gli interessati, lamentando violazione di legge e difetto di motivazione.

La Corte di Cassazione, 3 sez., con sentenza del 7/4/2009 annullava con rinvio l’ordinanza, evidenziando che il Tribunale non aveva indicato le ragioni dell’illegittimità del permesso in sanatoria, limitandosi a rinviare per relationem alla consulenza disposta dal P.M. senza alcuna ulteriore esplicitazione. Osservava la Corte, che la circostanza della omessa pronuncia dell’autorità preposta alla tutela del vincolo ambientale, era errata, in quanto la Regione Campania aveva delegato ai Comuni la gestione del vincolo paesaggistico ed era per tale ragione che la Sopraintendenza, con la nota del 20 settembre del 2007, aveva affermato che sull’ intervento si era già pronunciata l’autorità competente ossia il Comune a norma del D.Lgs. n 490 del 1999, art. 164 all’epoca vigente, accogliendo la domanda di sanatoria.

Inoltre, la richiesta di permesso in sanatoria era stata avanzata in data anteriore all’aprile del 2004, come emergeva dalla stessa nota citata dal tribunale e quindi era applicabile la disciplina di cui al D.Lgs. n 490 del 1999.

Osservava infine la Corte che il Tribunale aveva escluso alcuni profili di illegittimità, ma aveva affermato che ne residuavano degli altri che però non erano stati esplicitati con chiarezza.

Per tale ragione, annullava con rinvio il provvedimento impugnato.

3. Con ordinanza del 9/6/2010, emessa in sede di giudizio di rinvio, il Tribunale di Avellino reiterava il rigetto dell’istanza di riesame.

Osservava il tribunale, richiamando ampi stralci della C.T. del P.M. che il piano di lottizzazione approvato, manifestava diversi profili di illegittimità; ne derivava dunque la illegittimità della concessione in sanatoria n. (OMISSIS) (istanza del 23/2/03), con cui erano stati sanati abusi non autorizzabili, quali esecuzione di un torrino finestrato fuoriuscente dalla copertura; la realizzazione di un portico sul lato sinistro ed un incremento volumetrico di mc. 73.

Inoltre alcune opere erano state svolte in difformità dalla sanatoria, quali le aperture esterne a livello del seminterrato;

altre erano in contrasto con il Piano di fabbricazione, quali la destinazione alla permanenza fuori terra del piano seminterrato sui lati sud ed est, così da prevedere un fabbricato di tre piani con altezza di mt. 11,10, contro la disposizione del P. d. F. che consentiva la realizzazione di massimo due piani per un’altezza di mt. 8. 4. Avverso l’ordinanza ha proposto nuovo ricorso per cassazione il difensore dell’indagato D.L.C., lamentando la violazione di legge.

Ha osservato il ricorrente che il Piano di Lottizzazione aveva seguito tutto l’iter di legge previsto fino a giungere all’approvazione finale del Consiglio Comunale di Summonte in piena legittimità. Inoltre le opere edilizie non erano ancora state ultimate, ed era prevista un’altezza finale del fabbricato come da progetto di completamento assentito con permesso di costruire n. 4 del 27/5/2008 e come da grafici, di mt. 7,36 – 8,60, nel pieno rispetto del regolamento edilizio, il quale prevedeva un incremento di altezza del 20% per i fabbricati "in ritiro". Anche per il piano interrato i lavori non erano ancora ultimati, ma sarebbero stati conclusi come da grafici allegati al permesso del 2008. Quanto al varco garage, che determinava un’altezza di tre piani del fabbricato, il Regolamento Edilizio consentiva di portare gli accessi al piano garage fuori terra, per cui dall’altezza di mt. 11.10, doveva detrarsi l’interpiano del piano garage pari a mt. 4,30. Dal che la legittimità delle opere in corso.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. In via preliminare appare opportuno ricordare quali siano i limiti del sindacato del giudice in tema di impugnazioni di misure cautelari reali.

Con orientamento oramai consolidato, questa Corte di legittimità ha stabilito che "In tema di riesame dei provvedimenti di sequestro, sia probatorio, sia preventivo, il controllo del giudice non può investire la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve essere limitato alla verifica dell’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato, e cioè al riscontro della corrispondenza della fattispecie astratta ipotizzata dall’accusa alla realtà fenomenica del fatto per cui si procede, nonchè dell’esattezza della qualificazione della cosa come "corpus delicti" o di cui è comunque consentita la confisca" (ex plurimis, Cass. 1, 1810/1997, Canadzich; cfr. anche, Corte Cost. ord. 153/2007).

Non è pertanto consentito in tale sede verificare la sussistenza del fatto reato ma soltanto accertare se il fatto contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato. Ne consegue che la Corte deve operare un controllo sulla compatibilità fra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una delibazione prioritaria dell’antigiuridicità penale del fatto.

3.2. Nel caso di specie il Tribunale ha fornito una coerente e logica motivazione della sussistenza anche del "fumus" dell’esistenza del reato, evidenziando come dalla C.T.. espletata emergeva la illegittimità del piano di lottizzazione approvato dal consiglio comunale e, di conseguenza, la illegittimità del permesso in sanatoria n. (OMISSIS).

Infatti, secondo il P. di F. di Summonte l’area interessata dai lavori edilizi ricadeva in zona soggetta a tutela dei beni ambientali, ove non sono consentite nuove edificazioni, ma solo il consolidamento ed il restauro di quelle preesistenti. Invece, sulla proprietà D.L., erano state assentite nuove opere in palese violazione del P. d. F. ed in assenza di un apposito piano paesistico o particolareggiato. La illegittimità del piano di lottizzazione, travolgeva anche il permesso in sanatoria n. (OMISSIS) in quanto erano stati assentiti lavori non autorizzati in precedenza (esecuzione di un torrino finestrato fuoriuscente dalla copertura;

realizzazione di un portico sul prospetto frontale; incremento di volumetria di 73 mc.) ed accedenti ad opere illegittimamente realizzate.

Ha osservato con coerente motivazione il giudice di merito che tali manufatti erano destinati a rimanere fuori terra ad opera ultimata, tanto che la facciata esterna era lavorata in pietra ed erano stati predisposti varchi carrabili si accesso. Da tutto ciò si evinceva che il piano seminterrato era destinato a rimanere fuori terra, così violando i vincoli del P. di F. (non più di due piani, per un’altezza massima di mt. 8). Da quanto detto si rileva che, la motivata valutazione di illegittimità del piano di lottizzazione e del permesso in sanatoria, consentono di configurare il "fumus commissi delicti", di ritenere abusivi i lavori svolti e quindi di mantenere in atto il sequestro adottato.

Ne rileva, come osservato dalla difesa, che i provvedimenti amministrativi adottati hanno seguito pedantemente gli iter burocratici previsti. Va ricordato, infatti, che questa Corte ha più volte ribadito che "In materia edilizia, allorchè il giudice accerta l’esistenza di profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo non pone in essere la procedura di disapplicazione riconducibile alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), art. 5 atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all’oggetto della tutela da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21487 del 21/03/2006 Cc. (dep. 21/06/2006), Tantillo, Rv. 234469). Pertanto, in questa prospettiva, nell’ipotesi di realizzazione di opere di trasformazione del territorio in violazione dei parametri di legalità urbanistica ed edilizia, il giudice non deve concludere per la mancanza di illiceità penale solo perchè sia stato rilasciato il permesso di costruire: questo, infatti, nel suo contenuto, nonchè per le caratteristiche strutturali e formali dell’atto, non è idoneo a definire esaurientemente lo statuto urbanistico ed edilizio dell’opera realizzanda senza rinviare al quadro delle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Nè il limite al potere di accertamento penale del giudice può essere posto evocando l’enunciato della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5), all. E, in quanto tale potere non è volto ad incidere sulla sfera dei poteri riservati alla Pubblica Amministrazione, e quindi ad esercitare un’indebita ingerenza, ma trova fondamento e giustificazione in una esplicita previsione normativa, la quale postula la potestà del giudice di procedere ad un’identificazione in concreto della fattispecie sanzionata (cfr.

Cass. Sez. Un. Sez. U, Sentenza n. 11635 del 12/11/1993 Ud. (dep. 21/12/1993), Borgia, Rv. 195359).

Alla luce di quanto esposto, si impone il rigetto del ricorso. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte dichiara rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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