Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-12-2010) 12-04-2011, n. 14660 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 27/3/2008 il Tribunale di Pisa condannava B.G. per il delitto di cui all’art. 590 c.p. e per la contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S.. L’imputato alla guida della sua auto Renault, in stato di ebbrezza alcolica, aveva investito S.R. che era sceso dalla sua auto dopo essere uscito di strada, provocandogli gravi lesioni (amputazione della gamba sinistra ed indebolimento permanente dell’organo della deambulazione: acc. in (OMISSIS)).

Il Tribunale irrogava per il delitto, la pena di mesi 3 di reclusione e per la contravvenzione, la pena di giorni 20 di arresto ed Euro 800= di ammenda. Lo condannava inoltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, riconoscendo un concorso di colpa di quest’ultima del 20% e liquidando una provvisionale di Euro 200.000= immediatamente esecutiva.

2. Avverso la sentenza proponevano appello la parte civile S. R. e l’imputato.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 8/10/2009, dopo avere dichiarato inammissibile l’impugnazione della parte civile per tardività, confermava la pronuncia di condanna, rideterminando il concorso di colpa della vittima nel misura di un terzo.

Osservava la Corte distrettuale che la responsabilità del B. emergeva dalle seguenti circostanze:

– la sera dei fatti lo S., alla guida della sua auto Alfa 147, sbandava ed andava ad urtare contro una rete metallica di recinzione;

– la sua auto si poneva obliquamente sulla sua corsia di marcia;

– sceso dall’auto per controllare i danni, lo S. veniva travolto dall’auto dell’imputato che era sopraggiunta ad alta velocità;

– la negligenza del B. era evidente in quanto, nonostante la carreggiata fosse rettilinea e senza traffico, l’asfalto asciutto, egli non si era accorto dell’ingombro della carreggiata, tanto da non avere frenato;

– la velocità era stata sicuramente elevata, tanto vero che l’auto antagonista era stata proiettata a 15 mt. di distanza dal luogo dell’impatto e la vittima era stata proiettata ad una distanza di 8 mt..

Riteneva quindi la Corte che la responsabilità nel fatto derivava dalla velocità di guida tenuta dall’imputato che non era stata adeguata a porre in essere manovre di emergenza, peraltro inibite dalla stato di ebbrezza alcolica riscontrato a suo carico. Inoltre, valutata la condotta negligente dello S., il quale non aveva indossato, prima di scendere dall’auto, il giubbotto catarifrangente e non aveva posizionato il "triangolo", aumentava la misura del suo concorso di colpa al 30%. 3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso il difensore della parte civile e dell’imputato, lamentando:

3.1. la parte civile, la violazione di legge, in quanto essendo stato l’appello proposto di natura incidentale, aveva rispettato il termine di 15 giorni previsto dall’art. 595 c.p.p..

3.2. L’imputato:

3.2.1 la violazione di legge ed il difetto di motivazione, in quanto, pur ammettendo lo stato di ebbrezza, non era stato provato in alcun modo che il B. circolasse a velocità non prudenziale. La causa dell’incidente andava ricondotta alla esclusiva responsabilità della parte lesa, che aveva provocato un incidente che aveva determinato il fermo della sua auto a fari spenti al centro della carreggiata;

3.2.2. la contraddittorietà della motivazione, laddove la Corte di merito aveva riconosciuto la grave negligenza dello S., per poi determinare il suo concorso di colpa solo in un terzo e senza, peraltro, diminuire il trattamento sanzionatorio;

3.2.3. la violazione di legge per non avere la corte distrettuale rilevato la prescrizione della contravvenzione, in quanto aveva computato i periodi di sospensione, ciascuno per una durata superiore ai due mesi, in violazione del novellato art. 159 c.p..
Motivi della decisione

4. Il ricorso della parte civile è fondato.

La declaratoria di inammissibilità della Corte di Appello è basata su una erronea qualificazione dell’atto di impugnazione.

Va premesso che:

– la sentenza di primo grado è stata emanata il 27/3/2008, con riserva di deposito della motivazione di giorni 30;

– depositata in data 2/4/2008, il dies a quo per impugnare decorreva dal 26/4/2008 e, pertanto il dies ad quem scadeva il 10/6/2008 (giorni 45);

– ne consegue che, premessa la tempestività dell’appello dell’imputato (proposto il 7/6/2008), l’impugnazione della parte civile, proposta il 11/7/2008 è stata dalla Corte distrettuale considerata tardiva.

Va rilevato però che nell’atto di gravame l’appellante fa esplicitamente richiamo all’atto di impugnazione dell’imputato, limitando le sue doglianza alle statuizioni civili di riconoscimento del concorso di colpa. Pertanto esso deve intendersi come appello incidentale ai sensi dell’art. 595 c.p.p. i cui termini di proposizione (15 giorni) decorrono dalla comunicazione o notificazione dell’appello dell’altra parte. Questa Corte ha avuto modo di stabilire che "Poichè l’impugnazione dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale estende oggettivamente i suoi effetti devolutivi alla pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, se quest’ultima dipende dal capo o dal punto gravato, impedendone la parziale irrevocabilità, è legittimamente proponibile dalla persona offesa costituita parte civile l’appello incidentale contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l’azione civile e l’entità del danno risarcibile; la parte della sentenza investita dell’appello incidentale risulta infatti logicamente collegata ai capi ed ai punti oggetto dell’impugnazione principale, potendo la parte civile, inizialmente acquiescente, subire indubbiamente dalla modifica di questi una diretta ed immediata influenza negativa (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 17560 del 02/02/2010 Ud. (dep. 07/05/2010), imp. Garbetti, Rv. 247322). Pertanto, essendo stato l’appello dell’imputato notificato alla parte civile in data 27/6/2008, ne deriva che l’impugnazione incidentale proposta l’11/7/2008, rispettando il termine di decadenza di 15 giorni, è tempestiva ed erroneamente la Corte di merito ne ha dichiarato la inammissibilità.

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata su tale punto.

5. La doglianza dell’imputato, relativa alla maturazione della prescrizione del reato contravvenzionale (art. 186 C.d.S.) già in appello, è fondata.

Il reato è stato commesso il (OMISSIS), per cui il termine ordinario di prescrizione di anni 4 e mesi 6 (più favorevole di quello del novellato art. 157 c.p.), si maturava alla data del 2/10/2008, anteriormente alla pronuncia di appello (sent. del 8/10/2009). Nel corso del giudizio, però, il corso della prescrizione è stato sospeso due volte: dal 2/3/06 al 10/11/06 per legittimo impedimento; dal 20/2/07 al 6/12/07 per istanza di rinvio.

Orbene se per il primo rinvio la sospensione non può avere durata superiore ai sessanta giorni, ai sensi dell’art. 159 c.p., n. 3), per il secondo il periodo da computare è integrale, in quanto la sospensione non è stata determinata da un impedimento. Sul punto questa Corte ha statuito che "La sospensione del termine di prescrizione, come conseguenza della sospensione del processo, è limitata al periodo di sessanta giorni, altre al tempo dell’impedimento, nel caso di rinvio dell’udienza per impedimento di una delle parti o di uno dei difensori, ma non anche in caso di rinvio dell’udienza a seguito di richiesta dell’imputato o del suo difensore" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5956 del 04/02/2009 Ud. (dep. 11/02/2009), imp. Tortorella, Rv. 243374; cfr. anche, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18071 del 08/02/2010 Ud. (dep. 12/05/2010), imp. Piacentino, Rv. 247142).

Ne consegue da quanto detto che al termine ordinario di prescrizione, vanno aggiunti a titolo di sospensione mesi 11 e giorni 16, che spostano in aventi la maturazione del termine al 18/9/2009, quindi anteriormente alla pronuncia in grado di appello. Si impone pertanto l’annullamento senza rinvio della sentenza in relazione all’imputazione di cui all’art. 186 C.d.S., con eliminazione della relativa pena.

6. Infondato è il motivo di censura dell’imputato relativo alla conferma della sua responsabilità nell’incidente.

Va ricordato che l’art. 141 C.d.S. stabilisce che è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche ed alle condizioni della strada ed ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose; inoltre, il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l’arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.

Nel caso di specie, il giudice di merito correttamente ha valutato che al momento del fatto la velocità di circolazione dell’imputato non fosse adeguata alle esigenze di sicurezza. Infatti, pur circolando in ora notturna, non aveva tenuto conto della possibilità che la carreggiata fosse occupata da veicoli in avaria, evento questo non imprevedibile, mantenendo una velocità che non gli ha consentito di governare il veicolo al momento in cui si è trovato di fronte gli ostacoli costituiti dalla persona dello S. e della sua auto.

Con logica motivazione il giudice di merito ha ritenuto certamente la velocità tenuta dall’imputato non prudenziale, desumendola dalla notevole proiezione in avanti, dopo l’impatto, che avevano avuto sia il corpo dello S. che la sua auto.

Se a ciò si aggiunge che al momento del fatto il B. si trovava in stato di ebbrezza alcolica, se ne desume la coerenza e logicità della motivazione della sentenza del giudice di appello che ha confermato la condanna dell’imputato (sia penale che civile), riconoscendo nella sua negligente ed imprudente condotta di guida la principale causa del sinistro.

7. Quanto alle statuizioni relative al concorso di colpa, alla misura di esso ed alle conseguenze sull’entità del risarcimento (nonchè del trattamento sanzionatorio penale), esse devono ritenersi travolte dalla pronuncia di annullamento della sentenza relativamente alla dichiarata inammissibilità dell’appello della parte civile, inammissibilità che non ha consentito il dispiegarsi della dialettica tra le parti su tali punti.

Pertanto deve essere rimessa al giudice del rinvio, una volta esaminato l’appello della parte civile, ogni statuizione sul concorso di colpa, sulla sua misura e sulle conseguenze risarcitorie e sanzionatorie.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui all’art. 186 C.d.S. perchè estinto il reato per prescrizione ed elimina la relativa pena di giorni 20 di arresto ed Euro 800,00= di ammenda.

Annulla la sentenza impugnata relativamente ai punti concernenti la inammissibilità dell’appello della parte civile, il concorso di colpa della persona offesa e le conseguenti statuizioni sanzionatorie e risarcitorie, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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