Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-11-2010) 12-04-2011, n. 14694 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Lecce con ordinanza resa in esito all’udienza camerale del 10/6/2009 ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione (chiesti Euro 35199,18) proposta da C. C. per la custodia cautelare subita dal 23/11/2001 al 29/3/2002 a fronte di un procedimento per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. (SCU) concluso con la sua assoluzione, diventata irrevocabile, per non aver commesso il fatto.

Il C. ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento appena sopra menzionato.

All’udienza camerale del 16/11/2010 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.
Motivi della decisione

L’ordinanza impugnata rileva che la ordinanza cautelare fu confermata in sede di riesame e che, motivata l’assoluzione per non essere chiaramente collocabili i fatti addebitati al C. in un tempo successivo al 1999 (per fatti associativi del 1995 il C. aveva subito altro procedimento con condanna del 1997) non poteva lasciar dimenticare che gli ultimi fatti di associazione con ruolo di rilievo nella SCU costituita nell’anno 1998/1999 rendevano particolarmente credibile la diversità ed autonomia della accusa per i fatti successivi al 1999. Nella condotta di partecipazione ad associazione di stampo mafioso. riferita dai pentiti la Corte di Lecce individua una condotta colpevole ai fini dell’art. 314 c.p.p., e una consapevolezza certa della illegittimità della condotta stessa.

Conferma alla individuazione della colpa, quanto alla protrazione della cautela, la ordinanza impugnata trova nel silenzio osservato dal C. in sede di interrogatorio davanti al Gip il 25/11/2001.

Infine la ordinanza di rigetto chiarisce che gli elementi posti a fondamento della assoluzione sono emersi solo a dibattimento (SU 13/12/1995 Sarnataro) sicchè certa sarebbe la correttezza valutativa della decisione che prima portò alla applicazione della misura cautelare Questa Corte rileva che il provvedimento impugnato individua la colpa grave che avrebbe determinato la falsa rappresentazione dei fatti nella autorità procedente al punto da giustificare sia l’adozione che il protrarsi della misura cautelare adottata, nelle dichiarazioni di terzi (taluni collaboratori di giustizia) che lo stesso giudice di merito non esita e dire inadeguate a collocare in un tempo preciso le condotte o i ruoli rivestiti dal C. nel clan malavitoso denominato Cinieri, e nel silenzio processuale serbato che avrebbe agevolato il convincimento dei gravi indizi di colpevolezza suscettibili di dare luogo alla cautela. Poichè il primo indice di colpa cosi come assunto non è chiaramente determinato e definito, e poichè il secondo elemento assunto come indice è viceversa elemento di per sè neutro in quanto corrispondente anche ad una ammissibile scelta di strategia difensiva, la motivazione non individua adeguatamente alcuna colpa suscettibile di costituire fattore ostativo alla attribuzione del diritto giudizialmente domandato.

L’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Lecce destinato a provocare nuovo esame in punto di identificazione della ricorrenza o non ricorrenza della colpa grave ostativa.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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