Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-03-2011) 13-04-2011, n. 15106 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli adito dall’indagato F.N. in sede di riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava la misura cautelare della custodia in carcere, disposta nei suoi confronti dal G.I.P. del Tribunale di Benevento con ordinanza in data 9/12/10 in ordine al reato di concorso in vari episodi di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo eroina ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Contro tale decisione ricorre l’indagato personalmente, e nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento denuncia violazione di legge e difetto di motivazione in riferimento alla valutazione del quadro cautelare, che i giudici del riesame avevano fondato su di un inesistente allarme sociale, ritenendo che tale massima misura cautelare fosse l’unica idonea a salvaguardare le esigenze di tutela della collettività, senza considerare che il ricorrente era già stato attinto da altri due provvedimenti restrittivi, a seguito dei quali aveva subito una lunga detenzione in carcere, poi sostituita con gli arresti domiciliari per fatti analoghi collegati a quelli oggetto dell’impugnata ordinanza, come dimostrava la documentazione allegata agli atti, e senza rendere conto delle ragioni, per cui tale produzione non era idonea quanto meno a determinare la sostituzione o la revoca della massima misura cautelare disposta.

Il ricorso è inammissibile per la non riconducibilità della censura ai motivi consentiti dall’art. 606 c.p.p., comma 1.

Nella fattispecie in esame il G.I.P. prima e il Tribunale del riesame poi hanno dato conto con puntuale e congruo apparto argomentativo delle ragioni che inducevano a ritenere sussistente l’esigenza special-preventiva, di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), laddove hanno valorizzato il rilevante allarme sociale che i fatti esaminati esprimevano, oltre che la non occasionalità della condotta criminosa, che certamente deponevano per una pessima prognosi di ricaduta nel reato, sicchè la motivazione non appare sindacabile in sede di controllo di legittimità dell’ordinanza impugnata, soprattutto quando il ricorrente si limiti sostanzialmente, come nella specie, a sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale investigativo.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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