Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-03-2011) 13-04-2011, n. 15027 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza 11 ottobre 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce applicava a M.R., GU.AN., A.S., G.G., GE. G., E.A., L.D., MO.AD., S.A., LA.GA., M.R., SC.VI. e B.G. la misura cautelare della custodia in carcere per vari reati concernenti il traffico illecito di sostanze stupefacenti.

Nel medesimo provvedimento il giudice riconosceva l’esistenza della gravità indiziaria per il delitto associativo previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo 30) nei confronti dei soli GU., G.G. e GI., LA., MA., A. e SC. e la escludeva per gli altri indagati per i quali peraltro veniva ugualmente emessa la medesima misura.

2) Contro l’indicato provvedimento hanno proposto richiesta di riesame le persone nei cui confronti era stata applicata la misura cautelare (ad eccezione di B.) e il Tribunale di Lecce, sezione per il riesame, con distinti provvedimenti ha così provveduto:

con ordinanza 5 novembre 2005 ha confermato l’ordinanza impugnata nei confronti di M.R.;

– con ordinanza 9 novembre 2010 ha confermato l’ordinanza nei confronti di G.G., GE.GI., M. A., L.D., S.A., E.A., LA.GA. e MA.RA.; l’ha annullata parzialmente, nei confronti di SC.VI., limitatamente al reato associativo, confermando però l’ordinanza in relazione agli altri reati al medesimo contestati;

con ordinanza 12 novembre 2010 ha confermato la medesima ordinanza nei confronti di GU.AN. e A.S..

Nei provvedimenti indicati il Tribunale ha ravvisato l’esistenza della gravità indiziaria ricordando l’origine dell’indagine e riportando il contenuto di conversazioni intercettate – alcune delle quali ritenute esplicitamente riferibili al traffico illecito di sostanze stupefacenti – e ricordando altresì come questa ipotesi sia stata confermata anche dagli esiti di servizi di osservazione e pedinamento, dalle dichiarazioni autoaccusatorie (seppur parziali) di GU., da parziali ammissioni fatte da alcuni indagati nei loro interrogatori e da alcuni sequestri di sostanze stupefacenti.

Per tutti gli indagati le ordinanze confermano poi l’esistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della più grave misura applicata.

Contro le anzidette ordinanze sono stati proposti i ricorsi di seguito riassunti.

3) M.R. ha impugnato l’ordinanza 5 novembre 2010 che lo riguarda deducendo:

– la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., con riferimento alla ritenuta esistenza della gravità indiziaria; si sostiene, nel motivo di ricorso, che il solo richiamo alle conversazioni intercettate non costituirebbe un indizio grave essendo solo una supposizione che le conversazioni si riferissero ad un traffico di stupefacenti e comunque, anche se così interpretate, le telefonate intercorse con GU. potrebbero al più dimostrare l’esistenza di acquisti di sostanza stupefacente per uso personale;

– la violazione dell’art. 274 cod. proc. pen. con riferimento alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza di quella applicata dovendosi tener conto che a M. neppure è stato contestato il reato associativo; non avrebbe poi tenuto conto, l’ordinanza impugnata, che il reato contestato risale al 2007 e che i precedenti del ricorrente sono risalenti nel tempo;

– la violazione dell’art. 275 c.p.p. con riferimento alla proporzionalità della misura applicata essendo stato, questo requisito, automaticamente tratto dalla circostanza che al ricorrente era stata applicata nel 2007 una misura di prevenzione essendo illogica la conclusione, tratta da questa circostanza, che il ricorrente non avrebbe rispettato gli obblighi di una misura meno afflittiva.

Il difensore del ricorrente M. all’udienza del 25 marzo 2011 ha depositato memoria difensiva con la quale ha dedotto motivi nuovi (quindi tardivi ma comuni ad altri ricorrenti) relativi alla mancanza di motivazione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare e alla mancata trasmissione al Tribunale dell’interrogatorio di garanzia. Per il resto nella memoria si ribadiscono le censure proposte in merito alla ritenuta esistenza della gravità indiziaria con particolare riguardo al contenuto delle conversazioni intercettate che, secondo il ricorrente, non sarebbero indicative dell’esistenza di rapporti concernenti la cessione di stupefacenti o, al più, potrebbero confermare l’esistenza di acquisti per uso personale. Si censura infine la motivazione dell’ordinanza impugnata quanto alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari anche in considerazione del tempo trascorso rispetto alla data in cui i fatti sarebbero stati commessi.

4) Contro l’ordinanza 9 novembre 2010 sono stati proposti i ricorsi di seguito indicati:

a) GE.GI. e G.G., con il ricorso congiunto proposto, hanno dedotto i seguenti motivi di censura:

– la violazione degli artt. 291, 292, 294 e 309 c.p.p. per l’omessa trasmissione al Tribunale per il riesame dei verbali di interrogatorio degli indagati contenenti elementi di valutazione favorevoli ai medesimi;

la mancanza di motivazione dell’ordinanza del Gip il cui contenuto è meramente riassuntivo della richiesta del p.m. e senza che gli elementi addotti venissero criticamente valutati; modalità peraltro comuni anche al provvedimento impugnato;

l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per la mancanza di motivazione del decreto autorizzativo iniziale nei confronti di GU. nonchè delle successive proroghe mancanti di motivazione e peraltro contenenti anche elementi estranei al caso in esame;

la violazione di legge e il vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta gravità indiziaria, sotto il profilo dell’interpretazione delle conversazioni intercettate il cui contenuto, se anche riferibile al traffico di stupefacenti, è del tutto compatibile con acquisti per uso personale; e comunque mancherebbe, nell’ordinanza impugnata, un esame analitico delle singole telefonate idoneo a confermare le ipotesi di accusa (la cessione a terzi) che non emerge dalle conversazioni;

– i medesimi vizi con riferimento alla ritenuta esistenza della gravità indiziaria anche per il reato associativo; dopo aver riportato le sintesi di numerosi precedenti di legittimità i ricorrenti sottolineano come l’ordinanza impugnata, e quella applicativa della misura, non siano state in grado di dimostrare che il sodalizio disponesse di mezzi idonei a consentire il suo funzionamento nè delle risorse economiche necessarie per consentire gli acquisti di sostanza stupefacente (nell’ordinanza si sottolinea l’irrilevanza, per i fini indicati, di due episodi ritenuti significativi dai giudici di merito); quanto al ruolo direttivo e organizzativo dei ricorrenti si ribadisce nel ricorso che l’episodicità dei fatti addebitati esclude che i ricorrenti rivestissero le qualità contestate come anche è da escludere l’interscambiabilità dei ruoli;

– la violazione di norme processuali e il vizio di motivazione con riferimento all’esistenza delle esigenze cautelari e alla proporzionalità e adeguatezza della misura cautelare applicata nei confronti dei ricorrenti. b) Con il ricorso congiunto da loro proposto E.A., L.D., MO.AD. e S.A. hanno dedotto censure identiche, nella loro formulazione, ai primi tre motivi del ricorso proposto dai fratelli G. (con esclusione della censura riguardante l’inutilizzabilità delle conversazioni intercettate sull’utenza in uso a GU.).

Anche il quarto motivo, nella parte iniziale, è identico a quello proposto dal fratelli G..

Quanto alle posizioni individuali dei ricorrenti le medesime vengono esaminate nel prosieguo del motivo e si sottolinea:

– quanto a E.A. che le condotte di cessione descritte nei capi 2 e 16 e attribuite (come cessioni avvenute a favore di E.) ad altri soggetti vengano a lui addebitate al capo 29 come cessioni da lui effettuate mentre, in realtà, doveva ritenersi che fossero acquisti per uso personale;

– quanto a L.D. e MO.AD. che l’ordinanza impugnata non avrebbe tenuto alcun conto delle osservazioni svolte (che vengono analiticamente riportate nel motivo di ricorso) dirette a dimostrare che gli acquisti dagli spacciatori erano diretti all’approvvigionamento personale e che i contatti con altre persone erano finalizzate all’uso di gruppo mentre addirittura sarebbe stato addebitato a MO. un episodio neppure contestato con l’ordinanza genetica irrilevante essendo che L. fosse debitore di GU. posto che la circostanza non è certo incompatibile con l’uso personale;

– quanto a S.A. si espongono ragioni analoghe a conferma dell’uso personale delle sostanze acquistate.

Con il quinto motivo si censura l’ordinanza impugnata in relazione alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari e alla motivazione sulla adeguatezza e proporzionalità, per ciascuno dei ricorrenti, della misura applicata. c) Con il ricorso da lui proposto LA.GA. deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge e quello di motivazione per avere, l’ordinanza impugnata, omesso di dichiarare la nullità dell’ordinanza applicativa del Gip che aveva accolto la richiesta del p.m. senza neppure valutarla criticamente.

Con il secondo motivo si deduce il medesimo vizio con riferimento alla mancanza di riscontri in merito alle ipotesi formulate in base alle conversazioni intercettate tanto più che più volte gli appartenenti alla polizia giudiziaria si erano recati sui luoghi fissati per gli appuntamenti senza mai osservare una cessione ed in particolare alcuna delle cessioni a minori contestate al ricorrente.

Con il terzo motivo si deduce il medesimo vizio con riferimento alla ritenuta partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti anche in questo caso fondata su elementi inidonei a dimostrare l’inserimento del ricorrente nel sodalizio criminoso. d) MA.RA. ha dedotto, con il primo motivo, la violazione dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10 per mancata trasmissione del Tribunale per il riesame del verbale di interrogatorio, con la precisazione che era stato trasmessa una copia del verbale riassuntivo solo parzialmente leggibile con lesione del suo diritto di difesa perchè l’indagato aveva fornito una giustificazione del contenuto delle conversazioni intercettate.

Con il secondo motivo si deducono il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione per avere, l’ordinanza impugnata, omesso di valutare la posizione specifica del ricorrente con l’indicazione degli elementi di conferma degli indizi derivanti dalle conversazioni intercettate e, soprattutto, senza esaminare il materiale d’indagine in riferimento alle singole imputazioni. Si censura inoltre l’ordinanza impugnata, in relazione alla ritenuta gravità indiziaria per il reato associativo, per non avere, il Tribunale, individuato il contributo recato al sodalizio dal ricorrente ravvisato nella sola esistenza di contatti con gli spacciatori.

5) Infine contro l’ordinanza 12 novembre 2010 hanno proposto ricorso congiunto GU.AN. e A.S..

I primi tre motivi di ricorso sono identici a quelli proposti nell’interesse dei fratelli G. (anche in questo caso con esclusione della censura riguardante l’inutilizzabilità delle conversazioni intercettate sull’utenza in uso a GU.). Anche il quarto motivo è identico rispetto a quello corrispondente contenuto nel ricorso indicato.

II quinto motivo è nella prima parte identico a quello dei fratelli G.. Nella parte finale, con riferimento alla posizione di A., si rileva nel ricorso come il Tribunale abbia attribuito al medesimo una posizione di "garante" del gruppo senza che venisse indicato alcun elemento a fondamento di questa ipotesi che non può certo basarsi sulla sola circostanza che egli avesse contribuito al recupero di una somma di danaro.

In particolare, per quanto attiene al reato associativo, il ricorrente rileva l’insufficienza, al fine di dimostrare la stabilità del rapporto criminale, dei due unici episodi contestati;

tanto più che le conversazioni intercettate sono piuttosto idonee a dimostrare l’interesse di A. per forniture per uso personale.

Per GU. si sostiene nel ricorso che l’ordinanza impugnata si sarebbe limitata a fare riferimento ad altri atti del procedimento e, in particolare, non avrebbe indicato le ragioni di conferma dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare con riferimento ai singoli episodi contestati.

Con l’ultimo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge con riferimento alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelari nonchè all’adeguatezza e proporzionalità della misura applicata ai ricorrenti.

6) Tutti i ricorsi, ad eccezione di quello di E., sono infondati e devono conseguentemente essere rigettati.

Esaminando preliminarmente le eccezioni di natura processuale, proposte da più ricorrenti nei confronti dell’ordinanza impugnata, deve essere ritenuta infondata quella relativa alla mancata trasmissione, al tribunale per il riesame, degli interrogatori di garanzia (ricorsi di GE.GI. e G.; E., L., MO., S., MA., GU. e A.).

Da questa mancata trasmissione si deduce che deriverebbe l’inefficacia della misura per violazione dell’art. 309 c.p.p., comma 5 nella parte in cui, a seguito della modifica introdotta dalla citata L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 16, comma 3, impone la trasmissione al Tribunale, investito della richiesta di riesame di una misura cautelare coercitiva, di "tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini".

Già in epoca successiva all’entrata in vigore della modifica normativa l’orientamento prevalente di questa Corte era gli elementi a favore cui fa riferimento la norma indicata sono soltanto quelli di natura oggettiva (sez. 1^, 16 marzo 1998, Hammani; sez. 4^, 10 giugno 1997, Orges; sez. 6^, 2 dicembre 1997, Notarianni) e il carattere di oggettività, cui fanno riferimento le decisioni richiamate, si riferisce non agli elementi di fatto ma alla necessità che si tratti di elementi non costituiti da mere allegazioni difensive o da argomentazioni logiche tratte da elementi acquisiti al procedimento.

In questa ottica si è da tempo escluso (sez. un. 26 settembre 2000 n. 25, Mennuni, rv. 217443) che l’interrogatorio di garanzia rientri tra gli elementi sopravvenuti a favore. Questa sentenza è di particolare interesse anche per la soluzione di altro problema sul quale si era formato un contrasto di giurisprudenza: se l’obbligo di trasmissione riguardi anche gli atti di cui l’indagato e il suo difensore già dispongono ovvero se l’obbligo sia predisposto per garantire la discovery degli atti non ancora conosciuti (nel primo senso v. Cass., sez. 4^, 11 luglio 2000 n. 4038, Mascalzi; nel secondo sez. 6^, 17 dicembre 2002 n., Mancini; sez. 4^, 6 giugno 2000 n. 3337) e ha dato risposta negativa al quesito ravvisandone la ragione nella circostanza che, se l’imputato e il suo difensore dispongono dell’atto, alcuna lesione dei loro diritti difensivi può verificarsi.

La più recente giurisprudenza di legittimità si è successivamente orientata in tal senso ritenendo che l’interrogatorio di garanzia non sia uno degli atti a favore dell’indagato la cui mancata trasmissione determina l’inefficacia della misura trattandosi di atto di cui l’indagato e il suo difensore hanno già la disponibilità e quindi possono pienamente utilizzarlo a fondamento delle sue difese.

E questo principio vale per tutti gli atti di cui la difesa, parimenti, abbia la disponibilità) in questo senso si vedano, da ultimo, Cass., sez. 1^, 17 gennaio 2008 n. 6618, Rinaldi, rv. 239363;

sez. 4^, 16 novembre 2007 n. 1581, Altamura, rv. 238574; sez. 2^, 3 maggio 2007 n. 25985, Cacciola, rv. 237157; sez. 2^, 21 settembre 2005 n. 39486, Fazio, rv. 232672; sez. 6^, 1 marzo 2005 n. 24387, Oleandro, rv. 231859. 7) Infondata è anche la censura che si riferisce alla dedotta mancanza di motivazione da cui sarebbe affetta l’ordinanza applicativa delle misure cautelari nei confronti dei ricorrenti che si sarebbe limitata a richiamare la richiesta del pubblico ministero senza aver operato alcuna valutazione critica delle argomentazioni in essa contenute (ricorsi GE.GI. e G., E., L., MO., S., LA., GU. e A.).

In merito a questa censura si osserva che deve essere preliminarmente esaminato il problema della ammissibilità della motivazione per relationem ad altro atto del procedimento. Su questo problema si sono pronunziate le sezioni unite di questa Corte (sentenza 21 settembre 2000 n. 17, Primavera, rv. 216664) che, con riferimento al problema specifico della motivazione dei decreti in materia di intercettazioni telefoniche o ambientali, hanno affermato i seguenti principi di carattere generale che consentono di ritenere legittima la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale:

il riferimento deve essere fatto ad un legittimo atto del procedimento la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria al provvedimento di destinazione;

deve risultare che il decidente abbia preso cognizione del contenuto delle ragioni del provvedimento di riferimento ritenendole coerenti alla sua decisione;

l’atto di riferimento sia conosciuto dall’interessato o almeno a lui ostensibile.

Nel caso in esame il problema si pone con riferimento ai primi due requisiti e deve osservarsi come il giudice del riesame abbia ritenuto, per un verso, la congruità della motivazione contenuta nel provvedimento impugnato nella prima fase del procedimento e, per altro verso, come il recepimento della richiesta del pubblico ministero non sia avvenuta con automatismo indistinto ma con una valutazione critica degli elementi sottoposti al vaglio del giudice per le indagini preliminari.

A dimostrazione di ciò è sufficiente verificare, come rileva l’ordinanza oggi impugnata, come l’ordinanza applicativa della misura, in contrasto con le richieste del p.m., abbia escluso la gravità indiziaria per il reato associativo (D.P.R. n. 390 del 1990, art. 74: capo 30) nei confronti degli indagati B., E., L., M., MO. e S. e che, per gli altri indagati per i quali la gravità indiziaria è stata riconosciuta anche per tale reato, abbia escluso l’aggravante del numero dei partecipi. A questa conclusione il gip è pervenuto dopo aver vagliato il materiale indiziario, in modo parzialmente difforme dal pubblico ministero, escludendo che fosse allo stato confermata l’ipotesi che gli indagati indicati operassero con la coscienza di agire in un contesto associativo.

Tutto ciò è sufficiente ad escludere la fondatezza della censura formulata nei confronti dell’ordinanza impugnata.

8) V’è un’ultima eccezione preliminare da esaminare: quella (proposta da GE.GI. e G.) relativa alla dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per mancanza di motivazione del decreto autorizzativo iniziale nei confronti di GU.AN..

Anche questa censura deve essere ritenuta infondata e, per alcuni aspetti, anche inammissibile.

Com’è noto l’art. 271 c.p.p., comma 1 sanziona di inutilizzabilità i risultati delle intercettazioni eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge, o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dall’art. 267 e art. 268, commi 1 e 3, e quindi anche il caso di inesistenza dei decreti o altri vizi dei medesimi;

l’inutilizzabilità è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento e quindi anche nel giudizio di legittimità.

Ritiene però la Corte che l’eccezione, per i limiti intrinseci del giudizio di legittimità, possa essere esaminata solo se l’atto inutilizzabile, o dal quale consegue l’inutilizzabilità di una prova, sia stato specificamente indicato e faccia parte del fascicolo trasmesso al giudice di legittimità o quanto meno ne venga trascritto il contenuto (principio di autosufficienza del ricorso).

E’ vero che, trattandosi di motivo di natura processuale, alla Corte di cassazione è consentito esaminare gli atti del fascicolo processuale al fine di verificare il fondamento dell’eccezione proposta ma l’applicazione concreta di questo principio presuppone che venga, quanto meno, specificamente indicato l’atto affetto dal vizio denunziato e che l’atto da esaminare sia contenuto nel medesimo fascicolo.

Se invece questa indicazione non viene fornita o, seppur fornita, l’esame dell’eccezione richiede l’acquisizione di atti o documenti o notizie di qualsiasi genere che non formano parte del fascicolo del processo deve ritenersi nel primo caso che il motivo sia inammissibile per genericità, non consentendo al giudice di legittimità di individuare l’atto affetto dal vizio denunziato; nel secondo caso che costituisca onere della parte richiederne l’acquisizione al giudice del merito.

Diversamente verrebbe attribuito al giudice di legittimità un compito di individuazione, ricerca e acquisizione di atti, notizie o documenti del tutto estraneo ai limiti istituzionali del giudizio di legittimità.

Nel caso in esame nè del decreto autorizzativo iniziale nè dei decreti di proroga di cui si contesta l’utilizzabilità è stata prodotta copia o indicata la loro collocazione negli atti e neppure è stato riportato, nel ricorso, il contenuto dei decreti in questione; dunque la censura va dichiarata inammissibile per le ragioni indicate.

In ogni caso il provvedimento impugnato ha adeguatamente motivato anche su queste censure indicando gli elementi indicativi della gravità indiziaria contenuti nel decreto iniziale e dei presupposti per le successive proroghe ribadendo come le erronee indicazioni, contenute in uno dei decreti di proroga costituiscano, non influiscano sulla sua validità trattandosi di errori che non ostacolano la possibilità di individuare utenza e indagato nei cui confronti è stata chiesta la proroga.

9) Passando all’esame delle censure proposte dai ricorrenti riguardanti anzitutto la gravità indiziaria riferita sia all’esistenza dei rapporti concernenti il traffico di sostanze stupefacenti sia – nel caso fosse ritenuta l’esistenza di tali cessioni – la destinazione ad uso personale degli acquisti effettuati deve rilevarsene l’infondatezza (salvo quanto si dirà per E.).

Fermo restando che non è consentito al giudice di legittimità esercitare una funzione di interpretazione dei colloqui intercettati, compito che può essere svolto esclusivamente dal giudice di merito riguardando l’interpretazione del compendio probatorio o indiziario – con la conseguente inammissibilità di tutte le censure, in precedenza riassunte, riguardano l’interpretazione dei colloqui intercettati – è però necessario sindacare il provvedimento impugnato per verificare se, per ciascuno degli indagati che hanno contestato la mancanza o insufficienza degli elementi indiziari ritenuti a carico di ciascuno, la motivazione sia esistente e se sia adeguata e non illogica in relazione alle singole posizioni.

Questo sindacato non può che trovare una risposta che perviene all’infondatezza delle censure proposte salvo quanto di seguito si dirà.

Le ordinanze impugnate hanno infatti ricostruito la rete di rapporti intercorsi tra gli indagati e ne hanno inquadrato le coordinate in un rilevante traffico illecito di sostanze stupefacenti; a questa conclusione il Tribunale è pervenuto non in modo apodittico ma con riferimento al significato delle conversazioni intercettate indicando, per ciascuno dei ricorrenti, le ragioni che consentivano di ritenere che i colloqui si riferissero a tali illeciti rapporti e specificando gli elementi che conducevano ad escludere che si trattasse di acquisti per uso personale.

In particolare, ed esaminando preliminarmente le posizioni degli indagati per i quali è stata riconosciuta la gravità indiziaria anche per il reato associativo, può osservarsi per ciascuno dei ricorrenti quanto di seguito indicato.

In relazione alla posizione di GU. e A. l’ordinanza 12 novembre 2010 che li riguarda è da ritenere motivata in modo adeguato. Per GU. va detto che egli si propone come il centro motore del commercio di stupefacenti e praticamente la più parte delle cessioni che emergono dalle conversazioni intercettate risultano da lui effettuate; d’altro canto GU. è anche (parzialmente) confesso.

Per quanto riguarda A. anche in questo caso l’ordinanza indica analiticamente le telefonate significative (nelle quali si parla di "paste" e di "farina") che dimostrano gli acquisti di sostanza stupefacente e la destinazione ad uso di terzi; questa destinazione viene tratta sia dal contenuto delle conversazioni (telefonata n. 4449) che dalla circostanza che altri spacciatori o consumatori inviavano potenziali acquirenti ad A. perchè li rifornisse di sostanza stupefacente (telefonata n. 112).

Per quanto riguarda le altre posizioni, oggetto dell’ordinanza 9 novembre 2010, si osserva quanto segue:

– i fratelli G. sono considerati dal Tribunale in posizione sovraordinata a GU. tanto che questi li tiene informati dell’andamento delle riscossioni dei prezzi delle cessioni e l’ordinanza riporta il contenuto di numerosi colloqui tra i fratelli G. e MA. diretti ad ottenere il pagamento delle forniture e a concordarne le modalità; anzi in una telefonata G.G. fa intendere che MA. merita una lezione per i mancati pagamenti. Del resto GU. e G.G. sono stati arrestati perchè trovati in possesso di gr. 16,8 di cocaina oltre che di materiale atto al confezionamento e di una sorta di contabilità dello spaccio e questo coinvolgimento è confermato dall’esito di un’intercettazione ambientale nel corso della quale GU. e GE.GI. fanno i conti dei proventi ricavati dallo spaccio;

– il coinvolgimento negli episodi di spaccio di MA.RA. è dal Tribunale ricavato dai già descritti rapporti con i fratelli G. dai quali emerge altresì che, almeno in un caso, era MA. a rifornirli;

– analoghe considerazioni vanno fatte per LA.GA. per il quale l’ordinanza impugnata indica le telefonate dalle quali emerge come il medesimo, che si riforniva da GU., veniva contattato dai suoi acquirenti che ne sollecitavano il rifornimento e LA. sollecitava GU. lamentando di essere "assillato" dagli acquirenti; in un’occasione poi fa capire di non avere ancora tagliato la sostanza da cedere e in altre dirotta su altri spacciatori i potenziali acquirenti.

Per tutti questi imputati ( GU., A., GE.GI. e G., MA. e LA.) l’ordinanza impugnata e l’ordinanza applicativa cui la medesima rinvia anche su questo punto, risultano adeguatamente e non illogicamente motivate anche per quanto riguarda il reato associativo.

Entrambi i provvedimenti hanno infatti messo in evidenza l’intensità e la duratura stabilità dei rapporti finalizzati al rifornimento e allo spaccio delle sostanze stupefacenti, la continuità di tali rapporti, il ruolo di sovraordinazione dei fratelli G.; hanno sottolineato come GU. appaia il centro motore di tale attività e hanno delineato il ruolo di A., MA. e LA. – anch’essi in posizione subordinata ai fratelli G. – i quali operavano nell’interesse del sodalizio criminale sia assicurando i rifornimenti delle sostanze sia curando lo spaccio anche al dettaglio e intervenendo per la soluzione dei problemi che via via si creavano quali, in particolare, il recupero dei crediti derivanti da cessioni non pagate.

Esente da alcuna illogicità e dai vizi di violazione di legge deve dunque ritenersi su questo punto l’ordinanza impugnata.

10) Restano da esaminare le posizioni delle persone sottoposte alle indagini nei confronti delle quali non è stata ritenuta la gravità indiziaria per il reato associativo ma soltanto per singoli episodi di spaccio per i quali, dunque, va verificata la congruità motivazionale in relazione all’esistenza degli episodi contestati e alla destinazione ad uso di terzi delle sostanze acquistate.

In particolare, per quanto riguarda la posizione di M.R., l’ordinanza 5 novembre 2010 riporta analiticamente i colloqui con GU., precisa la natura criptica del linguaggio usato – riferito ad oggetti avulsi dal contesto e qualche volta neppure equivoci (l’uso del termine "pezzi") – e, con il riferimento a terzi debitori, giunge ad escludere, certo non illogicamente, che gli acquisti fossero destinati ad uso personale; si aggiunga che M. ha ammesso almeno una cessione a favore del cugino E..

Per quanto riguarda le altre posizioni che formano oggetto dell’ordinanza 9 novembre 2010 può rilevarsi:

in relazione alla posizione di L.D. è da rilevare anzitutto che (come riferisce l’ordinanza impugnata) il medesimo è stato arrestato, il 12 dicembre 2007, per detenzione di 100 grammi di cocaina e dieci grammi di hashish; che da alcune telefonate emerge che il medesimo era debitore nei confronti di GU. per forniture di stupefacenti e che era in attesa che le persone che avevano acquistato da lui la sostanza lo pagassero per adempiere a sua volta e si lamentava del ritardo con cui avvenivano i pagamenti; che in altra telefonata diceva di aver ceduto ad un terzo dieci grammi di cocaina;

– in relazione alla posizione di MO.AD. (strettamente collegata a quella di L. con il quale operava congiuntamente) l’ordinanza, oltre a indicare le ragioni poste a fondamento del concorso del ricorrente nell’illecita detenzione dei 100 grammi di cocaina per la quale L. era stato arrestato, indica le telefonate dalle quali emergono gli acquisti a fini di rivendita dello stupefacente e la disponibilità, da parte di MO., di una personale "clientela" e il mancato pagamento di alcune forniture;

nè alcun rilievo decisivo sulla decisione assume la circostanza che sarebbe stato, dal Tribunale, fatto riferimento ad un episodio non contestato con l’ordinanza applicativa della custodia cautelare;

– in relazione alla posizione di S.A. – che ha ammesso le forniture a lui effettuate da GU. rivendicando però l’uso personale della droga acquistata – l’ordinanza impugnata richiama le telefonate da cui emerge che GU., quando non era in grado di soddisfare le richieste degli acquirenti, li inviava anche a S. mentre in altre telefonate, intercorse tra GU. e S., risulta che anche quest’ultimo era interessato ai pagamenti che dovevano essere effettuati dagli acquirenti.

11) Diversa soluzione, in merito alla ritenuta destinazione ad uso di terzi delle sostanze acquistate, deve invece essere adottata per quanto riguarda la posizione di E.A..

Premesso che, dalle conversazioni intercettate, emergono numerosi acquisti di cocaina che, peraltro, neppure l’indagato nega di aver effettuato ciò che rimane in discussione è la destinazione ad uso di terzi delle sostanze acquistate.

Orbene, a differenza degli altri indagati alla cui posizione si è in precedenza fatto cenno, per quanto riguarda E. la motivazione dell’ordinanza non fornisce argomentazioni idonee a fondare la gravità indiziaria per poter escludere che la sostanza stupefacente acquistata (di cui neppure vengono indicati i quantitativi) fosse destinata al suo esclusivo uso personale.

La destinazione ad uso di terzi è infatti ricavata, dall’ordinanza, dalla circostanza che E. rivolgeva più richieste a GU. anche nella stessa giornata. Secondo il Tribunale se la sostanza fosse destinata ad uso personale "in tal caso si sarebbe assistito ad un’unica consegna, certo non a più consegne"; ma trattasi di motivazione manifestamente illogica perchè non viene spiegato perchè un acquisto frazionato non possa riferirsi ad un uso personale.

Nè valenza decisiva possono avere le circostanze, indicate nell’ordinanza, che E. fosse debitore di GU. (per 900,00 Euro) e che abbia indirizzato a GU. un potenziale acquirente trattandosi di circostanze ambivalenti e dunque non idonee a convalidare l’attività di spaccio di E.. Del resto nell’ordinanza neppure sono chiariti i rapporti di E. con tale E.A. per il quale non è dato intendere la natura dei rapporti.

Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio nei confronti del solo E.A.. L’ulteriore censura dal medesimo formulata – e relativa alle condotte descritte nei capi 2 e 16 – deve ritenersi assorbita.

12) Infondate sono, infine, anche le censure proposte dai ricorrenti in relazione alla ritenuta esistenza delle esigenze cautelare e alla adeguatezza e proporzionalità della misura applicata.

Le ordinanze impugnate hanno dato atto della non attualità delle condotte ma hanno fatto riferimento alla gravità, continuità e ripetitività nel tempo delle condotte accertate da alcuni degli indagati commesse nell’ambito di un’attività criminale associata;

alla diffusione dell’attività in un contesto che annoverava numerosissimi tossicodipendenti acquirenti, fonti di approvvigionamento e luoghi disponibili per l’occultamento delle sostanze; alla stabilità dei rapporti instaurati tra le persone coinvolte.

Da queste caratteristiche le ordinanze impugnate hanno tratto la conclusione, certamente non illogica, dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari; conclusione fondata anche, per alcuni dei ricorrenti, sull’esistenza di precedenti in taluni casi specifici e sulla circostanza che taluni indagati abbiano proseguito nello svolgimento dell’illecita attività malgrado fossero sottoposti a meno grave misura cautelare.

Per quanto riguarda l’adeguatezza e proporzionalità poste in discussione da M. va osservato che l’ordinanza 5 novembre 2010 che lo riguarda – e che valuta anche l’influenza del tempo trascorso dal momento della consumazione dei reati – ha ampiamente motivato sull’adeguatezza della misura applicata ricordando che il ricorrente risulta già condannato per reato associativo riferito agli stupefacenti,e che questa circostanza è idonea a dimostrare il perdurante suo gravitàre negli ambienti criminali dello spaccio; con ciò escludendosi, non illogicamente, che una misura meno grave sia idonea a salvaguardare le esigenze cautelari.

Analogamente l’ordinanza 12 novembre 2010 – pronunziata nei confronti di GU. e A. – ribadisce le caratteristiche delle condotte accertate che fanno ritenere inadeguata ogni altra e meno severa misura mentre, per il solo A., ricorda come parte dei reati contestatigli siano stati commessi mentre si trovava agli arresti domiciliari.

Infine – per gli altri indagati cui si riferisce l’ordinanza 9 novembre 2010 – sono state esplicitate dal Tribunale le condotte che rendono inadeguate altre e meno severe misure ricordandosi i precedenti ( MO.) anche gravissimi ( S.), il ruolo di finanziatore-organizzatore ( L.) oltre che del contesto associativo in cui le attività si sono svolte (fratelli G., LA., MA.).

Trattandosi di valutazioni esenti da alcuna illogicità e coerenti con il sistema processuale in tema di misure cautelari deve escludersi la fondatezza delle censure proposte contro le ordinanze impugnate.

13) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto dei ricorsi – ad eccezione di quello di E.A. – con la condanna dei ricorrenti il cui ricorso è stato rigettato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, annulla l’ordinanza impugnata (9 novembre 2010): limitatamente alla posizione di E.A. con rinvio al Tribunale di Lecce.

Rigetta gli altri ricorsi e condanna i proponenti dei medesimi al pagamento delle spese processuali.

Si provveda ex art. 94 disp. att. cod. proc. pen..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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