Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-07-2011, n. 14750 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso per cassazione – affidato a quattro motivi – contro il decreto in data 3/03/2009 con il quale la corte di appello d’appello di Napoli ha accolto il ricorso per equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, presentato da A.A. in relazione all’irragionevole durata di un processo pendente dinanzi al TAR Campania dal 1994.

La durata complessiva è stata determinata in anni 14 e mesi 1. Per il ritardo di anni 11 e mesi 1 l’indennizzo è stato liquidato in Euro 11.080,00.

Resiste con controricorso l’intimato.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

2.1.- Con il primo motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge in relazione al mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione del diritto all’equa riparazione. In particolare, poichè il diritto all’equa riparazione poteva essere fatto valere anche prima della L. n. 89 del 2001, come affermato dalle S.U. (sentenza n. 28507 del 2005), il diritto sarebbe prescritto sino al 1998.

Il motivo è infondato perchè questa Corte ha già più volte affermato che in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Sez. 1, Sentenza n. 27719/2009).

2.2.- Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione della L. n. 112 del 2008, art. 54, lamentando che la Corte di merito non abbia accolto l’eccezione di improponibilità della domanda per mancata presentazione dell’istanza di prelievo.

Il motivo è infondato alla luce della giurisprudenza della S.C. secondo la quale l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, in virtù del quale "la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non è stata presentata un’istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2", è inapplicabile ratione temporis ai procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto un giudizio amministrativo introdotto prima dell’entrata in vigore della predetta disciplina (Sez. 1, Ordinanza n. 668 del 2010; Sez. 1, Sentenza n. 28428 del 28/11/2008). Una diversa interpretazione, peraltro, sarebbe in contrasto con i principi della CEDU, come già sottolineato dalla Corte europea (cfr. Daddi c. Italia, 2 giugno 2009; Cass., n. 115/2011).

2.3.- Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge deducendo che la Corte di merito non ha tenuto conto, nella liquidazione dell’indennizzo, della natura collettiva del ricorso nel processo presupposto, della posta in gioco e del comportamento processuale della parte.

2.4.- Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla quantificazione dell’indennizzo, operata prescindendo dalla valutazione del comportamento della parte nel processo presupposto e della natura di tale giudizio.

Il terzo ed il quarto motivo – esaminabili congiuntamente perchè connessi – sono infondati là dove non sono inammissibili perchè veicolano censure in fatto.

Peraltro, la Corte di merito ha affermato di avere apprezzato tutti gli elementi risultanti dagli atti e il Ministero ricorrente, in violazione del requisito di autosufficienza, non indica in quali atti abbia evidenziato gli elementi di fatto di cui lamenta l’omessa considerazione in sede di liquidazione dell’indennizzo, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e come tale incensurabile se adeguatamente motivata.

Le spese processuali – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 700,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Dispone la distrazione delle spese in favore del difensore antistatario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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