Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-03-2011) 13-04-2011, n. 15154 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

anna del ricorrente alle spese del procedimento.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 8 marzo 2002 la Corte d’assise d’appello di Taranto ha parzialmente accolto l’istanza proposta da M. R. volta ad ottenere, in sede di incidente di esecuzione ex art. 671 cod. proc. pen., l’applicazione della disciplina della continuazione ai reati di cui alle otto sentenze di condanna elencate nello stesso provvedimento e la conseguente rideterminazione della pena.

La Corte, in particolare, ha dichiarato la continuazione tra i reati oggetto delle sentenze elencate ai numeri da due a otto, rideterminando l’unica e complessiva pena, unificati i reati ai sensi dell’art. 81 cod. pen., nell’ergastolo con isolamento diurno per anni uno e mesi sette, e ha escluso che potesse ravvisarsi l’esistenza di un unico programma criminoso tra i reati oggetto di dette sentenze e i reati oggetto della sentenza del 24 novembre 1987 della Corte d’assise di Taranto, indicata al n. 1, per l’assenza di qualsiasi collegamento funzionale dei reati giudicati con detta ultima sentenza (omicidio del 7 luglio 1985 in danno di M.M. e detenzione e porto illegale di armi) con il contesto criminoso caratterizzante la successiva attività criminale di M., a capo del sodalizio mafioso dallo stesso creato, e connotato da un programma delittuoso unitario.

2. Il ricorso per cassazione proposto da M.R. avverso detta ordinanza è stato dichiarato inammissibile da questa Corte con ordinanza del 10 dicembre 2003, annotata in calce alla medesima ordinanza.

3. L’ordinanza del 8 marzo 2002 ha formato oggetto anche del ricorso per cassazione datato 5 luglio 2010, proposto personalmente da M. R. per violazione dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) ed e), per inosservanza degli artt. 666 e 442 cod. proc. pen. e per mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente, in particolare, ha dedotto che la presenza, tra le sentenze unificate per continuazione, della sentenza del 5 ottobre 1990 della Corte d’appello di Potenza e della sentenza del 5 maggio 1993 della Corte d’appello di Lecce (riportate ai n. 2 e 3 del provvedimento impugnato), emesse con il rito abbreviato, avrebbe dovuto comportare l’applicazione della diminuente di cui all’art. 442 cod. proc. pen. e la sola condanna all’ergastolo senza l’isolamento, diurno, invece applicato.

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. L’ordinanza contro la quale il ricorso è stato proposto ha già formato oggetto del giudizio di questa Corte che, con ordinanza del 10 ottobre 2003, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto il 10 dicembre 2002 dal ricorrente M.R., che ha anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro cinquecento alla Cassa delle ammende.

Atteso l’effetto preclusivo che consegue a tale pronuncia (Sez. U, n. 19 del 09/10/1996, dep. 06/12/1996, Armati, Rv. 206177), derivante della regola del ne bis in idem sancita dall’art. 649 cod. proc. pen., la cui applicazione anche alle procedure di esecuzione è coerente con il sistema delle impugnazioni ordinarie e con la tassatività delle forme di impugnazione previste, con i relativi termini di decadenza, per dare certezza ai rapporti giuridici controversi (Sez. 6, n. 3586 del 26/11/1993, dep. 07/02/1994, Bustema, Rv. 196628; Sez. 1, n. 3736 del 15/01/2009, dep. 27/01/2009, P.M. in proc. Anello, Rv. 242533), non può chiedersi a questa Corte di esaminare un’ordinanza, non più impugnabile, a mezzo ricorso per cassazione ordinario, avulso dalla osservanza di qualsiasi termine.

3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Il ricorrente, che ha versato in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità avendo utilizzato un mezzo di impugnazione non esperibile, deve essere anche condannato, ricorrendo con ogni evidenza i presupposti di applicabilità della sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *