Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-03-2011) 13-04-2011, n. 15151 arresto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 10 settembre 2010, il Tribunale di Rovigo, in composizione monocratica, ha rigettato la richiesta avanzata in pari data dalla Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale, e volta alla convalida dell’arresto in flagranza operato il 9 settembre 2010 nei confronti di X.J., con vari alias, e all’applicazione allo stesso della misura cautelare della custodia in carcere, per i reati di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 quater, e agli artt. 81 e 495 cod. pen., per essersi trattenuto, senza giustificato motivo, nel territorio nazionale nonostante fosse stato raggiunto da tre decreti di espulsione prefettizi del 8 novembre 2005, 11 novembre 2005 e 14 aprile 2006 e relativi ordini del Questore di lasciare il territorio dello Stato nel termine di cinque giorni, e per false attestazioni sulla propria identità personale.

1.1. Il Tribunale argomentava la sua decisione rilevando che:

– il giudizio di convalida poteva riguardare il solo reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 quater, in relazione al quale l’arresto era stato operato;

– l’intervenuta definizione del giudizio per direttissima, con sentenza di applicazione pena del 11 marzo 2008, riguardo alla inottemperanza all’ordine del Questore di Rovigo del 14 aprile 2006, non consentiva di ritenere configurato il suddetto reato in assenza della notifica di ulteriore decreto di espulsione e ordine di allontanamento, atteso l’intervenuto giudicato di condanna;

– era, in ogni caso, anche pendente la domanda di emersione del lavoro irregolare e conseguente sanatoria, alla stregua di quanto dichiarato dall’arrestato e risultante dalle ricevute di pagamento dallo stesso esibite agli agenti al momento dell’arresto e dai rilievi AFIS in atti, relativi al prelievo in data 17 agosto 2010 delle impronte digitali del predetto nell’ambito della procedura di rilascio del permesso di soggiorno;

– non sussistevano gravi indizi di colpevolezza nè riguardo al reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 quater, per le ragioni espresse con riferimento al giudizio di convalida, nè riguardo alle imputazioni di falso, poichè le diverse generalità dell’arrestato erano verosimilmente imputabili a difetto di comunicazione tra lo stesso e la P.G. operante e le occasioni, in cui quelle dichiarate erano state del tutto diverse, erano risalenti nel tempo e ampiamente prescritte.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo, chiedendone l’annullamento per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di norme processuali e per mancanza e manifesta illogicità della motivazione.

Secondo il ricorrente il Tribunale doveva valutare anche la violazione da parte del prevenuto degli ordini del Questore di Bologna del 8 novembre 2005 e del Questore di Ancona del 11 novembre 2005, notificati allo stesso in lingua cinese, corredati dalla indicazione delle conseguenze penali della loro violazione, specificatamente menzionati nel verbale di arresto, cui erano stati allegati, e la cui violazione era stata specificata nel capo di imputazione.

L’arresto, correttamente eseguito sulla base della violazione di detti ordini, tuttora validi, verificata dai Carabinieri, avrebbe dovuto essere, pertanto, convalidato, non richiedendo la convalida la valutazione dei gravi indizi o della responsabilità demandata alle successive fasi processuali, senza che potesse ostarvi la successiva condanna, intervenuta con riguardo all’ordine del Questore di Rovigo del 14 aprile 2006 la cui esistenza era emersa solo dopo l’esecuzione dell’arresto, e in assenza di prova da parte del prevenuto della eventuale presentazione di istanza di emersione.

3. Il Procuratore Generale in sede ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. iL D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 1 ter, comma 8, (introdotto dalla Legge Di Conversione 3 agosto 2009, n. 102) prevede la sospensione obbligatoria, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, dei procedimenti penali, oltre a quelli amministrativi, per la violazione delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale nei confronti, tra l’altro, di determinate categorie di lavoratori stranieri quando vi sia stata dichiarazione di emersione a norma dello stesso articolo. I successivi commi 10 e 11 dello stesso articolo prevedono, rispettivamente, che lo straniero, nelle more della definizione della procedura di emersione, non può essere espulso e che l’esito positivo della procedura comporta l’estinzione del reato, oltre che degli illeciti amministrativi.

In forza di tali disposizioni, dirette a favorire l’emersione del lavoro irregolare ed entrate in vigore il 5 agosto 2009, prima della pronuncia dell’ordinanza impugnata, la sospensione necessaria del procedimento penale dura fino alla definizione della procedura amministrativa di emersione del lavoro irregolare e lo straniero, temporaneamente autorizzato a soggiornare nel territorio nazionale e non potendo essere espulso nelle more della definizione della indicata procedura, non è soggetto all’arresto previsto per la permanenza illegale dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5 quinquies, nè all’emissione di misura cautelare, nè alla celebrazione del processo.

3. Nella specie, nel corso del giudizio di convalida, il Tribunale ha rilevato la pendenza della procedura di emersione del lavoro irregolare e della conseguente sanatoria, che ha ritenuto dimostrata sulla base delle dichiarazioni dell’arrestato e delle risultanze della documentazione dallo stesso esibita.

Il Procuratore ricorrente, che ha dedotto l’assenza di prova da parte del prevenuto della eventuale presentazione di istanza di emersione, non ha contestato, come fondatamente rilevato dal Procuratore Generale presso questa Corte, "l’autonoma ratio decidendi espressa dal provvedimento impugnato e facente capo alla dimostrata dichiarazione di emersione del lavoro irregolare".

Poichè la pendenza della indicata procedura amministrativa di emersione determinata l’automatica sospensione del procedimento penale per la violazione delle norme sulla immigrazione e fa venire meno l’obbligo dell’arresto, l’arresto eseguito nei confronti del ricorrente per la violazione di norme relative al suo soggiorno nel territorio dello Stato non è stato, fondatamente, convalidato, conformemente all’orientamento costante di questa Corte (Sez. 1, n. del 21/04/2010, dep. 01/07/2010, Svarchevska, rv. 247947; Sez. 1, n, del 24/03/2010, dep. 26/05/2010; P.M. in proc. Hu., Rv. 247575).

4. Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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