T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 08-04-2011, n. 112 Atti amministrativi discrezionali Aggiudicazione dei lavori Concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con bando di gara del 10 luglio 2009 la Provincia autonoma di Trento ha indetto un appalto concorso per la realizzazione, presso il depuratore di Lavis, di un impianto di pretrattamento dei percolati al servizio delle discariche di rifiuti urbani della Provincia di Trento.

L’importo complessivo a base di gara era stato determinato in Euro 2.239.650,00 e per l’aggiudicazione era stato prescelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa da individuarsi in base ai seguenti parametri: valore tecnico e rendimento, punti 60; programma dei lavori, punti 10; prezzo, punti 30.

2. Alla Stazione appaltante sono giunte 6 offerte, fra le quali quella dell’A.T.I. fra le società S.E.A., I., C.L.M., E. S.E.A. e l’ing. A.S., ricorrente, e quella dell’A.T.I. fra le società L.A., C.L. e E. Consorzio Stabile, controinteressata.

Nella seduta della Commissione di data 29 luglio 2010, concluse le operazioni di gara, l’A.T.I. ricorrente – che si era collocata al terzo posto della graduatoria concernente l’offerta tecnica (con 47,70 punti) e al primo posto di quella per l’offerta economica (con 30 punti) – si è conclusivamente graduata al secondo posto con 77,70 punti, a fronte degli 80,05 ottenuti dall’A.T.I. controinteressata, risultata aggiudicataria (la quale aveva ottenuto 50,30 punti per l’offerta tecnica e 29,75 per quella economica).

3. Con ricorso notificato in data 15 ottobre 2010 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 21, le società S.E.A., I., C.L.M., E. S.E.A. e l’ing. A.S. hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo le seguenti censure in diritto:

I – "erronea applicazione di legge (prescrizioni tecniche sulle caratteristiche dell’impianto contenute nelle specifiche tecniche allegate al capitolato speciale e disposizioni risultanti dalla lex specialis di gara relative alle modalità di predisposizione dell’offerta tecnica), violazione della par condicio dei partecipanti alla gara, eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento della realtà, disparità di trattamento e carenza assoluta di motivazione". Gli istanti assumono che il progetto della controinteressata avrebbe dovuto essere escluso dalla gara perché realizzerebbe un impianto con il processo DEMON che non rispetterebbe i limiti di legge quanto alla concentrazione residua di manganese, e perché non sarebbe in grado di funzionare alle condizioni richieste dal bando;

II – "eccesso di potere per illogicità manifesta e travisamento della realtà nella valutazione delle offerte formulate e nella conseguente attribuzione dei punteggi relativi al valore tecnico e rendimento dell’offerta ed al programma dei lavori, conseguente eccesso di potere per difetto di istruttoria, disparità di trattamento tra gli offerenti, ingiustizia manifesta e carenza assoluta di motivazione, nonché violazione dei principi di imparzialità dell’azione amministrativa". In subordine, i deducenti affermano che sarebbero erronei e viziati alcuni degli apprezzamenti espressi sulle offerte tecniche dalla Commissione di gara, la quale avrebbe sopravvalutato la soluzione dell’A.T.I. capeggiata da L. e, all’opposto, sottovalutato il progetto presentato dai ricorrenti.

4. Con il ricorso è stata presentata istanza di risarcimento del danno in forma specifica, con aggiudicazione dell’appalto a favore degli istanti, previo annullamento di quella impugnata e, in caso di impossibilità, per equivalente, per il mancato conseguimento dell’utile d’impresa nonché per la perdita di chance, per il danno curriculare e per le spese sostenute per la presentazione dell’offerta.

I ricorrenti hanno altresì chiesto, in via cautelare, la sospensione dei provvedimenti impugnati.

5. La Provincia autonoma di Trento si è costituita in giudizio, eccependo in rito l’inammissibilità del ricorso e chiedendone la reiezione nel merito perché infondato.

6. Nei termini di rito si è costituita in giudizio la controinteressata L.A. S.r.l., in proprio e in qualità di mandataria di costituenda A.T.I., anch’essa presentando sia l’eccezione in rito sull’inammissibilità dell’atto introduttivo che conclusioni per la sua reiezione nel merito.

7. Con ordinanza n. 144, adottata nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2010, la domanda incidentale di misura cautelare è stata respinta.

8. In vista dell’udienza di merito le parti costituite hanno depositato ulteriore documentazione e memorie conclusionali.

9. Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame le imprese S.E.A., I., C.L.M., E. S.E.A. e l’ing. A.S., riuniti nell’A.T.I. risultata seconda classificata nella graduatoria definitiva delle offerte presentate per la realizzazione, presso il depuratore di Lavis, di un impianto di pretrattamento dei percolati, al servizio delle discariche dei rifiuti urbani della Provincia di Trento, hanno impugnato gli atti della gara, da un lato lamentando la mancata esclusione dell’A.T.I. capeggiata dalla società L.A., risultata vincitrice e, dall’altro, deducendo tutta una serie di errori commessi dalla Commissione tecnica nella valutazione delle diverse proposte progettuali, con la conseguente fallace attribuzione ad essi dei relativi punteggi.

2a. L’eccezione opposta sia dall’Amministrazione intimata che dall’impresa controinteressata per contestare l’ammissibilità del ricorso, il quale sarebbe diretto ad ottenere una pronuncia giudiziale volta a sostituire valutazioni tecnico discrezionali della Commissione tecnica di gara, è infondata.

2b. Invero, il Collegio osserva che, pur presentandosi il ricorso essenzialmente incentrato su profili di carattere tecnico delle offerte, esso è volto a censurare l’operato della Commissione di gara che non avrebbe adeguatamente analizzato e valutato quei profili.

Ora, è pacifico che, in sede di giudizio di legittimità, è preclusa al giudice amministrativo la diretta valutazione del come, con quali strumenti e secondo quali regole extra giuridiche l’ interesse pubblico venga concretamente perseguito dall’atto impugnato, ossia il merito dell’atto amministrativo.

Accanto all’area del merito si pone, invece, quella in cui si esercita la cosiddetta "discrezionalità tecnica", che ricorre quando l’Amministrazione, per provvedere su un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta. Propriamente, quindi, non si tratta di attività discrezionale, in quanto non comporta alcuna scelta finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico, bensì di un’attività applicativa di una materia, di un settore specialistico.

2c. Un preciso orientamento giurisprudenziale sul tema all’esame è stato offerto da tempo risalente dal Consiglio di Stato, quando ha affermato che, se "è ragionevole l’esistenza di una riserva di amministrazione in ordine al merito amministrativo, elemento specializzante della funzione amministrativa", non lo può essere "anche in ordine all’apprezzamento dei presupposti di fatto del provvedimento amministrativo, elemento attinente ai requisiti di legittimità e di cui è ragionevole, invece, la sindacabilità giurisdizionale. Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi, allora, in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo. Non è, quindi, l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice, ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento applicativo" (cfr. sez. IV, 9.4.1999, n. 601).

In altri termini, le valutazioni tecniche compiute dalla P.a., anche quando riferite ai c.d. " concetti giuridici indeterminati ", devono poter essere sottoposte – onde garantire tutela giurisdizionale effettiva – ad un controllo intrinseco, potendosi avvalere il giudice anche di regole e conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’Amministrazione (cfr., C.d.S., sez. VI, 8.2.2008, n. 424).

2d. Nella materia dell’analisi della parte tecnica delle offerte dei concorrenti che partecipano ad una pubblica gara, il sindacato del giudice amministrativo può dunque svolgersi:

– sia con il controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dalla stazione appaltante nell’esprimere le valutazioni; per questo profilo, la giurisprudenza amministrativa ritiene che in sede di valutazione comparativa delle offerte, il giudizio di discrezionalità tecnica, caratterizzato dalla complessità delle discipline specialistiche di riferimento e dalla opinabilità dell’esito della valutazione, sfugge al sindacato del giudice in mancanza di indici sintomatici esterni (difetto di motivazione, illogicità, erroneità dei presupposti, ecc.) (cfr., ex multis, C.d.S., sez. V, 1.10.2010, n. 7262);

– intrinsecamente, pur senza impingere nel merito delle scelte dell’Amministrazione, anche attraverso la verifica diretta – eventualmente tramite l’ausilio di un C.T.U. – dell’attendibilità di dette operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto ai criteri tecnici applicati.

In sintesi, il giudice amministrativo, ben può e deve sottoporre ad analisi, anche con l’apporto di elementi documentali esterni ovvero di una consulenza tecnica, il procedimento seguito dalla Pubblica amministrazione ed i relativi esiti valutativi, per verificare se siano ravvisabili elementi sintomatici della sussistenza di uno dei tre vizi di legittimità formale e sostanziale (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere) che della discrezionalità, amministrativa o tecnica, costituiscono il limite (cfr., da ultimo, C.d.S., sez. V, 18.11.2010, n. 8091).

2e. In altri termini, quindi, a questo giudice compete la verifica della correttezza del procedimento valutativo seguito dalla Commissione di gara, sindacando le modalità ed i percorsi logici attraverso i quali la stessa è pervenuta alle contestate conclusioni.

In proposito, il Collegio rileva che la copiosa documentazione depositata agli atti di causa è completa e sufficiente ai fini della decisione, senza che occorra il supporto della consulenza di un C.T.U. come richiesto dai ricorrenti nella memoria depositata l’8 marzo 2011.

3a. Acclarata quindi l’ammissibilità dell’impugnativa in esame, il Collegio può ora passare all’esame del merito il quale, tuttavia, non è fondato.

3b. Con il primo mezzo dell’atto introduttivo la ricorrente ha sostenuto che l’offerta tecnica presentata dell’A.T.I. capeggiata da L.A. non avrebbe dovuto essere ammessa alla gara non rispettando essa le prescrizioni contenute nelle clausole tecniche per la partecipazione all’appalto concorso. Segnatamente, sarebbe stata carente la capacità depurativa dell’impianto proposto con l’utilizzazione del processo DEMON, perché il valore del quantitativo di manganese risultante nel percolato pretrattato sarebbe pari a 145 mg/l, quindi superiore ai limiti di legge fissati in 2 mg/l. Inoltre, detto processo richiederebbe per il suo funzionamento una temperatura normale di 25 gradi, che sarebbe incompatibile con le prescrizioni imposte dalla Provincia, che aveva indicato due temperature per il dimensionamento dell’impianto: 8 gradi per l’affinamento del refluo e 15 gradi per l’abbattimento dell’azoto.

3c. Il motivo è infondato.

Nel verbale di gara n. 7 del 2 luglio 2010 la Commissione aveva premesso che "tutte la proposte tecniche avanzate presentano elementi di rilievo tecnico per la razionalità delle impostazione proposte, per la qualità dei materiali generalmente elevata, per l’affidabilità dei materiali proposti". I requisiti minimi stabiliti dalle specifiche tecniche di gara erano dunque presenti in tutte le proposte esaminate, alcune delle quali, fra cui quelle delle parti interessate nella presente vertenza, presentavano aspetti innovativi: tutte, in definitiva, sono state oggetto di debito approfondimento.

Su questo punto, si rileva che nella seduta del 4 giugno 2010 (verbale n. 4) i componenti della Commissione avevano deciso di condurre "ulteriori e particolari approfondimenti su alcuni temi specifici… quali la funzionalità dei comparti di trattamento chimico – fisico in ordine alla diverse scelte di collocazione, in testa o in coda alla filiera depurativa", ed anche con riguardo "al processo depurativo denominato DEMON con capogruppo L. e all’impiego di membrane di tipo ceramico contenute nell’offerta dell’A.T.I. con capogruppo S.E.A.".

Nella seduta del 2 luglio 2010 la Commissione ha quindi osservato che tutte le proposte impiantistiche presentavano "un’impostazione simile", basata su di una "filiera che parte dalla fase di grigliatura ed accumulo, passa per la predisposizione di volumi dedicati ai processi di denitrificazione – ossidazione, prosegue con una fase di filtrazione a membrana e si conclude con un processo di affinamento del refluo mediante trattamento chimico – fisico che alcune soluzioni preferiscono adottare in testa all’intero processo".

In quest’ultima fattispecie rientra la soluzione proposta dall’impianto della L., ove il "trattamento chimico – fisico è stato collocato a monte del trattamento biologico… perché la soluzione adottata consente di liberare da subito il processo biologico dalla presenza di metalli pesanti, migliorando conseguentemente la qualità dei fanghi e… comportando un beneficio per il comparto terminale delle membrane". Tuttavia il puntuale esame operato dalla Commissione ha rilevato anche un elemento di criticità, ossia la presenza di un residuo di manganese, pari a 145 g/mc, intuibilmente per l’utilizzo del permanganato nel procedimento reattivo.

Tale precisazione tecnica deve dunque essere correttamente riferita non alla capacità depurativa finale dell’impianto ma al risultato di un punto intermedio del complesso e progressivo sistema di pretrattamento. Tanto, peraltro, sembra essere stato successivamente percepito anche da parte ricorrente, visto che nella memoria datata 8 marzo 2011 riconosce l’esistenza di un successivo comparto di membrane filtranti a completamento della filiera depurativa.

Peraltro, è ulteriormente da osservare che, la presenza di manganese in quantità superiore ai limiti normativamente previsti in uno stadio intermedio del complesso procedimento depurativo (in una fase "endoprocedimentale" per utilizzare un linguaggio consono a questa sede), è stato rilevato dalla Commissione come un fattore di criticità, e conseguentemente valutato ai fini dell’attribuzione del punteggio, ma non poteva certo essere addotto a causa di esclusione dell’offerta in quanto, come già detto, la normativa richiamata dalle specifiche tecniche ( D.Lgs. 3.4.2006, n. 152) impone il rispetto dei limiti di emissione per gli scarichi al momento della loro uscita dall’intero processo di trattamento depurativo.

3d. Quanto alla seconda parte del primo mezzo, si osserva innanzitutto che le clausole tecniche per la partecipazione all’appalto concorso, nonché la risposta n. 1 ai quesiti dei partecipanti datata 31.3.2010, avevano indicato come parametri da prendere a riferimento per il dimensionamento dell’impianto due valori di temperatura: 8 gradi per il comparto finale di affinamento del refluo (MBR) e 15 gradi per il comparto di abbattimento dell’azoto.

Nel progetto presentato dall’A.T.I. L., C. e E. la Commissione ha verificato il rispetto di tali parametri di dimensionamento, come è facilmente evincibile dalla tabella 16 (dati di input ed output del dimensionamento del comparto MBR per il post trattamento dell’effluente dal DEMON) a pag. 43 dell’elaborato progettuale (cfr., documenti n. 23 in atti dell’Amministrazione e n. 2 della controinteressata).

Approfondendo ulteriormente la conoscenza di detta proposta progettuale (nel verbale n. 7 si legge esattamente "analisi approfondite condotte dalla Commissione"), è stato accertato, da un lato che il sistema DEMON consente un risparmio energetico per la forte riduzione dell’immissione di ossigeno richiesto nonché di carbonio esogeno di substrato ma, sotto altro profilo, un elemento di criticità del processo, perché le condizioni ottimali di funzionamento si verificano con reflui a temperature superiori (tra 25 e 30 gradi) rispetto a quelle prese a riferimento nel bando di gara. La Commissione ha così ritenuto che il rendimento depurativo a basse temperature "potrebbe essere" più contenuto di quello massimo, ovvero "parzialmente inibito".

Ciò, tuttavia, non significa che la Commissione abbia asserito la "palese insufficienza dell’impianto" come affermano i ricorrenti. Invero, la specifica e delimitata criticità rilevata si traduce in un eventuale problema di rendimento del processo depurativo, non di funzionalità dell’impianto, cosicché l’articolata motivazione espressa per l’offerta L. al parametro "funzionalità del sistema" giustifica il contenuto punteggio attribuito ad essa, 7 su 14, ossia la metà dei punti disponibili.

4a. La restante parte del primo motivo, volta a contestare altre valutazioni espresse dalla Commissione di gara sull’offerta L. al parametro "funzionalità del sistema" che avrebbero condotto a sopravvalutare quella proposta progettuale, cosi come la parte del secondo mezzo nella quale la si compara con il punteggio ottenuto dal progetto presentato da una terza concorrente – l’A.T.I. con capogruppo l’impresa Ravagnan, non evocata in giudizio – devono essere dichiarate inammissibili per carenza di interesse, posto che l’A.T.I. ricorrente ha ottenuto per l’uguale parametro una valutazione ben superiore, pari a 9,8 punti, rispetto ai 7 ricevuti sia dalla controinteressata che dalla nominata altra offerente.

4b. Dette doglianze sono comunque inammissibili perché dirette a mettere in discussione la concreta valutazione dell’offerta tecnica come svolta dall’Amministrazione appaltante: esse esplicitamente impingono nel merito dell’opinabilità dell’apprezzamento della p.a. e, pertanto, si sottraggono al sindacato di questo giudice (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 8.3.2011, n. 1464).

5a. Il secondo motivo di ricorso, prospettato in via subordinata, con il quale i deducenti affermano che sarebbero erronei e viziati alcuni degli apprezzamenti espressi sulle offerte tecniche dalla Commissione di gara, la quale avrebbe sopravvalutato la soluzione dell’A.T.I. L. e, all’opposto, sottovalutato il progetto da essi presentato, è anch’esso infondato.

5b. Con riferimento al parametro "occupazione di superficie", volto a premiare la minor superficie utilizzata, i ricorrenti sostengono che la superficie realmente occupata dall’impianto della controinteressata sarebbe pari a 709,8 mq., anziché ai 705 mq. valutati dalla Commissione, che ha attribuito alla relativa offerta 10,8 punti. L’offerta L. avrebbe anche previsto l’occupazione di ulteriori spazi interni ai locali esistenti, metodologia non utilizzata dai ricorrenti: la Commissione non avrebbe dunque valutato tale differenza ai fini dell’attribuzione dei punteggi. Infine, il punteggio attribuito ai ricorrenti, 9,6 punti per un’occupazione di superficie di 730 mq., non sarebbe proporzionato con quello assegnato all’aggiudicataria.

Le censura, per come prospettata, non è meritevole di pregio, posto che la Commissione dapprima ha dato atto che, in relazione ad alcune soluzioni tecniche che dislocavano macchinari dentro gli edifici esistenti, aveva provveduto sia a "ricalcolare le superfici effettivamente utilizzate", sia a "attribuire i punteggi… per classi di metrature", al fine di evitare che minime differenze comportassero variazioni consistenti o comunque significative di punteggio.

È facilmente evincibile dallo stesso verbale n. 7 che sono state individuate 4 fasce, nelle quali sono state classificate 6 diverse offerte che presentavano un’occupazione minima di 670 mq. (alla quale è stato riconosciuto il punteggio più alto, 12 punti) ad un’occupazione massima di 800 mq. (alla quale è stato applicato il coefficiente minore, 0,7, il che ha determinato un punteggio di 8,4 punti). Tale procedura classificatoria ha conseguentemente comportato che la metratura proposta dall’A.T.I. L. (705 o 709,8 mq.) e quella dell’A.T.I. S.E.A. (730 mq.) fossero ricondotte in due classi diverse e che la diversità si sia numericamente tradotta in una differenza di punteggio poco significativa in termini assoluti (10,8 contro 9,6) ma che rappresenta adeguatamente e convincentemente l’oggettiva diversità delle due proposte dimensionali.

L’operato della Commissione non presenta dunque evidenti illogicità ed incoerenze nella procedura valutativa e, di conseguenza, questa parte del secondo motivo deve essere disattesa.

5c. Per quanto concerne il parametro "minimizzazione dei consumi energetici", il Collegio osserva che il relativo punteggio è stato stabilito in base a quanto disposto dall’art. 4 delle clausole tecniche per la partecipazione all’appalto, ovverosia in base ai kWh consumati a fronte dei mc. trattati.

In applicazione della riportata disposizione, dal verbale n. 7 si ricava che la Commissione ha utilizzato i dati del consumo energetico esposti dai concorrenti sulla base dei consumi dei macchinari dichiarati, che li ha "normalizzati" sulla base di una portata di 300 mc./giorno; conseguentemente ha assegnato 10,1 punti all’offerta della controinteressata e 5,3 punti a quella degli istanti.

In questo preciso quadro stabilito dalla normativa di gara sono dunque del tutto eccentriche, a parte restando la loro intempestività, le censure contenute in ricorso con le quali si segnala che i consumi energetici si sarebbe dovuti valutare, più correttamente, non solo in funzione della portata trattata ma anche in base all’inquinamento effettivamente rimosso.

Ne deriva che alcun errore valutativo è stato compiuto dalla Commissione di gara.

5d. Infine, occorre disattendere anche l’ultima censura prospettata, concernente la valutazione del parametro "programma dei lavori".

Su questo punto si osserva che la Commissione ha attribuito 10 punti all’offerta dell’A.T.I. L., il cui cronoprogramma dei lavori aveva indicato 270 giorni e che è stato ritenuto compatibile con la relativa offerta tecnica. All’offerta dell’A.T.I. ricorrente sono stati invece assegnati 7 punti, a fronte di un cronoprogramma articolato su 330 giorni, anch’esso ritenuto congruo e complessivamente compatibile con ampi margini di manovra.

Le doglianze in ricorso sostengono che le due offerte non sarebbero però comparabili, posto che la corretta esegesi della normativa di gara imporrebbe di valutare nella tempistica richiesta non solo il completamento dell’opera appaltata ma anche la sua immediata utilizzabilità. Sulla base di quest’interpretazione, si segnala che l’A.T.I. ricorrente avrebbe presentato una programmazione che tiene conto anche delle tre settimane richieste per consentite la piena utilizzabilità dell’impianto, mentre la controinteressata avrebbe conteggiato i soli tempi necessari per il completamento della struttura senza calcolare il lasso temporale indispensabile per attivare il processo DEMON.

La difesa della controinteressata smentisce fermamente tale lettura della documentazione di gara, asserendo che la fase di acclimatazione dell’inoculo può essere effettuata anche prima dell’ultimazione dei lavori.

Peraltro, nei termini suddetti – posto che la sottrazione di 21 giorni dal cronoprogramma dei ricorrenti attesterebbe la loro offerta a 309 giorni, con la conseguente attribuzione di 8 punti anziché di 7 (coefficiente 0,8 anziché 0,7) – questa parte del secondo motivo deve essere però dichiarata inammissibile per difetto di un concreto ed utile interesse in capo agli istanti in quanto, in applicazione dei principi relativi alla cosiddetta "prova di resistenza’, l’eliminazione della lamentata illegittimità non determinerebbe alcuna modifica a loro favore nel punteggio complessivo di gara.

6a. In conclusione, i provvedimenti impugnati resistono alle censure dedotte dai ricorrenti, per cui il ricorso deve essere respinto, congiuntamente all’avanzata domanda di risarcimento del danno.

Con l’ultima memoria depositata, in considerazione che il 21 febbraio 2011 è stato stipulato il contratto d’appalto (cfr., allegato alla memoria del 3.3.2001 della controinteressata), è stato infatti richiesto il risarcimento del danno per equivalente, evidenziato nel ristoro dei pregiudizi patiti dai ricorrenti.

Nondimeno, all’infondatezza dei motivi di ricorso consegue l’inaccoglibilità della domanda di risarcimento danni non essendo stato dimostrato il nesso di causalità tra i danni lamentati dai ricorrenti e l’attività dell’Amministrazione, considerato che l’illegittimità del provvedimento impugnato è, comunque, condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per accordare il risarcimento del danno, sicché l’infondatezza della domanda di annullamento comporta inevitabilmente il rigetto di quella risarcitoria (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 15.10.2010, n. 7525).

6b. Le spese seguono la soccombenza e devono essere poste a carico della parte ricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 222 del 2010, lo respinge.

Condanna, in solido, le società ricorrenti a corrispondere la somma di Euro 3.000,00 (tremila), oltre al 12,5% a titolo di spese generali, a favore della Provincia autonoma di Trento, e la somma di Euro 3.000,00 (tremila), (di cui Euro 2.500,00 per onorari ed Euro 500,00 per diritti), oltre a I.V.A., C.N.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti a titolo di spese generali, a favore della controinteressata L.A. S.r.l.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *