Cons. Stato Sez. V, Sent., 11-04-2011, n. 2227 concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Le appellate in epigrafe partecipavano, in qualità di parti dell’omonima costituenda ATI, ed in concorrenza con l’ATI composta da H. S.r.l., A. M. di N. R. ed E. S.r.l., alla procedura aperta indetta dalla Regione Campania per l’affidamento triennale del servizio di perlustrazione ed avvistamento per la prevenzione degli incendi boschivi.

Con verbale della commissione giudicatrice del 15 giugno 2009, nel quale veniva richiamato il verbale interlocutorio del precedente giorno 3, le medesime appellate venivano escluse dalla procedura per irregolarità nel confezionamento del plico di gara.

Successivamente, con verbale della commissione del 22 giugno 2009 veniva esclusa dalla gara anche l’ATI concorrente, con atto che sarebbe rimasto inoppugnato.

Le appellate, riammesse momentaneamente in gara a seguito di favorevole ordinanza cautelare del T.A.R. per la Campania n. 1717/2009, ne venivano tuttavia nuovamente escluse, con verbale della commissione del 21 luglio 2009, per incompletezza dell’istanza di partecipazione, e altresì per la ragione che dalla certificazione della Camera di Commercio l’attività esercitata non sarebbe risultata conforme a quella oggetto di gara.

La procedura finiva quindi deserta, stante la già avvenuta esclusione definitiva dell’ATI H..

Con il loro gravame di prime cure, integrato da motivi aggiunti, le attuali appellate impugnavano quindi, in sintesi, entrambi i provvedimenti di esclusione assunti dalla commissione nei loro riguardi con i citati verbali, deducendo vizi propri inerenti alla violazione di legge, della lexspecialis e del favor partecipationis, e all’eccesso di potere sotto svariati profili; in subordine, le ricorrenti denunciavano vizi di invalidità derivata promananti dalla pretesa illegittimità delle clausole del disciplinare di gara applicate nello specifico, delle quali parimenti domandavano l’annullamento.

La Regione Campania, costituitasi in giudizio, concludeva per l’integrale reiezione del ricorso.

La H. S.r.l., anch’essa costituita dinanzi al T.A.R., eccepiva la tardività e l’infondatezza del gravame, e, in via subordinata, la carenza, in capo all’ATI E./I., di un requisito di partecipazione che ne avrebbe imposto l’esclusione.

Il T.A.R. per la Campania con la sentenza in epigrafe accoglieva il ricorso, e annullava i due provvedimenti di esclusione di cui ai verbali del 15 giugno 2009 e del 21 luglio 2009, nonché le presupposte clausole del disciplinare di cui all’art. 8, punti 6, 7 e 10, nella parte in cui contemplavano l’esclusione delle concorrenti per la mancata indicazione del numero di telefono e di fax, nonché della ditta designata quale mandataria.

Avverso tale sentenza è quindi insorta la Regione Campania con la proposizione del presente appello, affidato ai seguenti motivi d’impugnazione;

1) Error in judicando. Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità e dei principi in materia di sindacato della discrezionalità amministrativa; carenza ed illogicità della motivazione;

2) Error in judicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 118, comma 2, del codice dei contratti pubblici; carenza di motivazione.

Resistevano al gravame gli originari ricorrenti, che ne deducevano l’infondatezza e concludevano per la sua reiezione.

Alla pubblica udienza del 1° febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è fondato.

1 I due provvedimenti di esclusione impugnati in prime cure poggiano, rispettivamente, sulle seguenti motivazioni: "(…)il plico dell’ATI E./I. presentava le seguenti irregolarità: sull’esterno del plico non venivano riportati i numeri di telefono e di fax, così come era previsto, a pena d’esclusione, dall’art. 8 punto 6 del disciplinare di gara; sull’esterno del plico erano riportati i nominativi delle due imprese componenti l’ATI senza, però, indicare quale di esse fosse la mandataria, così come era previsto, dall’art. 8 punto 7 del disciplinare di gara" (verbale del 15 giugno 2009);

"1. l’offerta di partecipazione risulta incompleta, in quanto non è garantita la copertura del servizio. Infatti, le società raggruppate, non possedendo in toto i requisiti richiesti, dichiarano di avvalersi e di subappaltare la parte di servizio svolta a mezzo aereo. Come risulta dall’art. 4 del "contratto di subappalto e messa a disposizione dei requisiti di partecipazione alla gara d’appalto", le prestazioni affidate in subappalto (e di cui l’ATI si avvale) non superano il 30% dell’importo dell’appalto, in linea con le previsioni del codice dei contratti (art. 118) e del capitolato (art. 19). Orbene, il 30% del servizio totale (800 ore di volo) è costituito da 240 ore, mentre il servizio svolto a mezzo aereo è di 300 ore, per cui risultano scoperte le 60 ore di differenza, che non potranno essere effettuate dalle società raggruppate, perché carenti di requisiti e dei mezzi; 2. i certificati di iscrizione alla Camera di Commercio di entrambe le società costituenti l’ATI non rispondono a quanto richiesto dall’art. 9, lettera J del Disciplinare di gara, in quanto dagli stessi non risulta che l’attività esercitata sia conforme a quella oggetto di gara." (verbale del 21 luglio 2009).

Partendo dalla considerazione di quest’ultima ragione di esclusione, va dato atto che il T.A.R. ha giudicato smentito dalle certificazioni camerali agli atti il rilievo, mosso dalla stazione appaltante, della non conformità dell’attività esercitata a quella oggetto di gara, e quindi reputato insussistente il relativo motivo di esclusione. La Regione, dal canto suo, non ha esteso il proprio appello a tale profilo, onde il punto non forma oggetto del presente giudizio, essendosi già formata, in proposito, la cosa giudicata.

Restano da esaminare le prime due ragioni di esclusione.

2. Procedendo con ordine, si ricorda come, secondo l’avviso del primo giudice, le carenze riscontrate nella presentazione del plico di gara non potevano non comportare l’esclusione dalla procedura, attesa l’univoca formulazione della clausola dell’art. 6, punto 10, del disciplinare. Questa, invero, con formula onnicomprensiva e di chiusura, colpiva con la sanzione espulsiva ogni inosservanza delle modalità di presentazione e confezionamento delle buste con le prescritte diciture, tra cui rientravano a pieno titolo anche quelle omesse dalle ricorrenti.

Il Tribunale ha tuttavia accolto la censura di eccesso di potere che era stata formulata, in via subordinata, direttamente avverso le clausole del disciplinare di cui all’art. 8, punti 6, 7 e 10, nella parte in cui contemplavano l’esclusione dei concorrenti anche in caso di mancata indicazione sul plico del numero di telefono e di fax dell’offerente, oppure della ditta designata quale mandataria.

Il T.A.R. ha ritenuto, infatti, di condividere la prospettazione attorea secondo la quale, nelle ipotesi di esclusione previste dalle clausole in esame, non sarebbe stata ravvisabile coerenza con l’interesse pubblico perseguito, costituito dalla necessità di identificare il soggetto che si proponeva come interlocutore dell’Amministrazione.

Questi, in dettaglio, gli argomenti svolti in proposito dal primo giudice.

"È ben vero che la stazione appaltante, nell’esercizio del suo potere discrezionale, può inserire nella lex specialis di gara clausole escludenti, recanti adempimenti formali, più restrittive di quelle imposte dalla legge o dal rispetto dei principi generali dell’evidenza pubblica, tuttavia non deve introdurre oneri sproporzionati rispetto alle esigenze pubblicistiche da tutelare o connotati da evidente arbitrarietà, in modo da rendere ingiustificatamente gravoso il percorso partecipativo delle imprese concorrenti (cfr. in tal senso Consiglio di Stato Sez. V, 15 febbraio 2007 n. 647).

Tale è l’anomalia verificatasi nel caso specifico, dal momento che, a fronte dell’espressa clausola escludente, l’omessa emarginazione sul plico di gara del recapito telefonico e di fax, nonché della ditta prescelta quale mandataria, pur potendo rendere meno spedita la successiva attività di comunicazione dell’ente appaltante, certamente non influisce sulla corretta identificazione del soggetto o dei soggetti proponenti, traibile dall’ordinaria intestazione della busta fatta a cura del mittente; tra l’altro, l’amministrazione sarebbe comunque in grado di recuperare i dati mancanti dalla consultazione dei comuni elenchi telefonici e, con riferimento alla mandataria designata, dal semplice spoglio della documentazione amministrativa prodotta in sede concorsuale, senza che per questo risultino intaccati i fondamentali canoni di trasparenza e par condicio.

È palese, pertanto, la contrarietà della sanzione espulsiva con il principio di proporzionalità, che rende illegittime in parte qua le clausole del disciplinare quivi scrutinate e, per invalidità derivata, illegittimo il provvedimento di esclusione adottato con il verbale n. 2 del 15 giugno 2009".

In critica a tale impostazione la Regione appellante ha svolto il proprio primo motivo di appello, con il quale contesta che gli oneri in discussione fossero sproporzionati, e rimarca la circostanza che il loro adempimento non fosse gravoso.

L’appello per questa parte è infondato.

Pur non potendosi negare che l’Amministrazione sia titolare di un ampio potere discrezionale di inserire in un bando di gara tutte le disposizioni ritenute più opportune, più idonee e adeguate per l’effettivo raggiungimento dello scopo avuto di mira con la selezione ad evidenza pubblica indetta, il concreto esercizio di tale potere discrezionale deve essere, però, logicamente coerente con l’interesse pubblico perseguito, nel senso che le predette disposizioni discrezionali non devono essere né apparire illogiche, arbitrarie, inutili o superflue (in termini, Consiglio Stato, IV, 25 agosto 2003, n. 4787).

L’amministrazione appaltante ben può, cioè, prevedere nel bando di gara prescrizioni e adempimenti, a carico delle imprese partecipanti, ulteriori rispetto a quelli previsti dalle leggi, nonché strumenti di prova diversi da quelli contemplati da tali norme, ma con il limite del rispetto della "par condicio" e, soprattutto, della pertinenza e congruità rispetto allo scopo perseguito (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, 9 giugno 1998, n. 339; C.d.S., IV, n. 4572 del 2001 e n. 1619 del 1998).

Tanto premesso, è agevole osservare come le prescrizioni che formano oggetto di contestazione non possano trarre giustificazione dall’esigenza di garantire la compiuta identificazione del soggetto offerente. Tale fondamentale necessità sarebbe stata invero soddisfatta attraverso i contenuti del plico, e segnatamente con la documentazione amministrativa che alle singole ditte era richiesto di produrre in sede concorsuale.

La ratio delle prescrizioni in discorso era di spessore assai più modesto, attenendo solo all’utilità per l’Amministrazione di conoscere con comodità, a beneficio della speditezza della propria azione, sin dal momento della prima convocazione, le modalità di comunicazione da adoperare nei riguardi delle imprese partecipanti alla gara.

Al fine di inquadrare nelle sue effettive proporzioni l’omissione ascritta alle appellate, si rileva peraltro essere incontestato che, nonostante questa, la parte offerente è stata convocata dagli uffici per le prime due sedute con convocazione effettuata via fax alla designanda mandataria E., senza che sia emersa alcuna evidenza di qualsivoglia disagio in ciò incontrato dall’Amministrazione. Il che conferma l’agevole reperibilità del relativo numero telefonico, e così l’assenza -già ampiamente prevedibile- di qualsiasi pregiudizio per l’interesse pubblico.

La Sezione, pertanto, avuto riguardo alla molteplicità degli adempimenti imposti attraverso le prescrizioni di cui si tratta, al loro carattere puramente formale, e soprattutto al ben ridotto spessore dell’utilità pubblica con essi perseguita (stante l’assai modesto numero di possibili partecipanti alla gara), ritiene di poter concludere che nella specificità del caso concreto la corrispondente comminatoria di esclusione fosse effettivamente sproporzionata e quindi incongrua, come correttamente ritenuto dal primo giudice.

3 Il T.A.R. ha però reputato fondati anche i motivi di travisamento dei fatti e di erronea interpretazione delle norme di legge e del capitolato che sono stati rivolti contro il secondo provvedimento di esclusione, nella parte in cui giustificato, in sintesi, con la mancata copertura del servizio per insufficienza delle ore di volo affidate in subappalto.

Sotto questo profilo l’appello della Regione Campania merita accoglimento.

3a L’art. 19 del capitolato, in ossequio all’art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, prescriveva che "la quota subappaltabile non potrà essere superiore al 30% dell’importo complessivo del contratto".

Si ricorda che le società componenti l’ATI E./I. erano prive dei requisiti e dei mezzi occorrenti alla diretta assicurazione del servizio di perlustrazione e avvistamento a mezzo di aeromobili.

Si rammenta, altresì, che l’importo annuo dell’appalto ammontava ad euro 344.000; che la conseguente quota subappaltabile annua non poteva eccedere il limite di euro 103.200 (il 30 % del primo importo); che il corrispettivo dedotto in appalto per le previste 300 ore di volo con aeromobile era di euro 129.000 (e quindi sensibilmente superiore alla soglia appena indicata); che, infine, il corrispettivo pattuito in sede di subappalto per la stessa prestazione era stato, invece, di euro 103.200 (e quindi non superava, in se stesso, la soglia).

Tanto premesso, si riportano qui di seguito le considerazioni svolte in merito dal primo giudice.

"Ne deriva, come correttamente sostenuto dalla difesa attorea, che la stazione appaltante, nel calcolare la soglia massima per la concessione dell’attività in subappalto, doveva tenere conto, in via esclusiva, dell’importo complessivo dell’appalto e non del numero di ore di volo, atteso che queste ultime potevano ricevere, nel contratto di subappalto, una retribuzione diversa ed inferiore a quella prevista nella disciplina di gara per l’attività svolta dalla ditta affidataria del servizio.

Tale è l’evenienza occorsa nel caso di specie, in quanto è pacifico che il contratto di subappalto esibito in sede di gara (vd. produzione di parte ricorrente) recasse all’art. 8 una decurtazione dei corrispettivi pari al 20% del prezzo di aggiudicazione del servizio.

Pertanto, essendo incontestato che, ai sensi dell’art. 4 del citato contratto, le prestazioni subappaltate non potevano comunque essere retribuite in misura superiore al 30% dell’importo complessivo del contratto di appalto, conformemente all’art. 19 del capitolato, perde ogni consistenza il sostrato argomentativo su cui si fonda il presente motivo di esclusione.

Né è possibile sostenere, come opina la difesa della controinteressata, che "posto che il costo presunto per ora di volo stabilito dalla lex specialis è unico sia per gli aeromobili ad ala rotante sia per il velivolo ad ala fissa, appare dunque assolutamente indifferente ragionare in termini di costi e/o di ore volate nel calcolo del 30% passibile di subappalto", poiché tale assunto sottintende, in maniera erronea, che il prezzo delle ore di volo rimanga invariato anche in caso di subappalto.

Né, infine, è condivisibile la tesi della difesa regionale, secondo la quale la percentuale del 30% andrebbe calcolata con riguardo all’intero importo del contratto, senza che da esso venga decurtato il 20% (avendo rilevanza meramente interna la decurtazione dei corrispettivi di cui all’art. 8 del contratto di subappalto), giacché in tal caso la stazione appaltante dovrebbe tenere conto, per verificare il rispetto della soglia del 30%, di un importo contrattuale determinato fittiziamente, in contrasto con le previsioni di legge e di capitolato, che richiedono invece il riferimento all’effettivo importo del subappalto."

3b Questa impostazione non può essere condivisa.

Secondo l’avviso del Tribunale, come si è appena visto, la stazione appaltante, per verificare il rispetto del limite posto alla subappaltabilità, avrebbe dovuto tenere conto dell’importo dell’appalto, piuttosto che ragionare in termini di numero delle ore di volo, in quanto queste ultime avrebbero potuto ricevere, nell’economia del contratto di subappalto, una remunerazione anche inferiore a quella prevista in sede di gara per l’affidatario del servizio. E nel caso concreto le parti del subcontratto avevano appunto pattuito un ribasso del venti per cento sul prezzo di aggiudicazione.

Il perno dell’itinerario logico seguito dal giudice territoriale ruota, pertanto, sul convincimento, adesivo alle tesi della originaria ricorrente, che ai fini dell’accertamento del rispetto della soglia del 30 % per il subappalto doveva tenersi conto del ribasso di corrispettivo concordato nell’ambito del subcontratto.

La Regione ha seguito invece, e sostiene in questo contenzioso, un’interpretazione diametralmente opposta.

Essa, innanzi tutto, muovendo dal dato che il costo previsto per ora di volo era comune agli elicotteri e all’aereo, ha ritenuto che fosse indifferente ragionare in termini di costo o -direttamente- di ore di volo. La Regione, inoltre, è partita dal presupposto (basato sull’art. 4 del subcontratto) che il prospettato subappalto non avrebbe ecceduto il 30 % del corrispettivo dell’appalto, soglia da applicare però, secondo essa Amministrazione, senza tenere conto del ribasso pattuito in sede di subcontratto. Da qui la sua conclusione che una porzione del servizio mediante aeromobile (pari a 60 ore annue) sarebbe risultata eccedente la detta soglia, e perciò priva di qualsiasi copertura contrattuale.

3c La Sezione ritiene che l’interpretazione seguita dagli uffici della Regione non meriti censura, ed il motivo di appello in trattazione debba pertanto trovare accoglimento.

La norma della cui applicazione si tratta pone un limite ex ante. Essa si occupa di stabilire le dimensioni massime della porzione dell’appalto che potrebbe formare oggetto di subappalto. Pone quindi, sì, un limite "di valore", ma solo in quanto occorrente a fissare il volume delle prestazioni subappaltabili.

Il limite in discussione attiene al valore della quota subappaltabile. Logica vuole, quindi, che, per verificare se la relativa soglia sia stata rispettata, debba aversi poi comparativo riguardo al "valore della quota" subappaltata.

Il punto è, però, che quest’ultimo dato si connota come un valore oggettivo e, in un certo senso, astratto, che non va confuso con la prestazione pecuniaria che in concreto sia stata convenuta tra le parti del subappalto. La norma da applicare limita, infatti, la quota subappaltabile, e non il suo corrispettivo pecuniario in concreto pattuito.

In altre parole, non potranno essere subappaltate prestazioni il cui valore oggettivo, desunto dalla procedura d’appalto, superi la soglia stabilita.

La regola limitativa, in quanto espressione di esigenze che trascendono quelle dei singoli operatori, deve invero valere in maniera il più possibile uniforme per tutti i concorrenti della medesima gara. Il suo rispetto non può -essere fatto- dipendere da quanto finiscano di volta in volta compressi i margini per il singolo subappaltatore.

I concorrenti, ed in prospettiva i loro possibili subappaltatori, sono soltanto i destinatari del limite legale da rispettare, che è chiaro e uniforme per tutti: non può perciò accordarsi loro il potere di contribuire, attraverso la misura del ribasso tra loro pattuibile, alla definizione del punto di caduta, nel caso concreto, della regola limitativa cui sono chiamati ad attenersi.

Diversamente, non solo si moltiplicherebbe il pericolo di abusi a carico dei subappaltatori, ma soprattutto verrebbe inciso l’interesse pubblico all’equilibrio dell’economia dell’appalto. Il limite del 30 %, come la presente vicenda insegna, potrebbe infatti con facilità finire oggettivamente superato, poiché le parti del subcontratto verrebbero ammesse a negoziare tra loro una quota dell’appalto di valore superiore a tale soglia. E correlativamente finirebbe inosservato l’obbligo della esecuzione diretta di almeno il 70 % dei lavori della categoria prevalente.

D’altra parte, è del tutto ragionevole che il ribasso negoziato a livello di subappalto rilevi essenzialmente nei relativi rapporti interni. Per l’Amministrazione, invece, esso è in via di principio una res inter alios acta, e anche per questa ragione è comprensibile che non assuma valore sul piano sul quale ci si trova ora, che attiene invece ai rapporti tra stazione appaltante e partecipante alla gara.

Né può dirsi che l’interpretazione risultata preferibile valorizzi "un importo contrattuale determinato fittiziamente", come ha ritenuto il Tribunale. Si tratta pur sempre di un importo reale, che riflette quanto l’Amministrazione corrisponderà per il servizio (o parte di servizio) oggetto di subappalto.

A conferma dell’interpretazione preferibile vale infine porre mente alle previsioni dell’art. 118, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006.

La sequenza disegnata da tale comma vede dapprima il concorrente indicare, all’atto dell’offerta, i lavori, servizi o forniture (o parti di essi) che intenderebbe subappaltare; indi, almeno venti giorni prima dell’effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni, l’affidatario è chiamato ad effettuare il deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante.

L’interpretazione seguita dal T.A.R. costringerebbe ad immaginare la possibilità che un offerente indichi ex ante, come possibile oggetto di subappalto da parte sua, una quota di appalto di valore oggettivo anche in sé superiore al 30 %. Ora, in tutti i casi in cui le condizioni economiche del subappalto non siano state allora ancora pattuite, sia il medesimo offerente che l’Amministrazione si troverebbero per così dire al buio, nell’impossibilità cioè di sapere, non essendo stato ancora concordato l’eventuale ribasso con il subappaltatore, se dandosi seguito all’indicazione fornita exante la soglia prevista dalla legge finirebbe rispettata o meno. Con il che l’imposizione dell’onere di una preventiva dichiarazione dei profili quantitativi del subappalto perderebbe evidentemente almeno una parte del suo senso.

4 L’accoglimento dell’appello della Regione Campania comporta, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto del ricorso di primo grado, e dunque la definitività dell’esclusione dell’ATI appellata.

Si ravvisano ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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