Cons. Stato Sez. V, Sent., 11-04-2011, n. 2220 Aggiudicazione dei lavori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

elega di Rivellino, nonché Naccarato e Lilli;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza del T.A.R. per il Molise n. 128 del 2009, passata in giudicato, veniva annullata l’aggiudicazione all’impresa attuale appellante (di seguito, la P.), all’esito di procedura aperta, del primo lotto funzionale dell’appalto integrato di lavori di restauro e riqualificazione del palazzo Spagnoletti sito in Portocannone, piazza Skandenberg, per la ragione che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere in realtà esclusa dalla gara, per omessa indicazione da parte sua di dati richiesti sotto comminatoria -appunto- espulsiva. La sentenza accoglieva inoltre la domanda risarcitoria avanzata dall’allora ricorrente, Sociatà E. a r.l., dettando i criteri per il risarcimento ad essa dovuto.

A seguito della pronuncia il Comune di Portocannone faceva dapprima pervenire alla società E. (di seguito, la E.), una proposta risarcitoria per equivalente, e indi, sul rifiuto della medesima, che richiedeva invece di poter subentrare nell’esecuzione delle prestazioni in appalto, avviava -sempre in funzione di ottemperanza alla pronuncia giurisdizionale- il procedimento per l’affidamento a tale società della parte residua dei lavori appaltati.

A tal punto insorgeva dinanzi al T.A.R. territoriale la P., per impugnare i seguenti atti: la deliberazione n. 65 del 25.5.2009 con la quale il Comune aveva disposto il subentro di E. nell’esecuzione della parte residua dell’appalto; la nota prot. n. 3701 datata 22.5.2009, con la quale il Comune aveva dato notizia dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990; tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, compresa la stipulazione del contratto.

Con motivi aggiunti del 9.7.2009 la stessa ricorrente impugnava, altresì: l’atto prot. n. 4165 del 16.6.2009, pervenuto in data 20.6.2009, con il quale il responsabile del procedimento le comunicava "la mancata approvazione del progetto esecutivo, con ogni consequenziale riflesso risolutorio del contratto di appalto ai sensi di legge"; ogni atto precedente, presupposto, preordinato, collegato.

Si costituivano in giudizio il Comune e la società controinteressata, deducendo la inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.

Il T.A.R. con la sentenza n. 90 del 2010 respingeva l’impugnativa siccome infondata, ritenendo, in sintesi, che l’Amministrazione non avesse fatto altro che dare esecuzione al giudicato dello stesso Tribunale.

Da qui la proposizione del presente appello, cui analogamente resistevano con apposite memorie Comune e controinteressata.

Alla pubblica udienza del 15 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

1 La Sezione non dubita dell’ammissibilità del ricorso di primo grado dell’attuale appellante. Benché l’aggiudicazione alla P. sia stata annullata sul rilievo che la medesima avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, non si può mettere in dubbio che la sua condizione di appaltatrice in un contratto che si trovava in corso di esecuzione le attribuisca una posizione differenziata e qualificata, che la abilita, dianzi alle determinazioni assunte dall’Amministrazione e disponenti delle sorti dello stesso contratto, a promuovere il relativo sindacato giurisdizionale di legittimità.

Nondimeno, l’appello è infondato.

2a I principali motivi di gravame, i primi tre, sono incentrati sulla presunta erronea lettura, da parte del primo giudice, del giudicato formatosi sulla sentenza del TAR per il Molise n. 128/2009. Da qui l’opportunità di avviare la disamina dei relativi mezzi solo dopo l’esposizione dei contenuti di tale pronuncia.

Il T.A.R., dopo avere accertato l’illegittimità dell’aggiudicazione e riconosciuto l’esistenza in concreto di una fattispecie di danno risarcibile, passando ad occuparsi dei profili attinenti alla quantificazione dello stesso danno ha rilevato quanto segue.

"… il contratto di appalto in questione risulta sottoscritto in data 27 dicembre 2007.

Con ordinanza n. 3337/08 pubblicata il 20 giugno 2008 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha accolto la domanda cautelare proposta dalla ricorrente; con la pubblicazione della predetta ordinanza, poi confermata dal dispositivo di accoglimento del ricorso depositato in data 9.10.2008, sono definitivamente venuti meno gli effetti del contratto di appalto sottoscritto con l’ATI controinteressata in data 27 dicembre 2007 (Cass., I, sentenza 15 aprile 2008, n. 9906).

Ne discende che mentre per la parte residua di durata dell’appalto l’amministrazione, in esecuzione della presente sentenza, potrà disporre il subentro del raggruppamento ricorrente nell’esecuzione dell’appalto integrato, realizzando in tal modo la reintegrazione in forma specifica del pregiudizio subito in conseguenza della illegittima aggiudicazione; al contrario, per la parte già eseguita e, in ogni caso, ove il subentro non sia possibile o sia rifiutato dall’esponente ex art. art. 1181 c.c., il raggruppamento ricorrente avrà diritto all’integrale risarcimento del danno per equivalente, consistente nella mancata percezione del compenso previsto.

In ordine alla quantificazione, ritiene il collegio opportuno fare applicazione dell’art. 35 del d. lgs. 80/1998 e quindi ordinare alla stazione appaltante di presentare al raggruppamento ricorrente una proposta di quantificazione del danno, nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notifica se anteriore,….

La domanda di risarcimento del danno a titolo di perdita di chance dev’essere invece disattesa poiché nel caso di specie l’accoglimento del ricorso non ha comportato l’annullamento della gara ma la sua conservazione con effetti integralmente satisfattivi (in parte in forma specifica, in parte per equivalente) della pretesa sostanziale delle ricorrenti sicché non si pone un problema di accertamento delle chance di aggiudicazione e di tutela di un’aspettativa al conseguimento dell’appalto ormai irrimediabilmente compromessa" (sentenza n. 128/09 cit.).

Il dispositivo in calce a questa motivazione, infine, recava, oltre alla statuizione di annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto, la seguente formula: "dispone sulla domanda risarcitoria ai sensi di cui in motivazione".

2b L’appellante con i suoi primi tre motivi deduce, in sintesi, che la sentenza si sarebbe limitata a disporre l’annullamento dell’aggiudicazione, senza accordare la reintegrazione in forma specifica alla ricorrente allora vittoriosa. La pronuncia non conteneva neppure affermazioni in ordine alla caducazione del contratto: né essa avrebbe potuto farlo, perché statuizioni del genere, si dice, avrebbero esulato dalla sfera della giurisdizione amministrativa (circoscritta, almeno prima del d.lgs. n. 53/2010, alle controversie inerenti alle procedure di affidamento e al risarcimento del danno per equivalente, senza conoscere poteri sugli effetti del contratto di appalto né, di conseguenza, di imposizione della reintegrazione in forma specifica).

Sicché la sentenza oggetto del presente appello, in quanto fondata sull’idea centrale che il Comune, con il disporre il subentro della ricorrente vittoriosa, abbia semplicemente prestato ottemperanza al giudicato, sarebbe basata su un presupposto inesistente.

Per la stessa ragione, sempre secondo l’appellante (quarto mezzo dell’appello), non venendo in rilievo un’attività vincolata di ottemperanza ad un giudicato, il Comune non avrebbe potuto essere esonerato dal rispetto degli obblighi strumentali alla partecipazione al procedimento, ed in particolare dalla necessità di attendere, prima del provvedimento finale, lo spirare dei dieci giorni che erano stati appena concessi alla stessa impresa appellante per la presentazione di osservazioni.

2c Osserva la Sezione che da una piana lettura della sentenza n. 128/09 si evince, tuttavia, che non risponde al vero che la pronuncia si esaurisse nell’annullamento dell’aggiudicazione, senza recare statuizioni in merito alla tutela risarcitoria della ricorrente.

La sentenza, una volta favorevolmente delibata la domanda risarcitoria della E., ed imposto quindi il conseguente obbligo a carico del Comune, pur non sancendo direttamente ed expressisverbis un obbligo di reintegrazione in forma specifica, stabiliva però inequivocabilmente: che dall’annullamento che essa recava scaturiva la possibilità di una reintegrazione in forma specifica nel contratto a favore del ricorrente vittorioso; che tale opzione, se richiesta dall’avente diritto, e non preclusa da ragioni tecniche, sarebbe stata obbligatoria per il Comune.

Si delineava, quindi, una sorta di obbligazione alternativa (tra reintegrazione in forma specifica e risarcimento per equivalente), con facoltà di scelta in capo all’avente diritto, e non già all’Amministrazione debitrice (…potrà disporre il subentro del raggruppamento ricorrente nell’esecuzione dell’appalto integrato, realizzando in tal modo la reintegrazione in forma specifica…; al contrario, per la parte già eseguita e, in ogni caso, ove il subentro non sia possibile o sia rifiutato dall’esponente ex art. art. 1181 c.c., il raggruppamento ricorrente avrà diritto all’integrale risarcimento del danno per equivalente…).

Del resto, la reintegrazione in forma specifica integra una modalità di tutela che non assume carattere eventuale o eccezionale, essendo piuttosto sussidiaria, rispetto ad essa, quella risarcitoria per equivalente, praticabile solo quando quella restitutoria non possa essere conseguita con successo (Cons. St., A.Pl. n. 12 del 2008; IV, n. 2280/2002; n. 6666/2003).

Tutto ciò posto, se si considera che la E., poco dopo, declinata l’offerta dell’Amministrazione di un risarcimento solo per equivalente, aveva chiesto al Comune di procedere all’esecuzione in forma specifica, se ne trae la conferma che a quel punto per l’Amministrazione la disposizione di subentro nell’appalto costituiva effettivamente un atto sotto ogni profilo dovuto in esecuzione del giudicato, giusta la corretta conclusione del primo giudice con la sentenza in epigrafe.

Né potrebbe degradarsi a mero "consiglio" l’indicazione data dal TAR in merito al subentro dell’EDILGEN nell’appalto, come pure adombra l’appellante. Si trattava, infatti, di statuizioni tese (quantomeno) a conformare la condotta dell’Amministrazione successiva all’annullamento, che come tali erano per la seconda certamente vincolanti.

3 Quand’anche, inoltre, alcune delle statuizioni recate dalla sentenza dovessero ipoteticamente ritenersi eccedenti i limiti contrassegnanti l’ambito proprio della giurisdizione amministrativa (come opina l’appellante), ciò nulla toglierebbe alla vincolatività della sentenza, in quanto ormai passata in giudicato; né l’appellante può essere ammesso a dolersi tardivamente dei suoi contenuti, il cui travalicamento dai confini della giurisdizione, nel caso, avrebbero dovuto formare oggetto di tempestiva contestazione nelle forme di rito.

A questo proposito il Collegio vuole peraltro anche rimarcare, per un verso, che, quantomeno con effetti a decorrere dall’avvento della direttiva 11 dicembre 2007 n. 2007/66/Ce, anche la Suprema Corte è pervenuta a riconoscere rilievo alla connessione tra le domande di annullamento dell’aggiudicazione e di caducazione del contratto di appalto concluso a seguito dell’illegittima aggiudicazione, con la conseguente attribuzione di entrambe alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 244 d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 (Cassazione civile, Sez. Un., nn. 2906 e 5291 del 2010); per altro verso, che l’impostazione della sentenza della cui esecuzione si tratta si presenta in linea con le indicazioni tracciate dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la decisione n. 9 del 2008.

Quest’ultima ha ritenuto, effettivamente, di non doversi discostare dall’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione secondo cui sussiste la giurisdizione civile sulla domanda volta ad ottenere, con efficacia di giudicato, l’accertamento dell’inefficacia del contratto, la cui aggiudicazione sia stata annullata dal giudice amministrativo: e per conseguenza ha ritenuto sottratta alla giurisdizione amministrativa esclusiva la domanda volta direttamente a conseguire la reintegrazione in forma specifica, che incide necessariamente sul contratto e quindi sulla fase negoziale e sui diritti soggettivi.

La stessa pronuncia, però, in pari tempo ha altresì osservato: che la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione determina in capo all’Amministrazione soccombente l’obbligo di conformarsi alle relative statuizioni; che l’annullamento dell’aggiudicazione è costitutivo di un vincolo permanente e puntuale sulla successiva attività dell’Amministrazione (Cons. Stato, Ad. Plen. 19 marzo 1984, n. 6), il cui contenuto non può prescindere dall’effetto caducatorio del contratto stipulato; che, pertanto, in sede di esecuzione della sentenza, l’Amministrazione non può non rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione (secondo quanto, del resto, ribadito dalla Corte di Cassazione, sez. I, 15 aprile 2008, n. 9906).

La sostituzione dell’aggiudicatario, quale "reintegrazione in forma specifica" del soggetto che ha ottenuto la statuizione di annullamento, appartiene, dunque, agli ulteriori provvedimenti amministrativi che rimangono salvi dopo la pronunzia giurisdizionale di legittimità, provvedimenti alla cui assunzione (avendo essi la funzione di adeguare lo stato di fatto a quello di diritto) l’Amministrazione è tenuta, per dare esecuzione al giudicato e ripristinare le ragioni del ricorrente.

Le indicazioni così impartite dall’Adunanza Plenaria, cui la sentenza n. 128/09 appare conforme, confermano perciò anche la doverosità dell’impugnata decisione comunale che ha stabilito il subentro della E. nell’appalto.

4 Venendo in rilievo, pertanto, un’attività sostanzialmente vincolata di esecuzione di un precedente giudicato, come ben ritenuto dal primo giudice, la determinazione impugnata non può neppure essere censurata (secondo quanto si sostiene invece con il quarto mezzo) per il fatto di essere stata assunta prima dello spirare dei dieci giorni che erano stati concessi alla stessa impresa appellante per la presentazione di eventuali osservazioni. Nella specie non era dovuto, infatti, un contraddittorio procedimentale.

Se poi si ha riguardo ai contenuti delle osservazioni che l’impresa ha in ogni caso presentato in data 34 giugno 2009, le quali avevano un taglio meramente giuridicoformale e anticipavano, in pratica, il gravame che sarebbe stato esperito poco dopo, ci si avvede anche che il contenuto del provvedimento finale non avrebbe potuto comunque essere diverso dalla decisione in concreto assunta dal Comune, onde, in ultima analisi, la reiezione del mezzo in disamina sarebbe imposta anche dal disposto dell’art. 21 octies, comma 2, della legge n. 241/1990.

5 L’appellante, con il proprio quinto motivo, passa a contestare l’argomento del primo giudice per cui anche la mancata approvazione del progetto esecutivo della P. sarebbe stata una mera conseguenza adempitiva nel procedimento di ottemperanza del giudicato. L’atto, viene obiettato, avrebbe dovuto precedere, e non seguire, la disposizione del subentro dell’EDILGEN; inoltre, esso era intervenuto quando ormai si era formata l’approvazione del progetto della P. per silenzioassenso, allo scadere dei trenta giorni dalla sua presentazione, in forza dell’art. 13, comma 6, del capitolato speciale.

Rileva in contrario il Collegio che l’appellante non ha fornito alcuna dimostrazione del fatto che la normativa di riferimento ed il capitolato speciale contemplassero una ipotesi di silenzioassenso correlata al decorso di trenta giorni dalla presentazione del progetto esecutivo, circostanza, tra l’altro, recisamente contestata dalla difesa del Comune (memoria del 28/1/2011 pag. 12). Dalla rappresentazione fornita dalla P. sembra possibile desumere, invece, che il capitolato si limitava ad assegnare al Comune, ai fini dell’esame del progetto, un termine dalla mera funzione sollecitatoria, e nulla di più.

Dovrebbe poi risultare sufficientemente chiaro che, una volta che sul fondamento della sentenza n. 128/09 l’Amministrazione aveva disposto, con la deliberazione n. 65 del 25.5.2009, il subentro dell’EDILGEN nell’appalto, ogni questione (non strettamente civilistica) attinente alle sorti del progetto esecutivo presentato dall’appellante ed ancora pendente doveva intendersi con ciò stesso assorbita e superata, come riflesso del decisivo scioglimento del vincolo contrattuale inter partes. Sicché la successiva comunicazione del 16.6.2009, fatta oggetto di motivi aggiunti, con la quale il responsabile del procedimento informava la P. della mancata approvazione del progetto esecutivo, deve intendersi alla stregua di una mera informativa di cortesia, priva, almeno ai fini di causa, di una propria rilevanza giuridica. Da qui la mancanza di un effettivo interesse alla sua impugnativa.

6 Con il proprio ultimo mezzo, infine, l’appellante si duole che il giudice di primo grado non si sia pronunciato sulla sua domanda di risarcimento dei danni scaturiti dalla reintegra della E. nel contratto, e più in generale dal comportamento tenuto dall’Amministrazione nella vicenda.

Poiché, tuttavia, sono state disattese le critiche svolte dall’appellante sulla legittimità degli atti gravati in prime cure, la emersa conformità a diritto del provvedimento che ha disposto il subentro della E. nell’appalto non può non incidere inesorabilmente sulla fondatezza della richiesta risarcitoria. La presenza di un provvedimento amministrativo rivelatosi immune da vizi impedisce, difatti, la qualificazione come ingiusti dei pregiudizi ad esso astrattamente ricollegabili, e ciò porta alla conseguenza che anche quest’ultima domanda deve essere rigettata.

7 In conclusione, l’appello deve pertanto essere respinto nella sua interezza.

Le spese sono liquidate secondo soccombenza dal seguente dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Condanna l’appellante al rimborso alle controparti delle spese processuali di questo grado di giudizio, liquidate per ciascun avente diritto nella misura di euro duemilacinquecento, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *