Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2010) 07-07-2010, n. 25951 CASSAZIONE PENALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 4 dicembre 2009, il Tribunale di Lecce, sezione per il riesame, confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Brindisi, con la quale era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di C.A. in quanto gravemente indiziata di concorso neo delitti di falso e truffa aggravata continuata per il conseguimento di elargizioni pubbliche (capi A, I, P); di malversazione (capo B) e corruzione (capo C).

Il Tribunale, premesso che correttamente era stata acquisita documentazione prodotta dal PM in sede di riesame e che infondata era l’eccezione di nullità dell’ordinanza cautelare perchè motivata ancorchè emendabile e integrabile) sia in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sia in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, rammentava in dettaglio la scansione delle indagini (sia interne all’Amministrazione provinciale di Brindisi sia quelle operate dall’Autorità giudiziaria) che avevano consentito di accertare che G.V., marito deceduto della ricorrente, nella sua qualità di dirigente dell’Ufficio Agricoltura della provincia di Brindisi, aveva posto di essere una serie di truffe ai danni del Ministero delle Politiche Agricole e della Regione Puglia per il fraudolento conseguimento dei contributi pubblici di cui alla L. n. 185 del 1992, e L. n. 256 del 1992, finalizzati ad indennizzare gli operatori agricoli danneggiati da eventi naturali calamitosi, nonchè dei falsi conseguenti. In molti casi era emerso che collegato all’attività truffaldina era un accordo corruttivo tra G. e i privati percettori dei contributi, in virtù del quale questi ultimi promettevano e corrispondevano al primo (nonchè a sua moglie C.A.) parte consistente delle somme illecitamente conseguite. I gravi indizi a carico della C. erano individuati, quanto ai delitti di cui al capo A, nella documentazione bancaria che la vedeva beneficiaria, negli anni dal 2003 al 2006, di prestiti agrari quinquennali a tasso agevolato per importo complessivo di Euro 626.079,60 di cui Euro 250.431,84 a fondo perduto (laddove nessuna documentazione era rinvenuta negli uffici provinciali, perchè soppressa), erogazioni spesso duplicate per un medesimo titolo, ovvero conseguite mediante false attestazioni di avere la qualifica di coltivatrice diretta o di avere la disponibilità di terreni risultanti essere nella disponibilità di altri soggetti; quanto al delitto di cui agli artt. 81 cpv. e 316 bis c.p., (capo B), nel risultato delle indagini effettuate dalla G. di F. che avevano consentito di accertare che il denaro acquistato era stato investito in titoli pubblici o usato per pagamenti di lavori edili per la ristrutturazione della (OMISSIS); quanto al capo I, riguardante il conseguimento di somme a titolo di contributi a fondo perduto di cui alla L. n. 185 del 1992, e L. n. 256 del 1992, le indagini avevano accertato una pluralità di erogazione di contributi per il medesimo titolo e in relazione al medesimo evento calamitoso ovvero senza averne i requisiti soggettivi; quanto al concorso con G.V. nel delitto di corruzione (capo C), la gravità era costituita dalle dichiarazioni del coindagato S.S. riscontrate da quelle di M.P. (nonchè indirettamente da quelle di altri soggetti), che la indicavano come presente in alcune occasioni in cui G. faceva sottoscrivere istanze di contribuzione con l’accordo che, una volta conseguiti i contributi, avrebbero dovuto corrispondergliene una quota (somme poi in parte utilizzate dalla stessa C. per pagare fornitori della (OMISSIS)); quanto al concorso nell’altro fatto corruttivo di cui al capo P, la gravità indiziaria era individuata nelle dichiarazioni di Me.Vi., riscontrate a quelle di D.M.C.. La gravità del quadro indiziario non era scalfita da quanto esposto a sua difesa dalla C. in sede di interrogatorio di garanzia non essendo credibile che tutta l’attività truffaldina, che l’ha vista destinataria di cospicue contribuzioni, sia ascrivibile a responsabilità esclusiva del defunto marito G.V., tesi contraddetta dal risultato delle indagini evidenziate. Sussistevano le esigenze cautelari sia sotto il profilo di inquinamento probatorio, reso evidente dall’accertato occultamento e distruzione di documenti e da quanto riferito da S. in ordine all’intimazione di non fare i loro nomi in caso di indagini; sia sotto il profilo del pericolo di recidivanza per la reiterazione delle condotte, per l’assenza di resipiscenza, per la dimostrata collusione con funzionari della Regione Puglia. Unica misura adeguata, in ragione delle indicate esigenze cautelari, risultava essere quella in atto.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagata, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi. – motivazione mancante di percorso logico giuridico e difetto di motivazione nonchè violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), per Mancato esame di memoria difensiva che si traduce in impedimento del diritto della difesa, perchè a fronte dell’assunto difensivo della C. di non aver mai presentato alcuna domanda o istanza e di non aver sottoscritto contratti di fitto o di comodato ovvero atti di notorietà, l’ordinanza si limita ad affermare la sua compartecipazione all’attività fraudolenta del marito G.V., senza alcun accenno alla sua consapevolezza di contribuirvi, non potendo essa essere desunta dalla gestione del danaro confluito sul suo conto. In maniera contraddittoria il tribunale, dopo aver dato atto che le dichiarazioni de relato di S. in ordine alla sottrazione distruzione delle istanze, in quanto non conferma dalla dichiarante di riferimento Co., costituiva elemento indiziante non sufficiente (pag. 6 e 7 dell’ordinanza), affermava (ibidem pagg. 11-12) esservi gravi indizi di responsabilità della C. in ordine al delitto sub A, per false dichiarazioni e attestazioni sostitutive di atto notorio nonchè di farsi contratti di comodato o di affitto, artifici attraverso i quali atteneva i prestiti ed i relativi accrediti sul proprio conto corrente. La confusione argomentativa della motivazione sul concorso nel reato da parte della C. è evidente laddove, a fronte delle giustificazione addotte dall’indagata (secondo la quale il marito le aveva spiegato che il denaro era il frutto di attività non ufficiale di consulenza) e in assenza di documentazione e lei riconducibile, il Tribunale di limita a far riferimento alla materialità del fatto. Erroneamente le si addebita di essersi falsamente qualificata come coltivatrice diretta sul rilievo che la sua effettiva attività consisteva nella gestione di un’azienda agrituristica, essendo evidente non solo la compatibilità ma soprattutto, per come risulta dagli atti, che essa è successiva alla percezione degli illeciti contributi.

Quanto al concorso nel reato di corruzione, gli elementi di fatto indicati dal Tribunale non consentono di risalire ai moneti iniziali dell’ideazione criminosa. Il tema dell’estraneità dell’indagata, affrontato non solo in sede di interrogatorio di garanzia ma anche nella memoria integrativa, non è stato affrontato dai giudici del riesame, sicchè sussiste violazione di legge sanzionata a pena di nullità a norma dell’art. 125 c.p.p..

In ordine alle esigenze cautelari, in punto di violazione dell’art. 274 c.p.p., lett. a), (pericolo di inquinamento probatorio), è sufficiente rilevare come il decorso dei due mesi dall’applicazione della misura scongiura il pericolo ex lege (art. 301 c.p.p., n. 1); in punto di pericolo di reiterazione, con la memoria integrativa depositata si era evidenziato che il decesso del marito aveva interrotto ogni possibilità di ripetizione di analoghe condotte. Il Tribunale, sfuggendo all’obbligo di motivazione, si è limitato ad argomentare in maniera congetturale sulla possibile esistenza di altri soggetti che continuerebbero a ricoprire cariche pubbliche, con i quali verosimilmente continuare a colludere. Quanto all’adeguatezza della misura, il Tribunale esclude che sul giudizio possano incidere la già maturata prescrizione per due reati contestati e l’indulto di tre anni per gli altri, ma senza alcuna piattaforma esplicativa in ragione dell’incensuratezza e della restituzione totale delle somme percepite a titolo di prestito agevolato.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, per la pena in cui addebita all’ordinanza impugnata di avere ritenuto la compartecipazione della C. nell’attività illecita del marito senza alcuna giustificazione sulla sua consapevolezza di contribuire scientemente all’attività del colpevole principale. Ed invero, per sostenere tale critica, la ricorrente si è limitata ad estrapolare dal contesto motivazionale due frasi della parte conclusiva (pag.23) del provvedimento impugnato) omettendo di considerare che le "specifiche attività investigative", che hanno convinto il Tribunale della compartecipazione consapevole della C., sono state oggetto di puntuale analisi nella parte precedente della motivazione allorchè si è dato conto di quanto riferito dal coindagato S.S. (riscontrato da M.P., nonchè da A.A.), dal coindagato Me.Vi. (riscontrato da D.M.C.), di quanto documentalmente provato per l’utilizzazione di assegni circolari intestati a Mo.Ro.To. (provenienti da bonifico della Provincia di Brindisi a favore di quest’ultima come conseguenza di illecita attività del G.), dati probatori ai quali logicamente si è correlata òa gestione patrimoniale dei fondi che G. faceva confluire sui conti della moglie. E’ da tali elementi che l’ordinanza impugnata ha desunto il proprio convincimento, delineante un quadro generale di consapevole partecipazione.

Per quello che in particolare riguarda il delitto di cui al capo A), ciò che la ricorrente non critica è la parte della motivazione in cui (datosi atto del mancato rinvenimento negli uffici dell’amministrazione provinciale dei documenti relativi alle pratiche riguardanti le illecite contribuzioni a favore della C.) si e dato rilievo alla documentazione bancaria da cui risulta che costei ha beneficiato, negli anni dal 2003 al 2006, dei prestiti agrari quinquennali a tasso agevolato, con abbuono del 40% sul capitale mutuato per importo complessivo di Euro 626.079,60 di cui Euro 250.431,84 a fondo perduto. E’ la causale degli accrediti ad essere oggetto di specifica valutazione, perchè dimostrativa ad esempio della duplicazione delle erogazioni per il medesimo titolo ovvero della riconducibilità dell’erogazione a terreni di cui la C. non aveva la disponibilità e comunque a terreni di estensione talmente rilevante da non poter essere oggetto di conduzione diretta da parte della donna. E’ l’avvio delle pratiche di prestito agrario contenenti false indicazioni di disponibilità di terreni agricoli mai ricevuto in comodato ovvero date il locazione a terzi, che il Tribunale esamina e valorizza. Tale parte della motivazione non è oggetto di critica e quindi sostiene adeguatamente la decisione. L’accredito per prestiti agrari riconducibili all’attività propria di coltivatrice diretta (che la ricorrente afferma essere effettiva) è cosa ben diversa dalla giustificazione addotta in sede di interrogatorio e di memoria difensiva. L’attivita abusiva di consulenza che, in tesi difensiva, G. avrebbe indicato alla moglie come fonte delle somme che alimentavano il conto corrente a lei intestato, nulla ha a che vedere con le causali degli accrediti cui l’ordinanza fa riferimento allorchè (nel chiaro ordine espositivo) affronta la questione della gravità indiziaria per i fatti di cui al capo A). In questo contesto motivazionale si colloca la considerazione delle dichiarazioni accusatorie de reato di S., smentite dalla dichiarante di riferimento Co., come tali ritenute costituire elemento di per sè non sufficiente nella parte espositiva (pagg. 5-9) antecedente alla specifica valutazione della gravità indiziaria in relazione al capo A), ma poi considerate (non in sè e per sè) ma come elemento indiziario da tenere presente allorchè si è dato conto del rilievo della documentazione bancaria a fronte del mancato rinvenimento di quella corrispondente presso l’amministrazione provinciale. Il Tribunale ha cioè maturato il convincimento che la documentazione bancaria presuppone l’espletamento di un iter amministrativo e che quindi questo deve esservi stato (tanto più che la Co. aveva ammesso di aver predisposto su ordine di G. istanza debitamente protocollate ancorchè irregolari), con la conseguenza che la sottrazione e distruzione della documentazione amministrativa riferita da S. risultava logicamente riscontrata. Non sussiste quindi la denunciata contraddittorietà della motivazione e la critica per questo profilo è manifestamente infondata.

La successiva critica di superficialità ed illogicità della motivazione, laddove si afferma (pag. 11 dell’ordinanza impugnata) che la C. gestendo un’attività agrituristica non poteva essere coltivatrice diretta, è dedotta in maniera generica (e quindi inammissibile) mediante il riferimento a quanto emergerebbe "dagli atti e dalla contestazione" in ordine all’antecedenza temporale della percezione dei contributi rispetto all’inizio della gestione dell’azienda agrituristica, senza alcuna indicazione specifica degli atti e della parte della contestazione da cui il dedotto contrasto risulterebbe, in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia sostenuta da motivi che indichino in maniera specifica le ragioni in diritto e gli elementi in fatto a sostegno della richiesta stessa; violazione sanzionata dal successivo art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) nonchè dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il quale richiede l’indicazione specifica degli atti assunti come tertium comparationis al fine di affermare la contraddittorietà o la mancanza della motivazione.

Peraltro, nel contesto motivazione, la qualifica di operatrice agrituristica è presa in considerazione come elemento ulteriore e di conforto del ragionamento probatorio che aveva raggiunto pienezza argomentativa già con la considerazione di altri due elementi significativi (non criticati), quali la dimostrata mancanza di disponibilità di molti dei terreni indicati e l’inconciliabilità della notevole estensione dei terreni con la coltivazione diretta degli stessi.

2. Quanto ai delitti di corruzione, l’assunto, secondo il quale gli elementi di fatto presi in considerazione dai Giudici del riesame non consentirebbero "di risalire con percorso logico-giuridico ai momenti iniziati della ideazione criminosa e alla successiva fase dell’attuazione" non potendo affermarsi con certezza che la " C. ricevesse quelle somme o assistesse alle consegne, consapevolmente cosciente che queste rappresentassero il prodotto o il profitto di un reato, al quale comunque ella era assolutamente estranea" è formulato sull’insussistente presupposto che il Tribunale non avrebbe affrontato lo specifico tema oggetto della memoria integrativa.

Precisato innanzi tutto che, ove affondato, il vizio non potrebbe essere riconducibile a violazione sub art. 606, comma 1, lett. c), in relazione all’art. 125 c.p.p., ma eventualmente a mancanza di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), si osserva che anche per questo profilo il ricorso è manifestamente infondato, una volta che la stessa parte ricorrente deve dare atto che una motivazione vi è stata, posto che l’ordinanza impugnata diffusamente argomenta.

La sintetica elencazione, contenuta in ricorso, degli elementi di natura indiziaria presi in esame nell’ordinanza impugnata, trascura di rammentare spunti salienti di esame, che hanno convinto il Tribunale della consapevole partecipazione della C., in particolare quanto narrato da S. e da M. sulla consegna di danaro costituente il prezzo della corruzione allorchè il G. si trovava ricoverato in ospedale e sulle conseguenti attività svolte dalla C. e (sempre in collegamento con tale episodio) quanto narrato da S. sulla reazione della C. alla sua richiesta di conoscere i nomi dei funzionari di Bari destinatari di una parte delle somme percepite; ovvero quanto narrato da M. e da D.M. sulla presenza della C. al momento dell’accordo che avrebbe consentito di conseguire sia il prestito agevolato alla C. sia i contributi per le calamità naturali e ancora quanto narrato dalla A. in relazione ad analoghi episodi.

3. Quanto alle esigenze cautelari:

3.1. la preliminare doglianza, con la quale si denuncia violazione dell’art. 274 lett. a c.p.p. sull’assunto che il pericolo di inquinamento probatorio sarebbe ex lege venuto meno per decorrenza del termine previsto dall’art. 301 c.p.p., n. 1, è inammissibile sia perchè trascura di considerare che il ricorso ha ad oggetto ordinanza pronunciata il 4.12.2009, dopo cioè ventuno giorni dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 13.11.2009; sia perchè questione di competenza del giudice della cautela, non potendosi in questa sede valutare la ricorrenza dei presupposti di cause di estinzione della misura eventualmente sopravvenute alla pronuncia del provvedimento impugnato;

3.2. l’ulteriore doglianza, che addebita all’ordinanza impugnata di avere argomentato il convincimento della sussistenza del pericolo di reiterazione sulla base di semplici supposizioni, congetture e sospetti, muove dalla lettura delle frasi analizzate in maniera avulsa dal contesto motivazionale, che ha dato conto dell’esistenza di altri funzionari (regionali e non solo) coinvolti nella complessa attività illecita, funzionari conosciuti, per come l’ordinanza ha spiegato allorchè ha rammentato il contenuto delle dichiarazioni di S., e protetti nel loro anonimato dalla ricorrente.

L’assunto difensivo per il quale nei due anni successivi alla morte del marito la ricorrente non sarebbe stata coinvolta in altri episodi illeciti è elemento di natura fattuale che , quanto proposto come tale, non può essere oggetto di valutazione in questa sede.

La concretezza del pericolo è stata quindi adeguatamente motivata, muovendo essa dalla premessa della reiterazione, gravità e professionalità delle ripetute condotte delittuose poste in essere nell’arco di molti anni, elementi presi non illogicamente in considerazione ai fini della formulazione di valutazione negativa sulla personalità della ricorrente, ancorchè incensurata.

Quanto all’adeguatezza della misura e alla sussistenza di cause estintive, l’ordinanza si sottrae ancora alle critiche della ricorrente, perchè non ha trascurato di esaminare i dati rilevanti ai fini della valutazione imposta e art. 273 c.p.p., comma 2, posto che la contestazione ha ad oggetto episodi successivi al 2006, peraltro l’incensuratezza è stata oggetto di considerazione, laddove il giudizio negativo della personalità è stato formulato per la prevedente considerazione della gravità e reiterazione delle condotte illecite.

L’assunto secondo il quale vi sarebbe stata restituzione totale delle somme percepite a titolo di prestito agevola è proposto ancora in maniera inammissibile, in quanto dato che attiene al merito, come tale (per come dedotto) non valutabile in questa sede di legittimità. 4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa rinvenibili negli evidenziati motivi di inammissibilità, va quantificata in mille/00 euro, inammissibilità che prevale (perchè antecedente) su quella sopravvenuta, oggetto della comunicazione a mezzo fax, della perdita di efficacia della misura.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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