Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-03-2011) 13-04-2011, n. 14965

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 19.10.2009 la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del GUP presso il Tribunale di Brindisi che, in data 25.11.2008, aveva condannato B.A., alle pene ritenute di giustizia per rapina aggravata in danno dell’Istituto Bancario Carime.

Ricorre per Cassazione l’imputato personalmente deducendo:

1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con particolare riferimento all’art. 192 c.p.p. – mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta il ricorrente che gli elementi indiziari posti a fondamento della decisione dal giudice di primo e secondo grado non rivestono le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza richieste dall’art. 192 c.p.p..

2. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale.

In particolare violazione degli artt. 213 e 361 c.p.p. – Difetto di motivazione. Lamenta il ricorrente la carenza di motivazione con riguardo al riconoscimento visivo contestato dalla difesa in sede d’appello, evidenziando come il riconoscimento debba essere, oltre che soggettivamente certo, anche oggettivamente attendibile.

Sottolinea come i testi abbiano proceduto ad un riconoscimento solo in termini di "notevole somiglianza" ed evidenzia come la ricerca scientifica abbia dimostrato come nessuna ricognizione fotografica possa dirsi priva di suggestione in particolare nell’ipotesi, come quella in argomento, provenga dalla vittima del fatto.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Tutti i motivi dei ricorsi riproducono pedissequamente i motivi d’appello senza alcuna censura specifica alla motivazione della sentenza di secondo grado, con la conseguenza che le relative deduzioni non rispondono al concetto stesso di "motivo", perchè non si raccordano a un determinato punto della sentenza impugnata ed appaiono, quindi, come prive del requisito della specificità richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 c.p.p., lett. c).

Nel caso di specie va anche ricordato che ci si trova dinanzi ad una "doppia conforme" e cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado.

Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass., n. 5223/07, ric. Medina, rv. 236130).

Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione.

Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione. La Corte territoriale, con argomentazione puntuale, che ha tenuto conto di tutte le doglianze difensive, coerente e priva di vizi logici, ha dato contezza degli elementi posti a fondamento della decisione. Il B. è stato ripreso, a volto scoperto, all’entrata in banca, dal circuito interno, ed è stato riconosciuto in detti fotogrammi, senza ombra di dubbio non solo dai CC di Latiano ma anche dallo stesso giudice di primo grado. Nel corso della perquisizione domiciliare, realizzata presso la sua abitazione, sono state trovate due magliette Adidas in tutto corrispondenti a quella indossata dal rapinatore. Non solo: il B. presenta sul braccio un tatuaggio circostanza riferita nell’immediatezza della rapina dai dipendenti della banca come caratteristica del malvivente.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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