Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2010) 07-07-2010, n. 25949 ORDINE PUBBLICO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 31 dicembre 2009, il Tribunale di Roma, sezione per il riesame, conferma l’ordinanza del GIP del Tribunale in sede, per la parte in cui (ai fini che qui rilevano) era stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di M.S., B.M. e S.R., perchè gravemente indiziati di essere gli organizzatori di un’associazione criminale finalizzata al compimento di una serie indeterminata di truffe ai danni di Unicredit Banca s.p.a. di banca Popolare dell’Etruria, consistenti nell’ottenere l’erogazione di mutui ipotecari per immobili appositamente sopravalutati, grazie alla complicità di funzionari di banca e periti estimatori, con i seguenti ruoli: M. e B. (promotori finanziari accreditati presso la Unicredit) quali organizzatori dell’associazione unitamente a D. e S.; Se.Ma., direttore dell’agenzia unicredit, Da.Gu., direttore della Banca Popolare dell’Etruria, quali partecipi dell’associazione assieme a De.So. (architetto, perito estimatore).

Il Tribunale rammentava che l’indagine aveva presso le mosse dalla denuncia di P.M. (e A.A.) che aveva narrato di esser stata convinta a fare da prestanome, dietro compenso di Euro 7.000,00, per l’acquisto di un immobile, con l’ottenimento di un mutuo dalla Unicredit sovrastimato di Euro 61.000,00 rispetto alla somma corrisposta ai venditori. L’indagine interna avviata dalla Unicredit consentiva di accertare l’erogazione di 27 mutui per complessivi Euro 4.193.336,00 sulla scorta di documentazione falsa e perizie sovrastimate. Il ruolo dello S. in particolare risultava provato non solo dal fatto che gli assegni tratti sui conti correnti intestati ai mutuatari-prestanome erano stati (per la parte preponderante) da lui negoziati (senza una plausibile ragione, indimostrata essendo la sua pretesa attività di agente immobiliare), ma anche dalle dichiarazioni delle persone che avevano fatto da prestanome (v. fra le altre quelle di Sa.Da.) che lo avevano indicato come la persona che aveva loro proposto di prestarsi a fare da acquirente dietro compenso e nelle cui mani avevano versato gli assegni relativi al mutuo erogato. L’assunto difensivo, secondo il quale S. non conosceva, a parte B., gli altri pretesi associati, era smentito dalla conservazione telefonica del (OMISSIS) nel corso della quale M.S., allarmato dalle perquisizioni in atto, si proclamava lui stesso vittima dello S. che lo aveva convinto ad utilizzare il suo codice big per le pratiche di mutuo truffaldine.

Le esigenze cautelari erano ravvisate nella gravità del fatto, nella professionalità e spregiudicatezza dimostrate, nella reiterazione della condotta e quindi nel pericolo di recidiva, nonchè nel pericolo di inquinamento probatorio essendo le indagini ancora in corso per l’esame del corposo materiale documentale sequestrato.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato S.R., a mezzo del difensore, che ne ha chiesta l’annullamento per la violazione di legge di motivazione con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza, perchè era stato evidenziato ce S. aveva conoscenza e contratti col solo B., posto che M. e De. avevano escluso di aver avuto rapporti con lui e la motivazione adottata dal provvedimento impugnato al più poteva provare il concorso nei singoli episodi di truffa, indimostrato essendo il vincolo associativo e soprattutto il ruolo di organizzatore; con riferimento alle esigenze cautelari, per essersi il Tribunale limitato a richiamare quanto ritenuto dal GIP e ad affermare genericamente la necessità di evitare interferenze nelle indagini in corso.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perchè l’esistenza dell’associazione finalizzata al compimento di una serie indeterminata di truffe ai danni dei due istituti di credito è stata giustificata dalla reiterazione delle condotte truffaldine poste in essere con le medesime modalità e con il costante contributo dei due direttori di banca nonchè che la distribuzione di compiti ben definiti; il ruolo di organizzatore all’interno della compagine associativa è stato anchèesso compiutamente indicato sia sulla scorta di quanto appreso da M.S. nel corso di una conversazione telefonica oggetto di intercettazione, in occasione della quale il dialogante indicava lo S. quale persona che aveva suggerito come organizzare l’attività truffaldina, mediante l’uso del codice big messo a disposizione del M. dalla banca, sia in virtù delle dichiarazioni dei prestanome che lo hanno indicato quale proponente e quale destinatario degli assegni, dichiarazioni suffragate dalla constatazione che gli assegni recavano la firma di girata del ricorrente.

2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per genericità, perchè a fronte della motivazione adottata dal Tribunale, che ha giustificato il convincimento della concretezza del pericolo di reiterazione sulla scorta della continuità della condotta criminosa nonchè della professionalità e spregiudicatezza dimostrate, si limita a denunciare che l’ordinanza impugnata ha richiamato quanto già ritenuto dal GIP, in assenza di elementi denotanti la capacità dell’indagato e l’attualità delle esigenze, senza formulare alcuna acritica specifica e quindi in violazione dell’art. 591 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia sostenuta da motivi che indichino in maniera specifica le ragioni in diretto e gli elementi in fatto a sostengo della richiesta stessa; violazione sanzionata dal successivo art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c).

3. Il ricorso deve essere dichiarati inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei profili di colpa desumibili dalle rilevate cause di inammissibilità, si quantifica in Euro mille/00.

A cura della Cancelleria si provvederà a dare comunicazione del presente provvedimento al Direttore dell’istituto di custodia dove l’indagato è ristretto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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