T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 11-04-2011, n. 660 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 3132008 e depositato il 2142008 i signori in epigrafe specificati, proprietari di un fabbricato con annessa area pertinenziale, impugnavano dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’ordinanza n. 13/2008 del Comune di Bellizzi, con la quale era stata disposta la rimessione in pristino della predetta area, sottratta, attraverso la chiusura per mezzo di cancellata, alla utilizzazione da parte della collettività, trattandosi di spazio da destinarsi, in virtù della concessione edilizia a suo tempo rilasciata e di atto d" obbligo sottoscritto dal costruttore, di spazio destinato a parcheggio pubblico.

Lamentavano, con articolata prospettazione, plurimi vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, denunziando l’illegittimità del provvedimento e chiedendone l’annullamento.

Con successivo atto di motivi aggiunti, notificato il 2662009 e depositato il 372009, gravavano, altresì, l’ordinanza n. 84 del 2942009, con la quale l’ente locale aveva disposto la demolizione di ufficio delle opere realizzate, giacchè i privati non avevano spontaneamente ott4emperato alla ordinanza di rimessione in pristino.

Lamentavano l’illegittimità anche di tale ultimo provvedimento per illegittimità derivata e per vizi propri, articolati sotto i diversi profili della violazione di legge e dell’eccesso di potere.

Instauratosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio il Comune di Bellizzi e la signora M.A.M..

Rilevavano l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso originario e dei motivi aggiunti, chiedendone il rigetto.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 1212011.
Motivi della decisione

La prima questione, di carattere sostanziale, che il Tribunale deve affrontare concerne la natura pubblica o privata dell’area di parcheggio recintata dai ricorrenti e della quale si controverte.

Dagli atti di causa emerge che, successivamente al rilascio di una prima licenza edilizia (n. 589 del 711977) per la costruzione di un fabbricato per civile abitazioni, in data 3041977 venne rilasciata, in variante, concessione edilizia n. 97.

Nel progetto approvato con il rilascio di tale titolo edificatorio è presente la "planimetria di progetto", la quale indica l’area in questione come "area di parcheggio", con l’ulteriore specificazione di "parcheggio pubblico".

Tali specificazioni progettuali risultano, poi, coerenti con un "atto unilaterale d’obbligo per la esecuzione diretta di opere di urbanizzazione primaria" sottoscritto dal soggetto richiedente il titolo edificatorio (il ricorrente D.C.A.) in data 20 aprile 1977.

In esso si legge che il privato "assume formale impegno ad eseguire…le seguenti opere di urbanizzazione: 1) Costruzione area di parcheggio pubblico da pavimentare con tappetino bituminoso.L’area di parcheggio dovrà essere libera ed accessibile e ubicata alla stessa quota della strada", specificandosi pure che "la cessione al Comune delle opere realizzate e delle aree previste avverrà dopo il collaudo delle opere medesime".

Dagli atti depositati risulta pure che l’area di parcheggio è stata realizzata con le caratteristiche di cui al progetto (dalla documentazione fotografica esibita risulta l’esistenza in loco di un’area pavimentata con tappetino bituminoso posta allo stesso livello della strada).

Tale circostanza appare avvalorata dall’avvenuto rilascio, da parte del Comune, del certificato di abitabilità in data 7 aprile 1982, la cui emanazione presuppone evidentemente la verifica della realizzazione di opere edilizie conformi al titolo edificatorio (artt. 221 e 222 t.u. delle leggi sanitarie).

Come è pacifica l’avvenuta costruzione dell’area di parcheggio prevista dal progetto approvato con la richiamata concessione edilizia n. 97/1977, è altrettanto incontestato che la stessa non è mai stata ceduta al Comune in esecuzione del predetto atto unilaterale d’obbligo.

Essa, dunque, non risulta essere stata trasferita in proprietà del Comune con l’atto di cessione convenzionalmente previsto.

Osserva, peraltro, il Collegio che il mancato trasferimento della proprietà all’ente locale non rende di per sé inconfigurabile la destinazione di essa al pubblico utilizzo.

Ben può, infatti, esistere un diritto di uso pubblico su di un bene di proprietà privata.

Di conseguenza, non appaiono dirimenti le considerazioni e le argomentazioni svolte dai ricorrenti per dimostrare l’attuale proprietà privata dell’area in questione e l’avvenuta prescrizione dei diritti nascenti dal richiamato atto unilaterale d’obbligo.

Quanto a quest’ultimo profilo, si osserva, invero, che l’opera risulta essere stata realizzata e che il trasferimento della proprietà della stessa non è presupposto essenziale per la sussistenza di diritti di uso pubblico.

L’oggetto dell’indagine del Tribunale deve, pertanto, spostarsi in tale ambito, ai fini della verifica della esistenza di una destinazione pubblica (e, dunque, di un diritto di uso pubblico) dell’area di parcheggio pur in presenza di un diritto dominicale privato.

Può al riguardo essere richiamata la giurisprudenza formatasi in materia.

In tema di strade il giudice amministrativo ha avuto modo di affermare che l’esistenza di un formale provvedimento di classificazione della natura pubblica ovvero della destinazione ad uso pubblico radica al riguardo una presunzione iuris tantum, superabile con la prova contraria della inesistenza di un diritto di uso o godimento della strada da parte della collettività amministrata (cfr. TAR Lazio, Roma, II, 1452010, n. 11327; Cons. Stato, VI, 742010, n. 1968), specificandosi che il superamento di tale presunzione può avvenire solo in sede di giurisdizione ordinaria, atteso che è il giudice ordinario l’organo cui spetta l’accertamento della esistenza dei diritti reali (cfr. TAR Valle d’Aosta, I, 13112009, n. 86).

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, tali principi giurisprudenziali non risultano applicabili, in quanto l’area di parcheggio non solo non è stata mai ceduta al Comune ma non è stata fornita dimostrazione alcuna del suo inserimento in elenchi di aree pubbliche o di uso pubblico.

Non esiste, dunque, un formale provvedimento classificatorio della stessa in termini di immobile destinato all’uso pubblico, né tale destinazione risulta desumibile dallo strumento urbanistico, che classifica il suolo interessato quale zona B.

Osserva il Tribunale che, in assenza di formale provvedimento classificatorio, l’esistenza di un uso pubblico su di un area (nella specie, strada) di proprietà privata può essere desunta da una serie di indici rivelatori, individuati nei seguenti: passaggio continuativo esercitato da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale; concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche con il collegamento ad una via pubblica; presenza di un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico (cfr. TAR Marche, Ancona, I, 1542009, n. 217; TAR Abruzzo, Pescara, I, 10122008, n.955; TAR Lazio, Roma, II; 3112009, n. 10781 e I, 682009, n. 7932).

Viene pure affermato che l’onere della prova della esistenza di tali elementi grava sul Comune (cfr. TAR Marche n. 217/2009 cit.).

Orbene, venendo all’esame della fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, ritiene il Collegio che il Comune non abbia fornito la suddetta prova e che, in particolare, non è possibile desumere dalla documentazione prodotta in giudizio l’esistenza di tutti gli indici rivelatori del diritto di uso pubblico sopra menzionati.

In particolare, la peculiare collocazione ed ubicazione dell’area, quale desumibile dagli atti progettuali e dalla documentazione fotografica in atti, rivela l’esistenza di una astratta idoneità di essa a soddisfare esigenze della collettività. Essa è, invero, adiacente ad una strada pubblica ed è collocata sul suo stesso livello, onde le sue caratteristiche fisiche risultano certamente compatibili con l’utilizzo del parcheggio da parte della collettività.

La medesima collocazione, peraltro, non è indice univoco in tal senso, considerato che essa è prospiciente al fabbricato condominiale dei ricorrenti, di cui costituisce una sorta di "cortile", onde tale ubicazione appare parimenti compatibile con una destinazione a parcheggio pertinenziale al fabbricato.

Proseguendo nella disamina dei sopra indicati "indici rivelatori", osserva il Tribunale che vi è un titolo idoneo a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico.

Invero, l’area viene indicata, nel progetto allegato alla domanda di rilascio della concessione edilizia in variante n. 97/1977, quale parcheggio pubblico e tale specifica destinazione viene anche precisata nel sopra indicato atto unilaterale d’obbligo sottoscritto il 20 aprile 1977.

Trattasi, peraltro, di indicazioni contenute in atti precedenti alla effettiva realizzazione dell’opera e, dunque, non dimostrano in termini univoci la presenza di una concreta destinazione in tal senso.

Resta, pertanto, da esaminare l’esistenza dell’ultimo indice rivelatore, costituito dal continuativo utilizzo dell’area di parcheggio da parte della collettività di persone, cioè l’esplicazione di fatto della sosta iure servitutis publicae.

Di tale ultimo elemento non è stata fornita prova da parte del Comune nel presente giudizio.

L’ente locale e la controinteressata si limitano ad assumere che l’utilizzo pubblico sarebbe avvenuto per tutto il periodo intercorrente tra il rilascio del certificato di abitabilità e l’accertamento della realizzazione di opere edilizie abusive.

Tali circostanze, a giudizio del Collegio, non dimostrano in termini univoci l’asserita, concreta utilizzazione concreta dell’area da parte della collettività e, dunque, la destinazione del bene a tale forma di uso.

Quanto al primo elemento (avvenuto rilascio del certificato di abitabilità), si osserva, come sopra già evidenziato, che tale atto presuppone, per espressa previsione normativa, l’avvenuta verifica della conformità delle opere realizzate al titolo edificatorio.

Va, peraltro, rimarcato, in relazione alla circostanza della avvenuta realizzazione dell’area di parcheggio e della tipologia del manufatto, che occorre tenere distinti i due profili della consistenza fisica dell’opera e della sua destinazione.

Il parcheggio è un’opera edilizia la quale, in presenza di determinate caratteristiche fisiche nella specie presenti (area bitumata, collocazione in adiacenza ad una strada pubblica ed allo stesso livello della stessa ma anche prospiciente al fabbricato condominiale), pur nella sua conformità fisico- strutturale al titolo edilizio, può oggettivamente essere funzionale a due distinte concrete destinazioni (parcheggio pubblico ovvero parcheggio pertinenziale al fabbricato).

Non si ravvisano, nell’opera così come progettata, caratteri fisicostrutturali che depongano in via esclusiva per l’utilizzo pubblico escludendo quello privato condominiale.

D’altra parte la verifica della conformità dell’opera, eseguita in occasione del rilascio del certificato di abitabilità, ha carattere essenzialmente fisicostrutturale e, per la sopra rilevata astratta bivalenza funzionale del manufatto, non depone univocamente per l’uso pubblico dell’area.

Il richiamato atto amministrativo, pertanto, non può costituire prova del concreto, effettivo utilizzo del parcheggio da parte della collettività.

Non vi è, dunque, prova dell’avvenuta apertura del parcheggio al pubblico utilizzo, situazione di fatto che avrebbe fatto sorgere "ipso iure" la relativa destinazione (così come affermato in materia di strade da Cons. Stato, IV, 30112009, n. 7504).

Tra l’altro, non vengono evidenziati elementi ulteriori atti a dimostrare la concreta destinazione a parcheggio pubblico dell’area in questione, quali, ad esempio, l’esistenza di opere di illuminazione pubblica ovvero l’avvenuta realizzazione di opere di manutenzione ovvero di riparazione eseguite direttamente dal Comune e non dai privati proprietari.

Allo stesso modo l’accertamento successivo della avvenuta realizzazione di opere abusive non dimostra affatto in modo inequivoco che l’area fino a quel momento sia stata utilizzata come parcheggio pubblico.

L’apposizione di un cancello di chiusura può leggersi certamente come comportamento di sottrazione di un bene all’uso pubblico, ma ciò solo ove un uso pubblico vi fosse in precedenza stato. Altrimenti, essa costituisce attività a difesa di un diritto dominicale privato pieno, finalizzata ad escludere che altri soggetti, diversi dal proprietario e non titolati, possano utilizzare il bene.

Dirimente è, dunque, la natura del concreto utilizzo che nel tempo sia stato fatto dell’area di parcheggio; tuttavia di un effettivo uso pubblico dell’area nel tempo non è stata fornita alcuna prova dal Comune, né in corso di causa né tampoco nei provvedimenti impugnati e negli atti istruttori dei relativi procedimenti.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, dunque, non vi è prova nel presente giudizio che l’area di cui trattasi, della quale è indiscussa l’attuale carattere privato, sia gravata da uso pubblico.

La pronunzia di questo giudice, peraltro, non esclude che la questione possa essere portata all’attenzione del giudice ordinario, istituzionalmente competente all’accertamento dei diritti soggettivi ed alla loro natura.

Conseguentemente i provvedimenti impugnati sono illegittimi, in quanto fondano la determinazione assunta sul presupposto della destinazione pubblica del parcheggio ed utilizzano la rimessione in pristino quale strumento per garantire il libero accesso alla stessa da parte della collettività.

Invero, l’ordinanza di rimessione in pristino n. 13 del 2512008 viene espressamente assunta sul presupposto che la realizzazione del cancello scorrevole preclude l’accesso all’area "sottraendola di fatto all’utilizzo della pubblica utilità".

Inoltre, a fondamento del potere esercitato, viene richiamato l’articolo 27 del dpr n. 380/2001, il quale, comma 2, disciplina la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi nell’ipotesi di realizzazione senza titolo di opere eseguite su aree "…destinate ad opere o spazi pubblici….".

Affermata in tal modo, per le ragioni sopra esposte, l’illegittimità del provvedimento impugnato, resta da esaminare l’ulteriore questione agitata in giudizio (alla quale opera riferimento la difesa di parte resistente), concernente il carattere comunque abusivo dell’opera realizzata, onde poter verificare se tale illiceità possa comunque giustificare una sostanziale legittimità della determinazione sanzionatoria (riferendola al generale potere previsto dall’articolo 31 del testo unico dell’edilizia, concernente abusi commessi su suoli privati e di uso privato, ovvero ad una carenza di interesse dei ricorrenti all’annullamento degli atti impugnati, in considerazione della circostanza che ben potrebbe l’ente locale rideterminarsi con un provvedimento che, pur se assunto sul presupposto di una norma diversa, conterrebbe una medesima statuizione eliminatoria).

Osserva il tribunale che, anche sotto tale ultimo profilo, va confermata la valutazione di illegittimità dell’atto.

Nella vicenda concreta oggetto di causa l’opera abusiva risulta costituita, come si evince dall’ingiunzione di rimessione in pristino e dal materiale fotografico in atti, nella realizzazione di un cancello di chiusura.

Tale cancellata risulta essere stata realizzata sul lato dell’area di parcheggio adiacente alla via pubblica ed essa, come emerge dalle dimensioni dell’area quale evincibile dal progetto allegato alla istanza di concessione edilizia del 1977, presenta una lunghezza di circa mt. 12.

Il cancello, di poi, realizzato con barre metalliche tra loro distanziate, anche se chiuso, consente la libera visione dall’esterno dell’area cortilizia.

Ciò posto in punto di fatto, rileva il Collegio che la giurisprudenza amministrativa ritiene che l’installazione di un cancello, non comportando di norma la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non richiede il rilascio di una concessione edilizia (oggi permesso di costruire), ma di una semplice autorizzazione (d.i.a., nella disciplina normativa vigente all’atto della irrogazione della sanzione) e, pertanto, in caso di realizzazione senza titolo abilitativo, è irrogabile la sola sanzione pecuniaria e non anche la misura della demolizione (cfr. TAR Lazio, Roma, II; 1192009, n. 8644; 6102008, n. 8777; TAR Campania, Napoli, VII; 332009, n. 1222; 562009, n. 3105).

L’opera così eseguita si appalesa, infatti, quale esclusiva manifestazione dello ius excludendi alios, espressione del diritto di proprietà.

La determinazione assunta dal Comune di Bellizzi è, pertanto, illegittima anche in relazione a tale particolare profilo di indagine.

L’ordinanza di rimessione in pristino n. 13 del 2512008 deve, pertanto, essere annullata.

Alla illegittimità di detto provvedimento segue, in via derivata, l’illegittimità della ordinanza di demolizione di ufficio, assunta con provvedimento del Capo Area Tecnica n. 84 del 2942009, sul presupposto della mancata ottemperanza all’ordine impartito con l’ordinanza n. 13/2008.

Anche tale provvedimento, impugnato con motivi aggiunti, deve essere annullato.

La peculiarità della controversia, originante comunque da un inadempimento del privato all’obbligo assunto di realizzazione di un’opera di urbanizzazione primaria e di cessione della stessa al Comune, giustifica l’integrale compensazione tra le parti costituite delle spese del giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza di rimessione in pristino n. 13 del 2512008 e l’ordinanza di demolizione di ufficio n. 84 del 2942009.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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