Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-03-2011) 13-04-2011, n. 15133 Procedimento di sorveglianza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

E Tindari che ha chiesto il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Svolgimento del processo

1. Il 18 giugno 2010 il Magistrato di sorveglianza di Bari rigettava il reclamo proposto da S.S. avverso il provvedimento applicativo della sanzione disciplinare irrogatagli il 30 marzo 2010, sottolineando la ritualità, sotto ogni profilo, della procedura seguita.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione personalmente S., il quale, anche mediante una memoria depositata dal difensore di fiducia, lamenta violazione di legge in relazione alla contestazione dell’addebito, effettuata dall’Ispettore di Polizia penitenziaria senza la presenza del Direttore dell’istituto penitenziario, alla omessa osservanza delle norme sulla competenza territoriale.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. La procedura finalizzata all’eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare nei confronti della persona detenuta è disciplinata dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, artt. 38, 39, 40, (Cd. legge di ordinamento penitenziario) e dal D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, artt. 78 e 81 (regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà).

Le modalità e i termini per la contestazione dell’addebito all’interessato e per l’eventuale applicazione delle sanzioni tassativamente indicate dalla L. n. 354 del 1975, art. 39, devono essere ispirati al rispetto della dignità della persona e ai principio del contraddittorio e s’inquadrano in un più ampio contesto caratterizzato, da un lato, dalla necessità di mantenere l’ordine e la disciplina all’interno dell’istituto penitenziario ( L. n. 354 del 1975, art. 1, comma 3) e, dall’altro, dall’esigenza di un trattamento rieducativo rigorosamente informato alla presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (art. 1, comma 5, Legge citata) e al reinserimento sociale del condannato (art. 1, comma 6, L. citata).

Al Direttore dell’istituto penitenziario e al Consiglio di disciplina, quali autorità competenti, L. n. 354 del 1975, ex art. 40, a deliberare le sanzioni disciplinari all’esito della procedura delineata, rispettivamente, dagli artt. 38 della Legge citata e D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, art. 81, spetta l’obbligo di osservare le leggi e i regolamenti nell’espletamento delle suddette attività d’istituto.

2. Il Magistrato di sorveglianza ha fatto corretta applicazione delle disposizioni in esame nell’ambito del controllo a lui demandato sul reclamo proposto dal detenuto avverso l’irrogazione di una sanzione disciplinare, circoscritto alla verifica dell’osservanza delle norme riguardanti l’esercizio del relativo potere, la costituzione e la competenza dell’organo che ha irrogato la sanzione, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa (Sez. 1^, 4 novembre 2004, n. 46051).

In tale ottica ha correttamente sottolineato che la contestazione dell’addebito è avvenuta nel rispetto del termine perentorio di dieci giorni (Sez. 1^, 18 novembre 2003, n. 48848; Sez. 1^, 18 ottobre 2007, n. 40479; Sez. 1^, 14 marzo 2008, n. 13685), teso a garantire, innanzitutto, un immediato e concreto esercizio del diritto di difesa mediante una tempestiva conoscenza del fatto contestato e, di conseguenza, un rapido accertamento e, inoltre, ad assicurare il sollecito ripristino dell’ordinato svolgimento di tutte le attività all’interno dell’istituto penitenziario.

2. Con riferimento alle altre censure la Corte osserva che i reclami previsti dall’ordinamento penitenziario in materia di sanzioni disciplinari, attesi il rinvio operato dall’art. 678 e art. 666 c.p.p., comma 6, alla disciplina generale contenuta nell’art. 568 c.p.p. (in quanto applicabile) e la loro natura di mezzi d’impugnazione in una procedura da ritenere ormai totalmente giurisdizionalizzata (Corte Cost., sent. n. 341 del 2006, n. 349 del 1993, n. 410 del 1993, n. 53 del 1993), debbono essere sostenuti, a pena di inammissibilità secondo i principi generali che regolano le impugnazioni, da specifici motivi (Sez. 1^, 28 gennaio 2000, n. 648;

Sez. 1^, 26 settembre 2007, n. 37332). In tale ottica correttamente il provvedimento impugnato ha evidenziato che non potevano trovare ingresso, per la prima volta, nell’udienza camerale celebrata dinanzi al Magistrato di sorveglianza le altre doglianze, in quanto in precedenza non tempestivamente dedotte.

In applicazione di questi principi devono, del pari, ritenersi precluse in questa sede le ulteriori censure dedotte sia dalla parte personalmente che dal difensore, la cui memoria contiene doglianze che non hanno formato oggetto dei motivi di ricorso principali (Sez. Un. 25 febbraio 1998, n. 4683).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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