T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 11-04-2011, n. 3182 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

E’ impugnata l’ordinanza n.47 del 13 maggio 2009 con cui il Comune di Campagnano Romano ha ingiunto alla ricorrente, quale proprietaria, di demolire ovvero di rimuovere le opere abusivamente realizzate in località "Fontana Latrona" consistenti in un manufatto di mq 8,60×4,35 + 4,25×3,35, per una superficie complessiva di mq 51,64, con altezza media di metri 2,80, con struttura portante in muratura rivestita all’esterno con scorze di legno e copertura in lastre di lamiera zincata.

La ricorrente ha contrastato la legittimità del provvedimento impugnato deducendo:

violazione dell’art.31 del DPR n.380 del 2001 e dell’art. 15 della legge regionale (Lazio) n.15 del 2008, non avendo ella la disponibilità dell’immobile, realizzato per esigenze abitative dal proprio figlio, al quale ella aveva a suo tempo ceduto la sola detenzione del relativo terreno;

eccesso di potere sotto vari profili, avendo il Comune in precedenza accolto la domanda del figlio di lei ricorrente per il trasferimento della residenza nell’immobile in questione.

La ricorrente ha quindi concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, con ogni conseguenza.

Il Comune di Campagnano Romano si è costituito ed ha articolatamente contrastato il ricorso, concludendo per il suo rigetto, con vittoria di spese.

Con successivo atto la ricorrente ha chiesto sospendersi il provvedimento impugnato, avendo il Comune provveduto al frazionamento del terreno al fine di procedere, in conseguenza della inottemperanza della ricorrente al disposto del predetto provvedimento, alla formalizzazione dell’acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile abusivo e del connesso terreno.

Indi, nella camera di consiglio del 31 marzo 2011, fissata per l’esame della domanda cautelare, si è dato avviso che il ricorso avrebbe potuto essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art.60 del codice del processo amministrativo; e, in relazione agli atti in essere nel fascicolo processuale, il ricorso è senz’altro definibile nel merito con decisione siffatta, non essendo necessario disporre eventuale istruttoria; in tal senso pertanto si procede.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo è dedotta illegittimità nella considerazione che la ricorrente, non essendo responsabile dell’abuso, che sarebbe stato commesso dal proprio figlio per esigenze abitative, e non avendo la disponibilità del terreno sul quale è stata realizzata la costruzione abusiva, terreno da lei posto nella disponibilità del figlio, non potrebbe essere destinataria della ordinanza repressiva; la quale dovrebbe essere indirizzata al figlio.

E’ in contrario da osservare che, proprio ai sensi delle norme dalla medesima ricorrente richiamate, e cioè ai sensi dell’art.31 del DPR 6 giugno 2001 n.380 e dell’art.15 della legge regionale (Lazio) 11 agosto 2008 n.15, l’ingiunzione di demolizione con riferimento ad immobili realizzati senza titolo va indirizzata al responsabile dell’abuso, oltre che al proprietario qualora questi non coincida con il primo.

Entrambi tali soggetti, quindi, sono amministrativamente responsabili dell’abuso, cosicché legittimamente il Comune adotta un provvedimento repressivo nei confronti del proprietario; e quest’ultimo, poiché risponde comunque dell’abuso al pari di chi lo abbia in concreto commesso, non ha interesse a dolersi di un eventuale mancato coinvolgimento dell’effettivo responsabile nell’azione di repressione, dato che il suo obbligo di ottemperare alla ordinanza non verrebbe meno né sarebbe ridotto.

E’ poi anche da considerare che necessariamente il Comune, nella sua azione repressiva, deve coinvolgere (quanto meno) il proprietario del terreno sul quale è stata realizzata l’opera abusiva, dato che la mancata ottemperanza all’ingiunzione demolitoria comporta l’acquisizione anche di tale terreno.

Una eventuale non responsabilità del proprietario (del terreno) potrebbe avere rilievo soltanto in sede di acquisizione dell’area di sedime e di quella accessoria, nel senso che ad acquisizione siffatta non potrebbe addivenirsi qualora tale proprietario dimostrasse in modo inequivocabile che egli, oltre che non essere responsabile dell’abuso, si fosse concretamente, ma inutilmente, attivato, utilizzando gli strumenti previsti dall’ordinamento giuridico, per impedire l’abuso e per reprimere lo stesso (cfr Corte Costituzionale, sentenza n. 345 del 15 luglio 1991).

Ma tale ipotesi non ricorre nella specie; la ricorrente, infatti, si è limitata a precisare che il responsabile dell’abuso è il proprio figlio, adducendo inoltre che quest’ultimo, in sede di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto anche da lei, avverso il precedente provvedimento di sospensione dei lavori, ha confermato tale circostanza.

Il che, all’evidenza, per quanto testé detto, non è bastevole, neanche al limitato fine della declaratoria di illegittimità del provvedimento in discussione relativamente alla sola avvertenza circa la acquisizione, in caso di inottemperanza, del terreno connesso all’abuso.

Il motivo trattato si rivela pertanto infondato.

Infondato è altresì il secondo motivo, ultimo da esaminare, con cui la ricorrente deduce eccesso di potere sotto vari profili, in particolare precisando che il Comune non ha tenuto conto del fatto, che contrasterebbe con l’ingiunzione in questione, dell’accoglimento da parte dello stesso Comune della richiesta, avanzata a suo tempo dal figlio di lei ricorrente, di trasferimento della residenza proprio nell’immobile abusivo.

E’ invero da considerare che la residenza non presuppone la legittimità dell’immobile in cui l’interessato abita; cosicché non è ravvisabile eccesso di potere per contraddittorietà fra più atti allorquando l’Amministrazione, pur dopo avere accertato la residenza di un soggetto in un immobile, con conseguente iscrizione dello stesso soggetto nel registro dei residenti, ingiunga poi la demolizione del medesimo immobile perché abusivo.

Irrilevantemente, poi, la ricorrente, nell’ambito della istanza cautelare, richiama la normativa concernente la regolarizzazione fiscale degli immobili (prevista dall’art.19, comma 8, del DL 31 maggio 2010 n.78, convertito con modificazioni con la legge 30 luglio 2010 n.122) per inferirne la possibilità di mantenere in essere gli immobili abusivi in vista di un loro inserimento nel tessuto urbanistico.

Tale normativa, invero, attiene alla sola regolarizzazione a fini fiscali, senza incidere sui poteri repressivi degli abusi edilizi da parte dei Comuni; come emerge dallo stesso comma 8, nella parte in cui è previsto che l’Agenzia del territorio rende disponibili ai Comuni i conseguenti accatastamenti al fine del controllo di conformità urbanisticoedilizia.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

definitivamente pronunciando:

RIGETTA il ricorso in epigrafe;

CONDANNA la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Campagnano di Roma, delle spese, delle competenze e degli onorari del presente giudizio, che liquida forfetariamente nella complessiva somma di euro 1.000,00 (mille/00);

ORDINA che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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