T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 11-04-2011, n. 3193 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le sig.re M.A. ed E. L.F. hanno contestato in giudizio la concessione edificatoria n. 160 /2003 rilasciata dal Comune di Minturno alla sig.ra M.G.D., ai fini di un intervento di ristrutturazione di un fabbricato sito su terreno di confine con la proprietà delle ricorrenti. Il ricorso è stato riassunto dai sig.ri A. e D.F., eredi di E. L.F..

Si deduce che la prospettata ristrutturazione, con demolizione e ricostruzione dell’edificato, maschererebbe un sostanziale ampliamento del vecchio fabbricato preesistente, laddove gli ingrandimenti di volumetria sarebbero stati fatti passare come volumi tecnici. Sono, dunque, rappresentati la violazione del regolamento edilizio del Comune di Minturno, l’eccesso di potere per sviamento conseguente all’utilizzo improprio del titolo concessorio e la violazione dell’art. 18 della legge n. 765/1967, che prescrive gli standards minimi delle aree di parcheggio di pertinenza delle nuove costruzioni residenziali, rapportabili alla superficie effettiva.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale di Minturno, che ha eccepito l’irricevibilità del ricorso e la sua inammissibilità per difetto d’interesse. Si è altresì costituita la sig.ra M.G.D., prospettando anch’essa un’eccezione d’irricevibilità del gravame. Nel merito le controparti affermano la legittimità della concessione n. 160/2003, sostenendo che il contestato ampliamento rientra nella nozione del volume tecnico e pertanto non è computabile ai fini del calcolo del massimo volume ammissibile, secondo la normativa urbanistica vigente, per le costruzioni della zona interessata.

Con memoria conclusiva le parti ricorrenti hanno affermato l’ammissibilità e la ricevibilità del ricorso e hanno ribadito le deduzioni di merito.

La causa è passata in decisione all’udienza del 13 gennaio 2011.
Motivi della decisione

Il ricorso è stato notificato l’11.7.2005 al Comune di Minturno e l’8.7.2005 alla controinteressata sig.ra M.G.D., titolare della concessione edilizia n. 160/2003 impugnata.

Le originarie ricorrenti, non residenti in loco, hanno dichiarato di aver appreso per la prima volta in data 5.6.2005 dell’erigendo edificio, non ancora completato, sul terreno confinante la loro proprietà e di aver avuto piena conoscenza del provvedimento concessorio soltanto dal 28.6.2005. Rispetto a entrambi i termini, identificabili quali dies a quo, la notifica del ricorso è tempestiva. Ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione di una concessione edilizia occorre che le opere rivelino, in modo certo e univoco, le loro caratteristiche e, quindi, l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento; di conseguenza, in mancanza di altri e inequivoci elementi probatori, la giurisprudenza dominante (per tutte cfr. Cons.St., IV, 23.7.2009 n. 4616) ritiene che il termine decorra con il completamento dei lavori, a meno che non venga provata una conoscenza anticipata.

Al di fuori delle dichiarazioni delle stesse parti agenti circa le date di presa conoscenza dell’opera in itinere e della concessione edificatoria non è presentata prova contraria; né questa può invenirsi nella conoscenza, dichiarata dalle ricorrenti nell’atto introduttivo, della ordinanza di sospensione cautelare n. 708/2005 di questa Sezione, assunta su ricorso in precedenza proposto avverso la stessa concessione rilasciata alla sig.ra D’Acunto, presentato da altra proprietaria confinante, giacché non è dimostrato che la consapevolezza del provvedimento di sospensione adottato dal Giudice in ordine al medesimo atto impugnato con il presente gravame sia stata acquisita in data anteriore a sessanta giorni dalla notifica del ricorso, cioè oltre i termini decadenziali.

Per quanto concerne l’interesse a ricorrere, questo deve essere certamente riconosciuto in capo alle originarie ricorrenti proprietarie limitrofe dell’area ove insiste l’immobile edificato in base al titolo concessorio in contestazione (e, per trasmissione, agli eredi di alcuna di esse), ai sensi dell’art. 31, comma 9, della L. 17.8.1942 n.1150 (legge urbanistica), secondo cui chiunque può ricorrere avverso i titoli edificatori. Questa possibilità di azione da parte di "chiunque" non configura un tipo di azione popolare, ma riconosce la posizione di interesse che consente l’impugnativa a chi si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona, senza richiedere la prova di un danno specifico, essendo insito nella violazione edilizia il danno a tutti i membri di quella collettività. A tale stregua si è formato un condivisibile orientamento giurisprudenziale (per tutte cfr. Cons.St., VI, 1.2.2010 n. 400), il quale ha chiarito che hanno titolo all’impugnazione della concessione edilizia i proprietari – persone fisiche o giuridiche – di immobili o abitazioni ubicate su un terreno confinante o fronteggiante o comunque in prossimità dell’area sulla quale avviene l’evento edificatorio.

A quanto premesso consegue giudizio d’infondatezza delle pregiudiziali eccezioni d’irricevibilità e d’inammissibilità del gravame.

Per quanto concerne il merito della controversia, si rileva che il provvedimento di concessione ha escluso dal calcolo volumetrico complessivo la misura in metri cubi dei locali cantina, garage, vano scala e sottotetto, per un totale di 390,81 mc., comprendendola nell’ambito del volume tecnico della costruzione. Come è noto, per costante giurisprudenza la nozione di volume tecnico, non computabile nel calcolo della volumetria massima consentita, può essere applicata solo con riferimento ad opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnicofunzionali della costruzione stessa. Si tratta in particolare di impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione che non possono essere ubicati all’interno di questa, connessi alla condotta idrica, termica, ascensore, ecc., mentre va escluso che possa parlarsi di volumi tecnici al di fuori di tale ambito, al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi comunque esistenti nella realtà fisica. In particolare, i vani scala, i sottotetti, le cantine, i porticati, le verande non sono in sé funzionali a ospitare elementi d’impiantistica e non possono, pertanto, le rispettive misure essere ricomprese tra i volumi tecnici.

L’incremento volumetrico determinato dai suddetti ambienti, notevole nel complesso edificatorio, porta il totale dei metri cubi della costruzione a 627,63 sui 286,13 preesistenti; talché è palese la realizzazione di una struttura edile nuova e diversa rispetto alla precedente, che fuoriesce dal concetto della ristrutturazione per rientrare in quello della nuova opera, in spregio al divieto di nuove costruzioni in zona (B 1 del piano regolatore generale di Minturno) in assenza di piano particolareggiato. Il carattere innovativo dell’opera è reso ancor più evidente dall’aumento di altezza (determinato dalla maggior volumetria del sottotetto), che porta l’edificato a metri 8 h rispetto ai metri 3,70 h della preesistente costruzione.

Occorre, pertanto, rilevare la fondatezza del gravame.

Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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