Cass. civ. Sez. II, Sent., 06-07-2011, n. 14898 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al Tribunale di Firenze C.P., dicendosi proprietario per un sesto del fondo (OMISSIS) ed affittuario dei restanti cinque sesti di proprietà dei suoi cinque fratelli, agiva in via possessoria contro il fratello D., il quale dopo che già nel 1997 e nel 1998 aveva violato il pacifico possesso del fondo, il 30 aprile 1999 e nei giorni seguenti si era arbitrato di arare con l’aiuto del trattorista S.M. e del di lui figlio, l’intero fondo, di circa dieci ettari, distruggendo la coltura del fieno.

Il ricorso veniva proposto anche nei confronti dello S..

C.D. negava che il fratello fosse coltivatore e possessore, essendolo stato il padre con l’aiuto del convenuto e, solo dopo la morte del genitore, P., contrastato dal convenuto, aveva fatto seminare da un vicino una parte del terreno, eseguendo piccoli raccolti nel 1995 e 1996.

S. si giustificava dichiarando di avere agito su incarico senza consapevolezza od interesse di violare l’altrui possesso.

Il Tribunale, con sentenza 3.6.2002, rigettava la domanda sia sotto il profilo della tardività che della prova del possesso esclusivo, decisione appellata da P., resistita dagli appellati con incidentale di D. sulla compensazione delle spese, confermata dalla Corte di appello di Firenze, con sentenza 801/2005, che deduceva essere onere dell’attore non la semplice dimostrazione di una situazione di fatto ma di una situazione di fatto e di diritto configurabile come rapporto di affitto ed in particolare, di essere stato coltivatore fino all’annata agraria della morte del padre, e di avere continuato a coltivare fino allo spoglio, circostanze non provate.

Il fondo era sostanzialmente incolto e non era stato pagato alcun affitto.

Ricorre C.P. con quattro motivi, resistono le controparti.

C.P. e D. hanno presentato memorie.
Motivi della decisione

Col primo motivo si lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di appello imputato al ricorrente la mancata prova del possesso mentre aveva dimostrato che il fratello, con azioni distinte e ripetute, a partire da un certo momento, lo aveva violentemente spogliato.

Col secondo motivo si deduce violazione dell’art. 1168 c.c., nella parte in cui è stata collegata la tutela possessoria ad una detenzione qualificata mentre anche il compossesso legittima all’azione.

Col terzo motivo si denunzia violazione dell’art. 1168 cc perchè, in presenza di distinti episodi, il termine per proporre l’azione decorre ex novo per ciascuno degli arti.

Col quarto motivo si deducono vizi di motivazione in ordine alla posizione dello S. ed alla condanna alle spese. Le censure non meritano accoglimento.

Come dedotto, la sentenza impugnata ha affermato essere onere dell’attore non la semplice dimostrazione di una situazione di fatto ma di una situazione di fatto e di diritto configurabile come rapporto di affitto ed in particolare, di essere stato coltivatore fino all’annata agraria della morte del padre, e di avere continuato a coltivare fino allo spoglio, circostanze non provate.

Il fondo era sostanzialmente incolto e non era stato pagato alcun affitto.

Ciò premesso, in ordine alla prima censura va osservato che il ricorrente contrappone alla motivata decisione della Corte territoriale della assenza di prova la assiomatica affermazione di avere dimostrato lo spoglio ma l’argomento si ritorce contro, con riferimento ad azioni ripetute a partire da un certo momento, il che conferma la tesi della tardività dell’azione.

In ordine alla seconda doglianza, se, in astratto è vera l’affermazione che anche il compossessore può agire, il ricorrente trascura la circostanza di avere introdotto il giudizio quale proprietario per un sesto ed affittuario degli altri cinque sesti, per cui tale specifica situazione andava provata, mentre rimane non censurata l’affermazione della sentenza circa la mancata prova di una coltivazione recente.

La terza censura è generica rispetto alla motivazione della sentenza, secondo la quale, se di spoglio si potesse parlare, bisognava risalire al 1967 (pagina sei) e non indica i riferimenti cronologici per pervenire ad una riforma.

Il quarto motivo è infondato attesa la soccombenza. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 1700,00 in favore di C.D. ed Euro 1200 in favore di S.M., oltre accessori, di cui euro 200 per spese vive in favore di ciascuno dei resistenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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