Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2011) 13-04-2011, n. 15022 Ebbrezza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1^) B.D. ha proposto ricorso avverso l’ordinanza 12 febbraio 2010 del Tribunale di Firenze, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, che ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame (così qualificata dal Tribunale: in realtà si tratta di appello) del provvedimento emesso il 14 ottobre 2009 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con il quale veniva rigettata la richiesta di restituzione all’autovettura Citroen CA targata (OMISSIS), di proprietà del medesimo ricorrente e sottoposta a sequestro preventivo.

Il Tribunale riferisce che l’autovettura apparteneva in precedenza a C.E. sottoposto a indagini per il reato di cui all’art. 186 C.d.S. (guida in stato di ebbrezza) perchè trovato alla guida dell’autovettura indicata e nei confronti del quale era stato accertato che presentava un tasso alcolemico pari a 1.74 e 1.82 g/l.

Poichè B. sosteneva di aver acquistato il veicolo il Tribunale ha ritenuto che non fosse legittimato a richiederne la restituzione e che il contratto di compravendita fosse simulato.

2^) Contro l’ordinanza indicata ha proposto ricorso B.D. il quale ha dedotto i seguenti motivi:

– la violazione di legge perchè la confisca cui è preordinato il sequestro preventivo ha natura di misura di sicurezza e con la vendita del veicolo viene meno il nesso strumentale tra reato e la cosa con cui è stato commesso; inoltre l’ordinanza impugnata avrebbe ritenuto nulla la vendita confondendo la disponibilità materiale del bene con la disponibilità giuridica che non viene meno con il sequestro del bene;

– la violazione di legge con riferimento alla affermata mancanza di legittimazione del ricorrente ad ottenere la restituzione del veicolo;

il vizio di mancanza di motivazione con riferimento alla ritenuta simulazione del contratto di compravendita del veicolo le cui trattative erano iniziate prima del sequestro.

3^) L’esame delle censure proposte richiede una verifica preliminare degli effetti che, nel caso in esame, possono avere (oltre alle modifiche legislative di recente intervenute cui si farà di seguito cenno) la pubblicazione delle sentenze 4 giugno 2010 n. 196 della Corte costituzionale e 25 febbraio 2010 n. 23428, Caligo, delle sezioni unite di questa Corte.

La Corte costituzionale – investita del problema relativo alla possibilità di applicare retroattivamente (con riferimento all’art. 200 c.p., comma 1) la confisca del veicolo nel caso in cui l’art. 186, nella formulazione conseguente alle modifiche intervenute in precedenza la consenta in considerazione della natura di misura di sicurezza della confisca – ha anzitutto ritenuto che non fosse risolvibile in via interpretativa il problema con l’affermazione della non retroattività della confisca.

Il giudice delle leggi ha poi richiamato la giurisprudenza della medesima Corte che aveva affermato come la confisca potesse assumere, in relazione alle varie ipotesi previste da diverse leggi, natura diversa (pena o misura di sicurezza) a seconda delle finalità perseguite (reazione al reato commesso o salvaguardia di esigenze attinenti alla pericolosità della persona).

La Corte ha poi ritenuto che dovesse essere ritenuta la natura sanzionatoria della confisca del veicolo nel caso previsto dall’art. 186 C.d.S. e che, per evitare il rischio di applicazione retroattiva della norma, fosse sufficiente eliminare il richiamo all’art. 240 c.p. contenuto nell’art. 186.

In parte diverso è il percorso argomentativo delle sezioni unite che hanno invece ritenuto che il richiamo all’art. 240 c.p. non fosse significativo dell’attribuzione alla confisca della natura di misura di sicurezza bensì della volontà del legislatore di renderla obbligatoria (così si esprimono le sezioni unite: "risulta allora chiaro che il richiamo al comma 2 dell’art. 240 c.p. operato dall’art. 186 C.d.S., comma 2 sia stato effettuato esclusivamente per affermare la natura obbligatoria della sanzione della confisca del veicolo da tale norma prevista e non per qualificare tale sanzione come una misura di sicurezza patrimoniale in senso tecnico").

Hanno inoltre ritenuto, le sezioni unite, che malgrado la diversa formulazione (perchè manca il richiamo all’art. 240 allora contenuto nel comma 2 dell’art. 186) anche la sanzione prevista dall’art. 186, al comma 7 (rifiuto di sottoporsi all’esame) abbia natura di sanzione penale accessoria obbligatoria.

Con la conseguenza del divieto di applicazione retroattiva della sanzione ma dell’obbligatorietà della medesima.

4^) Il quadro normativo è però di recente mutato nuovamente con l’entrata in vigore della L. 29 luglio 2010, n. 120 (disposizioni in tema di sicurezza stradale) che ha innovato la precedente disciplina del codice della strada in relazione alle sanzioni accessorie.

In particolare – per quanto riguarda la confisca del veicolo appartenente alla persona cui sia addebitato il reato previsto dall’art. 186 C.d.S. (guida in stato di ebbrezza) o quello previsto dall’art. 187 del medesimo codice (guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti) – l’art. 33, comma 1, della L. 120 ha modificato dell’art. 186, comma 2, la lett. c) inserendo un ultimo periodo che contiene la previsione che, ai fini del sequestro (disciplinato della medesima norma che prevede anche la confisca del veicolo), si applichino le disposizioni di cui all’art. 224 ter.

L’art. 224 ter è norma introdotta dalla medesima L. 120 e qualifica espressamente la confisca come "sanzione amministrativa accessoria".

La medesima norma prevede che nelle ipotesi di reato cui consegue tale sanzione (e quindi non solo artt. 186 e 187 ma, per esempio, l’art. 9 ter in tema di divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore) l’agente o l’organo accertatore, procedano al sequestro ai sensi dell’art. 213 C.d.S..

Non sembra quindi dubbio che la confisca del veicolo, malgrado debba essere obbligatoriamente disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna, abbia adesso acquisito, per espressa previsione legislativa, la qualifica di sanzione amministrativa (non diversamente dalla sospensione della patente di guida).

Questa diversa qualificazione produce effetti assai rilevanti sulla possibilità di disporre il sequestro preventivo del veicolo.

In particolare non può più essere ritenuto consentito il sequestro preventivo disposto per consentire di applicare la confisca del bene ( art. 321 c.p.p., comma 2); in questo caso si fuoriesce palesemente dall’ambito di applicazione della misura cautelare reale essendo evidente che la confisca cui fa riferimento la norma processuale è quella avente natura penale mentre la confisca, pur conservando il carattere dell’obbligatorietà, ha assunto oggi natura di sanzione amministrativa; con la conseguenza che il sequestro preventivo (penale) non potrà più essere disposto nel caso di confisca obbligatoria.

Se invece il sequestro preventivo viene disposto perchè la libera disponibilità del veicolo può agevolare la commissione di altri reati ( art. 321 c.p.p., comma 1) il sequestro preventivo conserverà il suo attuale ambito di applicazione fermo restando che la confisca, ancorchè disposta dal giudice penale, non muterà la sua natura amministrativa.

5^) Il problema di maggior complessità è però quello che riguarda il diritto intertemporale in mancanza di norme transitorie contenute nella nuova legge.

Questo problema va esaminato preliminarmente perchè se fosse accolta la tesi secondo cui i sequestri preventivi in precedenza disposti perdono la loro efficacia per il mutamento di natura nel frattempo intervenuto diverrebbe ovviamente irrilevante l’esame dei motivi di censura proposti con il ricorso.

In particolare occorre verificare quale sia la sorte dei sequestri preventivi disposti anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina fermo restando, come si è già accennato, che, per il periodo successivo, non potrà più essere disposto il sequestro preventivo (penale) nel caso di confisca obbligatoria ma solo il sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 1.

Questa sezione ha fornito, nella prima fase di applicazione della nuova normativa, risposte diverse al quesito ma questo collegio ritiene di concordare con il più recente orientamento (Cass., sez. 4^, 4 novembre 2009 n. 40523, Gibellini) secondo cui il sequestro preventivo, anteriormente disposto, mantiene ferma la sua efficacia nel caso di infondatezza dei motivi proposti con il ricorso in cassazione.

Nella sentenza indicata si premette che la situazione creatasi con la modifica legislativa è diversa rispetto a quella di cui si sono occupate le sezioni unite di questa Corte (sentenza 16 marzo 1994 n. 7394 che si era occupata di un caso di trasformazione di un illecito penale in illecito amministrativo).

Nel nostro caso ha invece mutato natura solo la sanzione accessoria e la sentenza fa rilevare che, se il sequestro è stato legittimamente disposto – con il richiamo alla natura obbligatoria della confisca, in base all’art. 321, comma 2 già ricordato – il mutamento di natura non ne comporta il venir meno "imponendosi al giudice solo di valutare ora se l’atto compiuto sia conforme anche ai requisiti sostanziali, di natura amministrativa, allo stato richiesti".

La sentenza Gibellini ha dunque ritenuto che, in tale situazione, debba trovare applicazione il principio della perpetuatio iurisdictionis e che spetti conseguentemente al giudice penale "delibare a tali fini la fattispecie, tenuto conto, peraltro, del generale principio della competenza del giudice penale ad infliggere anche le sanzioni amministrative conseguenti alla commissione di un reato, come pacificamente avviene per la sospensione o revoca della patente di guida".

In questi casi compete dunque al giudice penale (e quindi anche a questa Corte) di valutare la legittimità del sequestro sotto il profilo amministrativo; accertamento coincidente con quello, in precedenza attribuitogli, di verificare l’esistenza del fumus commissi delicti e dunque l’esistenza di una guida compiuta nelle condizioni previste dai già ricordati art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) e art. 187 C.d.S., comma 1. 5^) Nel caso in esame il reato è stato consumato prima che entrasse in vigore la nuova disciplina e dunque, per le considerazioni già svolte, il sequestro preventivo – che risulta emesso per entrambe le ipotesi previste dall’art. 321 c.p.p. – non viene meno per le ragioni già indicate.

In base alle ricordate sentenze della Corte costituzionale e delle sezioni unite di questa Corte deve poi essere ritenuto infondato il primo motivo di ricorso per quanto attiene alla qualificazione come misura di sicurezza della confisca cui il sequestro è preordinato.

Anche se fosse corretta la censura sotto il profilo della dedotta eliminazione del nesso strumentale con il bene oggetto del sequestro la vendita del veicolo, infatti, non influisce sulla natura sanzionatoria della confisca oggi anche normativamente riaffermata (con la già ricordata eliminazione del richiamo all’art. 240 c.p. già previsto dall’art. 186 C.d.S.).

6^) Resta da esaminare la censura principale sulla quale il ricorrente fonda la richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata: il vizio di motivazione in relazione alla affermata natura simulata del contratto di vendita.

Con riferimento a questo motivo di ricorso va preliminarmente rilevato che il ricorso in cassazione contro le ordinanze del tribunale per il riesame, in materia di misure cautelari reali, è proponibile, per l’espresso disposto dell’art. 325 c.p.p., comma 1, solo "per violazione di legge".

Ciò vale anche per l’ordinanza del tribunale che si pronunzi sulla richiesta di riesame del decreto del pubblico ministero che abbia convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria o sulla richiesta di riesame il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria (v. art. 355 c.p.p., comma 3 e art. 257 c.p.p. che rinviano entrambi all’art. 324; con la conseguente applicabilità dell’art. 325 in tema di ricorso in cassazione).

Ciò comporta in particolare, per quanto attiene ai vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che con il ricorso in questa materia non sono deducibili tutti i vizi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e ma soltanto la mancanza assoluta, o materiale, della motivazione perchè solo in questo caso può configurarsi la violazione di legge ed in particolare la violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 che prescrive, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione delle sentenze e delle ordinanze in attuazione del disposto dell’art. 111 Cost., ai commi 6 e 7.

Tra i casi di mancanza assoluta della motivazione può certamente ricomprendersi anche il caso di motivazione meramente apparente o assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno dell’esistenza o meno dei presupposti per il mantenimento della cautela.

Non possono invece formare oggetto di ricorso in cassazione le censure dirette ad evidenziare l’insufficienza, l’incompletezza, l’illogicità o la contraddittorietà della motivazione.

La giurisprudenza di legittimità è univoca nel senso indicato: cfr. da ultimo Cass., sez. 5^, 11 gennaio 2007 n. 8434, Ladiana, rv.

236255; sez. 3^, 5 maggio 2004 n. 26853, Sainato, rv. 228738; sez. un. 28 gennaio 2004 n. 5876, Bevilacqua, rv. 226710. 7^) Alla luce di questo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (che nel ricorso neppure viene posto in discussione) le censure rivolte dal ricorrente all’ordinanza impugnata con il secondo motivo di ricorso devono essere ritenute inammissibili.

Se anche fosse illogica o contraddittoria la ricostruzione compiuta dal giudice di merito non per questo potrebbe essere censurata nel giudizio di legittimità.

Di ciò è cosciente lo stesso ricorrente il quale sostiene, nel motivo di ricorso, che la motivazione su questo punto deve essere ritenuta del tutto apparente; dal che, per le ragioni già indicate, potrebbe derivare l’esistenza del vizio di violazione di legge.

Ma così non è: l’ordinanza impugnata desume la natura simulata del contratto dalla circostanza che, essendo il veicolo sottoposto a sequestro, il presunto acquirente neppure aveva avuto la possibilità di esaminarlo.

Circostanza tanto più singolare, osserva il Tribunale, ove si consideri che il presunto acquirente svolge attività di commercio di autoveicoli e dunque non può ignorare la potenziale esistenza di vincoli esterni alla disponibilità del bene.

La motivazione non è dunque mancante e ciò rende il motivo inammissibile.

Da ciò deriva altresì l’assorbimento delle censure che riguardano la legittimazione del ricorrente a proporre appello contro il diniego di restituzione; legittimazione negata dal Tribunale sulla ritenuta simulazione della compravendita ma poi di fatto ritenuta esistente con l’esame nel merito delle censure proposte con l’appello.

8^) Alle considerazioni in precedenza svolte consegue il rigetto del ricorso con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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