T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 11-04-2011, n. 948 Lavoro domestico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

‘art. 60 cod. proc. amm.;
Svolgimento del processo

L’esponente è il destinatario della domanda di nulla osta al lavoro subordinato, inoltrata dal datore di lavoro, sig. A.I., nell’ambito della procedura disciplinata dagli artt. 22 e ss. del d.lgs. n.286/1998, avviata, quanto ai "Flussi 2007", dal d.P.C.M. 30.10.2007.

In relazione ad essa, si ricava dagli atti di causa che:

– in data 30/10/2009 lo Sportello Unico Immigrazioni della Prefettura di Milano ha provveduto al rilascio del predetto nullaosta, prot. n. PMI/L/Q/2007/208369, all’uopo trasmesso alla competente Rappresentanza Diplomatico – Consolare, individuata nell’Ambasciata italiana in Alessandria d’Egitto, presso la quale lo stesso ricorrente si è recato per ottenere il visto di ingresso per lavoro subordinato, con cui ha, successivamente, fatto ingresso in Italia.

A questo punto, secondo quanto documentato da parte resistente, nel corso delle operazioni preordinate al perfezionamento dell’iter volto al rilascio del permesso di soggiorno, a seguito dei rilievi dattiloscopici eseguiti il giorno 05.07.2010 (cfr. elenco precedenti dattiloscopici AFIS agli atti), è emerso che lo stesso ricorrente, con diverse generalità, era stato destinatario di un provvedimento di espulsione, emesso dalla Prefettura di Agrigento in data 17.06.2003, recante contestuale divieto di reingresso per il periodo di anni 10 dalla data dell’effettivo allontanamento, con allegato il verbale di notifica all’interessato in pari data.

In conseguenza di ciò, la Prefettura di Milano ha adottato il decreto in epigrafe specificato, con cui è stato annullato il nulla osta al lavoro domestico n. PMI/L/Q/2007/208369 sopra citato.

Contro il suddetto decreto è insorto l’odierno ricorrente, affidando il gravame ai motivi di seguito sintetizzati:

1) Violazione dell’art. 21 nonies legge 241/1990 ed eccesso di potere per motivazione insufficiente ed illogica.

2) Violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 ed eccesso di potere per difetto di motivazione.

Si è costituita l’intimata Amministrazione con comparsa "di stile".

Alla Camera di Consiglio del 27.01.2011 il Collegio ha disposto incombenti istruttori a carico della parte resistente, reiterati con successiva ordinanza dell’11.3.2011 ed ottemperati dall’amministrazione con la documentazione depositata in data 01/04/2011.

Alla Camera di Consiglio del 07.04.2011 il Collegio, valutata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso devono essere disattesi, con conseguente reiezione dell’odierno gravame.

Dalla documentazione versata in atti da parte resistente risulta in modo inequivocabile, sia l’esistenza, che la notificazione al diretto interessato, di un decreto di espulsione emesso a carico del ricorrente.

Tale circostanza indubbiamente concreta una causa di illegittimità del nullaosta all’assunzione a suo tempo rilasciato dalla competente Prefettura, per violazione del combinato disposto degli artt. 4, co. 6° e 13, co. 13° del d.lgs. n.286/1998, rendendo lo stesso annullabile.

Detto nulla osta, infatti, è risultato privo di un presupposto richiesto dal cit. T.U. del "98 per l’ingresso nel territorio nazionale, consistente nell’assenza di un divieto di reingresso derivante da un’espulsione tutt’ora efficace.

Tale presupposto, poi, giova precisare, sarebbe stato senza colpa ignorato da parte dell’amministrazione, ove si consideri che la stessa sia stata indotta in errore a causa del comportamento dell’interessato, che ha fornito false generalità all’Autorità di p.s. (circostanza, questa, che chiaramente emerge dall’elenco degli "alias" associati ai dattiloscopici AFIS in precedenza citati), così rendendo impossibile per l’amministrazione di risalire alla precedente espulsione, emessa sotto nominativo diverso da quello fornito in occasione della domanda di nullaosta.

In tali evenienze, come ripetutamente affermato dal Supremo Consesso Amministrativo, "Nessun legittimo affidamento può essere riconosciuto a chi ha fornito false generalità all’autorità di p.s. ed è rimasto o rientrato in Italia in violazione di un provvedimento espulsivo" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI^, 16.12.2010 n. 9029; id. 18.11.2010 n. 8101; id. 29.09.2010 n. 7202).

Quanto alla dedotta violazione delle norme in materia di procedimenti di autotutela, è utile riportare l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, nelle sentenze da ultimo citate, ove si afferma espressamente che:

"Non risultano violate le regole in tema di autotutela amministrativa ove si consideri (Cons. St., sez. VI, n. 4003/2010 cit.):

a) l’obbligatorietà, ex lege, della revoca del permesso di soggiorno se si accerta la mancanza originaria o sopravvenuta dei presupposti per il suo rilascio, sancita dall’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 per l’ordinario permesso di soggiorno, e da ritenere applicabile anche al permesso di soggiorno rilasciato in sede di "sanatoria", che rendono attuale e concreto l’interesse pubblico all’autotutela;

b) l’obbligatorietà della revoca del permesso di soggiorno in caso di mancanza originaria dei suoi presupposti comporta che la disciplina dell’autotutela in relazione ai permessi di soggiorno è "speciale" rispetto alla disciplina generale dell’autotutela di cui all’art. 21nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241; infatti l’autotutela speciale è doverosa e non discrezionale, prescinde da limiti temporali, comporta una valutazione ex lege dell’attualità dell’interesse pubblico,…consente di tener conto solo di sopravvenienza di nuovi elementi che consentono il rilascio attuale del titolo, e dei legami familiari, non di altri elementi personali;

c) nella specie non è stata dimostrata la sopravvenienza di nuovi elementi che consentissero il rilascio del titolo, in quanto il decreto di espulsione, del 2000, comportava il divieto di reingresso in Italia per cinque anni dalla data di effettiva uscita dal territorio italiano, salva speciale autorizzazione, e nella specie non risulta dimostrata l’effettiva uscita dal territorio Italiano, e per converso risulta provata la presenza in Italia, nel 2003, in violazione del divieto;

d) neppure è stata dimostrata la sussistenza di legami familiari in Italia;

e) la mancata considerazione dell’esistenza del decreto di espulsione alla data del rilascio del permesso di soggiorno non è imputabile alla p.a. ma alla circostanza delle false generalità fornite in sede di decreto di espulsione rispetto a quelle veritiere fornite in sede di rilascio del permesso di soggiorno;…" (così, decisione n. 9029/2010 cit.).

Considerazioni analoghe valgono, quindi, in relazione al caso che qui occupa, atteso che – in assenza di sopravvenienze rilevanti ai sensi dell’art. 5, co. 5 cit. ("dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29", nel qual caso "si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale", anche alla luce dell’applicazione estensiva che della succitata norma ha fornito il Consiglio di Stato, in ossequio all’art. 8 della C.E.D.U., ad es. con le ordinanze, Sez. VI^, 30.03.2010 n.1480, 31.03.2010, n. 1469, 10.02.2010 n. 691), non addotte dall’esponente – non è possibile adottare un provvedimento diverso dall’annullamento del nullaosta in precedenza illegittimamente rilasciato.

Non si può, in altri termini, ritenere che siano sopraggiunte circostanze tali da consentire oggi il rilascio del titolo di soggiorno, atteso che risulta tutt’ora valido ed efficace il decreto di espulsione adottato dalla Prefettura nel 2003 che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 e 13 T.U. "98 cit., preclude la possibilità di rilascio del titolo in questione.

Ne deriva, quindi, che il ricorrente, pur consapevole dell’esistenza a suo carico della cit. espulsione, ancora senz’altro efficace al momento del reingresso (essendo stata irrogata nell’anno 2003 per un periodo di anni 10), ritualmente notificata al ricorrente medesimo (cfr. doc. dep. in data 01.04.2011 da parte resistente) ha fatto rientro nel territorio nazionale senza la speciale autorizzazione di cui all’art. 13 cit..

In tale evenienza, la declaratoria prefettizia di annullamento d’ufficio del nullaosta al lavoro subordinato rappresenta una soluzione vincolata da parte della P.A., con tutte le conseguenze afferenti i predetti provvedimenti (cfr., T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 17 dicembre 2008, n. 3859; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 43; T.A.R. Veneto, III, n. 1941 del 2008; T.A.R. Campania, Napoli n.9820/2008 reg. sent.).

Dal carattere vincolato dell’atto qui gravato consegue, poi, sia la irrilevanza dell’invocato affidamento, illegittimamente formatosi a fronte della originaria assenza dei requisiti per la positiva conclusione del procedimento di ingresso per lavoro subordinato, sia la irrilevanza di eventuali violazioni procedimentali (cfr. Consiglio di Stato n.1574/2009 reg. dec.).

Per le suesposte considerazioni, il ricorso in epigrafe specificato deve essere respinto.

Sussistono, nondimeno, valide ragioni, ricavabili dalla su estesa motivazione, per compensare integralmente le spese di lite fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *