Cons. Stato Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 2265 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I.- Con atto notificato il 13 settembre 2010 e depositato il 22 seguente la S. S. R. s.p.a., gestore uscente del servizio di ristorazione dei dipendenti e degenti dell’Istituto Nazionale Tumori e partecipante, unitamente alla sola P. s.p.a., alla gara col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa indetta dal medesimo Istituto per il nuovo affidamento quinquennale del detto servizio, ha appellato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione prima, 21 giugno 2010 n. 2111, non notificata, con la quale è stato respinto il suo ricorso (principale) e successivi motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione della gara in favore della controinteressata ed i sottostanti atti, compresi i verbali, il bando, il disciplinare di gara ed il capitolato speciale della procedura nella parte in cui individuano gli elementi di valutazione dell’offerta, nonché la determinazione di nomina della commissione giudicatrice.

L’appellante ha premesso, tra l’altro, che con l’ultimo dei motivi aggiunti contestava l’omessa esclusione della P. s.p.a. per falsa dichiarazione riferibile all’autocertificazione datata 7 ottobre 2009 relativa al numero delle schede di certificazione dei fornitori, sottoscritta con firma apocrifa del legale rappresentante se comparata con la dichiarazione in pari data relativa al carattere indicativo delle stesse schede, ma il primo giudice ha dichiarato il motivo aggiunto improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in relazione alla dichiarazione ai sensi dell’art. 222 c.p.c. del difensore della controinteressata di non volersi avvalere del primo documento. Poi a sostegno dell’appello ha dedotto:

1.- In ordine al motivo aggiunto depositato il 26/03/2010 (punto 1 della sentenza). Error in iudicando per violazione degli artt. 112 e 222 c.p.c. e travisamento assoluto.

Alla dichiarazione di non avvalimento non consegue l’inesistenza del documento rispetto alla sequenza procedimentale, poiché la risposta all’interpello ex art. 222 c.p.c. comporta l’inutilizzabilità nei confronti della parte che ha prodotto il documento e non dell’altra che ne contesta la falsità. Il TAR avrebbe quindi dovuto esaminare nel merito la doglianza ed accoglierla, dal momento che la non imputabilità della sottoscrizione a colui che avrebbe dovuto impegnare la controinteressata integra un contegno rilevante nella procedura ad evidenza pubblica, tale da incidere, tra l’altro, sul pactum fiduciae; nonché tenuto conto che nei verbali avrebbero dovuto essere esplicitate le ragioni per cui si è ritenuto il documento riferibile al titolare del potere negoziale.

2.- In ordine al quarto motivo di ricorso contenuto nei nuovi motivi aggiunti depositati il 24/02/2010 (punto 3.4 della sentenza). Error in iudicando per 1) errata interpretazione dell’art. 84 d.lgs. 163/2006; 2) travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; 3) violazione dell’art. 122 c.p.c..

Il TAR ha respinto le censure concernenti la qualificazione della commissione osservando che l’oggetto dell’appalto non postula la verifica di elementi tecnici o scientifici di difficile cognizione. Di contro, si tratta di servizio particolarmente complesso e delicato, tant’è che la Regione Lombardia e lo stesso Stato hanno aggiornato di recente le rispettive linee guida ribadendo la complessità e le implicazioni della ristorazione ospedaliera. Pertanto, v’era necessità che i commissari fossero muniti di appropriate competenze quali "esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto" ai sensi della normativa posta ad auto vincolo procedimentale dalla determinazione di indizione. E’ quindi errato il giudizio del TAR di astratta idoneità della dott. Paola Notti quale dirigente medico con specializzazione in biochimica e chimica clinica, nonché responsabile dei settori controllo epidemiologico della collettività e formazione ed aggiornamento permanente del personale sanitario, atteso che in campo alimentare ella si occupa di "monitoraggio delle attività proprie della catena alimentare" che consta nella mera registrazione di dati, ovvero è un insieme di osservazioni finalizzate ad ottenere un quadro d’insieme. Rispetto a tali osservazioni sono ben altro le conoscenze delle tematiche riguardanti l’appalto, in particolare gli elementi quotabili C1), C2), C3) e C5), richiedenti cognizioni proprie dei tecnologi alimentari, come del resto ha rilevato lo stesso primo giudice con riguardo al V motivo. Vi è dunque insanabile incoerenza nell’aver la stazione appaltante prima incaricato della predisposizione degli atti di gara il tecnologo alimentare, poi omesso di includerlo tra i commissari, nonché contraddizione in termini della ratio decidendi della relativa statuizione.

Inoltre il TAR non ha esaminato la censura concernente la competenza dell’intero collegio a conoscere, oltre che dei predetti elementi, quelli A1), A2), A4), A6), B1), B2), B4) e B5) relativi a componentistica/dotazioni strumentali delle cucine, oltre a C4) incentrato su nozioni proprie di un esperto informatico. Come osservato dal primo giudice e come dedotto, il principio del buon andamento impone la garanzia del grado di conoscenze richiesto nella specifica fattispecie da parte della commissione unitariamente considerata. Di contro, non v’è correlazione diretta tra titolo di studio/esperienza e parametri valutativi con riferimento:

– alla dott. Notti, per quanto innanzi;

– al signor Maurizio Villa, esperto nel servizio di prevenzione e protezione, il quale al più poteva avere cognizione del subelemento "D3) misure di sicurezza e vigilanza interna…";

– all’ing. Carlo Galbiati, responsabile s.s. manutenzione immobili e impianti, al più competente per gli elementi A3), A5) e B3).

Né era possibile compensare le carenze altrui con le competenze del membro esterno dott. G. B., direttore generale di "M. R.", nominato in assenza in organico di un’elevata professionalità in materia di ristorazione ma in realtà inidoneo per aver sempre svolto funzioni manageriali, ossia di governo dell’azienda non implicanti il possesso delle conoscenze specialistiche, che l’Istituto ha inteso garantire con quella nomina, in tema di mense (elementi A1, 2, 4 e 6), di cucine (elementi B1, 2, 4 e 5), di caratteristiche metodologiche per l’esecuzione del servizio (elementi C1, 2, 3 e 5) e tanto meno di informatica (C4).

3.- In ordine al sesto motivo di ricorso contenuto nei motivi aggiunti depositati il 12 marzo 2010 (punto 3.5 della sentenza). Error in iudicando per: 1) errata valutazione del sindacato sulla discrezionalità tecnica; 2) travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; 3) violazione dell’art. 112 c.p.c..

In relazione al principio secondo cui l’attribuzione di punteggi in sede di gara è sindacabile per eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto ed incoerenza dell’iter valutativo e dei relativi esiti, erano state prodotte due perizie giurate (in ordine l’una ai fattori A e B, l’altra ai fattori C), le quali evidenziavano la sussistenza di tutte le predette figure sintomatiche. Il TAR ha ritenuto inammissibile il motivo, non ravvisando i predetti vizi dalla lettura dei verbali di gara e ritenendo, invece, che tali censure impingessero nel merito. Tale argomentare è errato poiché l’indagine avrebbe dovuto essere condotta in base al contenuto delle proposte progettuali e quindi delle perizie, le quali appalesano proprio il macroscopico errore compiuto dalla commissione nell’apprezzare il contenuto delle offerte e nell’attribuire, di conseguenza, punteggi illogici e ingiusti.

Inoltre, quanto alla censura concernente il numero dei posti a sedere nella zona mensa nella sentenza appellata si afferma che non sarebbe contenuta in specifico motivo di ricorso bensì in semplice memoria e, peraltro, sarebbe smentita da un’attenta lettura dell’offerta. Invece era espressamente dedotta a pag. 5 dei motivi aggiunti in rubrica, mentre dalle perizie accennate risulta che i posti progettati erano 178 in luogo dei prescritti 216. Lo stesso perito della P. afferma che, dopo le riduzioni, i posti sarebbero 194 e che tale numero, motivato dall’analisi delle turnazioni e delle frequenze, sarebbe più che sufficiente alle necessità del servizio; tale previsione è però in contrasto col disposto dell’art. 18 del disciplinare, che impone obbligatoriamente la sostituzione dei tavoli e delle sedie "mantenendo i medesimi numeri di sedute" che lo "allegato proposte artt. 18 e 19 del capitolato speciale" precisa essere 216.

4.- In ordine al settimo motivo di ricorso contenuto nei motivi aggiunti depositati il 12/03/2010 (punto 3.6 della sentenza). Error in iudicando per: 1) errata interpretazione dell’art. 76 d.lgs. 163/2006 e delle prescrizioni della lex specialis della gara; 2) travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

Circa la preparazione delle carni, la lex specialis di gara prescrive la tipologia del "legame refrigerato", mentre l’offerta della P. prevede la preparazione in loco. La censura concernente tale aspetto è stata respinta dal TAR nel rilievo che, in risposta ad un quesito, l’Amministrazione ha espressamente consentito, previo risanamento dei locali, la cottura della carne nella cucina della Fondazione e che tale risposta, di cui la ricorrente non contesta l’esistenza né lamenta di non averla conosciuta, non concerne una variante migliorativa in senso tecnico né è illegittima – in quanto consistente in una modifica della lex specialis apportata senza rispettare il principio del contrarius actus posto a presidio della par condicio tra i concorrenti -, dal momento che costituisce una sorta di interpretazione autentica con cui l’Amministrazione chiarisce la propria volontà procedimentale. Tuttavia, il primo giudice non ha considerato che una risposta ad una richiesta di chiarimenti non equivale ad una interpretazione autentica sempre e comunque, ma solo nel caso serva a rendere più chiaro un concetto, mentre nella specie non vi era situazione di incertezza e si perviene invece ad una diversa ideazione/modalità di preparazione dei pasti rispetto all’inequivoca scelta (accettata dalla P. attraverso la sottoscrizione di tutte le pagine del c.s.a.) di far cucinare le carni esternamente, ossia ad una modifica sostanziale per la quale occorre osservare il principio del contrarius actus, ossia utilizzare le medesime forme di pubblicità degli atti di gara rettificati, previa riapertura dei termini per la presentazione delle offerte. Del resto nel proporre il passaggio dal legame refrigerato al legame caldo la P. ha dovuto prevedere un quid pluris rispetto al macroelemento "B) proposta sostituzione attrezzi cucina", consistente in "interventi di ristrutturazione" secondo i requisiti igienici previsti dalla normativa vigente ed autorizzati dall’ASL, non previsti in alcuna parte del disciplinare e perciò costituenti variante migliorativa in assenza di alcuna previsione della lex specialis circa la possibilità di presentare siffatte varianti. Infine, è irrilevante che la S. abbia a sua volta proposto di cucinare in loco carni di pezzatura piccola, non essendo tale profilo assurto a motivo di ricorso incidentale.

II.- Con atto notificato il 15 ottobre 2010 e depositato il 19 seguente la P., premesso che il TAR non ha esaminato il proprio ricorso incidentale di primo grado e successivi motivi aggiunti (stante la declaratoria di improcedibilità a seguito della reiezione del ricorso principale), ne ha riproposto i contenuti, di seguito sintetizzati:

1.- Violazione dell’art. 75, co. 7, del d.lgs. n. 163 del 2006. Violazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 445 del 2000. Violazione dell’art. 9, lett. k), del disciplinare di gara. Violazione della par condicio dei concorrenti. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.

S. si è avvalsa della facoltà di presentare polizza fideiussoria dimezzata ma non ha osservato le rispettive prescrizioni consistenti nell’allegazione di fotocopia della certificazione di qualità e della dichiarazione sostitutiva di sua conformità all’originale ex d.P.R. n. 445 del 2000, avendo prodotto solo la fotocopia.

2.- Violazione dell’art. 38, co. 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006. Violazione del disciplinare di gara. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e ingiustizia manifesta. Sviamento. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.

S. ha allegato autocertificazione di un ex amministratore munito di poteri di rappresentanza condannato con sentenza passata in giudicato per violazione della normativa igienicosanitaria sugli alimenti, ma la commissione ha omesso di valutarne l’incidenza sulla moralità professionale della società che, peraltro, non si è dissociata. Il reato era da ritenersi rilevante in relazione all’oggetto della gara ed alla permanenza in carica dell’amministratore pur dopo la condanna.

3.- Grave violazione del disciplinare di gara in relazione alla mancata esclusione della S. per aver offerto un progetto comportante rilevanti opere e lavori edilizi, nonostante l’appalto sia riservato esclusivamente a servizi e forniture. Violazione e/o falsa applicazione del bando di gara e del disciplinare di gara/capitolato d’oneri in relazione alle specifiche tecniche e requisiti minimi stabiliti dalla lex specialis di gara. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di parità di trattamento.

S. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara anche per aver proposto la realizzazione di un complesso intervento edilizio (demolizione di parte della soletta preesistente e realizzazione di soppalco da adibire a zona mensa, dovuti peraltro a sovradimensionamento del numero dei pasti da fornire), peraltro in edificio sottoposto ex lege a vincolo culturale, con ciò trasformando l’appalto di servizi in un appalto misto di servizi e lavori senza un’espressa previsione in proposito della lexspecialis, la quale anzi limita la riorganizzazione della mensa solo ad attrezzature/arredi/strumenti. In tal modo ha inoltre indebitamente sottratto superficie lorda di pavimento all’attività ospedaliera e di ricerca, ha omesso di valutare importantissimi aspetti igienico sanitari anche in relazione all’accesso dei disabili, ha influito sulla tempistica di riorganizzazione dell’area, non ha tenuto conto della necessità di acquisire titoli edilizi, autorizzazioni, certificazioni e di verifica antisismica dell’intero edificio, ha aumentato il numero dei posti a sedere diminuendo il relativo spazio.

4.- All’offerta tecnica della S. è stato attribuito un punteggio più elevato di quello che le sarebbe ragionevolmente spettato, certamente inferiore a 30/60 quindi insufficiente all’ammissione alla successiva fase.

III.- Con memoria del 26 gennaio 2011 la Fondazione ha svolto controdeduzioni all’appello principale.

Con memoria illustrativa in pari data la P. ha insistito nelle rassegnate conclusioni.

La S. ha replicato con memoria del 31 seguente, alla quale la Fondazione ha a sua volta replicato con memoria dello stesso giorno.

All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata in decisione.

IV.- Ciò posto, con riguardo al primo motivo dell’appello principale, concernente la statuizione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse delle censure relative all’assunta sottoscrizione apocrifa della "dichiarazione" datata 7 ottobre 2009 (allegata col n. 46 alla produzione documentale della ricorrente principale in primo grado) dell’aggiudicataria P., la Sezione osserva che è effettivamente poco comprensibile o quanto meno impropria la suddetta statuizione, basata sulla dichiarazione del difensore della medesima P. di non volersi avvalere del documento ai sensi dell’art. 222 cod. proc. civ..

Tuttavia, è ben noto che nel processo amministrativo l’erroneità, come il difetto o l’assenza, di motivazione della sentenza di primo grado non rileva autonomamente e non ne impone perciò ex se la riforma, poiché il carattere devolutivo dell’appello, che non è un rimedio impugnatorio ma un gravame, comporta la necessità di riesaminare comunque il thema decidendum sostanziale del giudizio di primo grado (come peraltro qui invocato dalla S.); e tale operazione ben può condurre a conclusioni analoghe a quelle raggiunte in primo grado.

Nella specie, a prescindere dall’indagine su quanto abbia in realtà inteso il primo giudice, va dunque affrontata la questione sostanziale, la quale dev’essere risolta nel senso dell’irrilevanza del suddetto documento ai pretesi fini dell’esclusione della P. dalla gara.

In esso si "dichiara che il presente fascicolo è composto di n° 336 schede di certificazione dei fornitori". Tale dichiarazione non è richiesta dalla lex specialis della procedura, in particolare da alcuna prescrizione del "disciplinare di gara e capitolato speciale d’oneri", il quale all’art. 9 regola le modalità di presentazione dell’offerta appunto senza farne menzione tra gli atti da inserire sia nella prima busta, relativa alla documentazione amministrativa, sia nella seconda, relativa all’offerta tecnica; e ciò tanto meno a pena di esclusione. Oltretutto di altro non si tratta che, come si è visto, di una sorta di nota di accompagnamento degli atti allegati, del tutto priva di manifestazioni di volontà della concorrente.

Ne consegue che sia stato o meno prodotta, quindi sia stata o meno firmata o lo sia stata apocrifamente, non fa differenza poiché mai l’una o l’altra evenienza avrebbe potuto condurre all’esclusione della concorrente dalla gara. Né, stante anche il predetto contenuto della "dichiarazione", l’eventuale non autenticità della sottoscrizione del legale rappresentante avrebbe potuto considerarsi idonea ad incidere negativamente sul rapporto fiduciario con la stazione appaltante. Di qui l’assoluta irrilevanza della querela di falso per la cui proposizione l’istante aveva chiesto la sospensione del giudizio e l’assegnazione di termine.

V.- Viene ora in esame il secondo motivo dell’appello principale, concernente – in estrema sintesi – l’assunta incompetenza della commissione giudicatrice a valutare l’offerta tecnica in relazione ai singoli parametri prefissati dal citato disciplinarecapitolato.

Le pur suggestive ed ampie argomentazioni della S. non possono essere seguite.

L’invocato art. 84, co. 2, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 richiede che la commissione giudicatrice da nominarsi nel caso di aggiudicazione col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sia "composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nel settore cui si riferisce l’oggetto del contratto".

Il tenore della norma è tale da far desumere che i commissari debbano essere esperti nell’area di attività in cui ricade l’oggetto del contratto, non già in tutte e ciascuna delle materie tecniche o scientifiche o addirittura alle tematiche alle quali attengono i singoli e specifici aspetti presi in considerazione dalla lex specialis di gara ai fini valutativi.

L’intero contesto del codice dei contratti ne è prova, distinguendo (art. 4) tra i "settori" ordinari dei contratti pubblici e quelli speciali (definiti nella parte III) del "gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica", dunque con riguardo appunto all’area di attività relativa ai lavori, servizi o forniture che si intendono commettere.

Del resto, ove la norma avesse inteso far riferimento ai detti, singoli aspetti valutativi non avrebbe previsto un numero massimo di cinque commissari, ben potendo, come nella specie, tali aspetti involgere materie o profili di materie di gran lunga superiori a tale numero.

Pertanto, correttamente il primo giudice ha qualificato come sufficiente a valutare l’offerta per il "servizio di ristorazione degenti e mensa dipendenti" la "competenza tecnica nel ramo, complessivamente considerato, della ristorazione, dell’alimentazione e, in generale, degli appalti pubblici, uniti al buon senso e all’esperienza di persone laureate o, comunque, inserite nel mondo del lavoro".

In quest’ottica, nonché tenuto anche conto dell’estremo dettaglio ed articolazione dei criteri di valutazione prefissati, tali – come bene osservato da controparti – da ridurre fortemente il grado di discrezionalità dei commissari ed il livello di analisi richiesto ai medesimi e semplificarne, dunque, i compiti pur a fronte dell’obiettivamente complesso ed articolato oggetto del contratto, non appare inficiata da macroscopici vizi di razionalità ed erroneità la scelta (come tale connotata da discrezionalità e quindi sindacabile nei noti limiti) della Fondazione in ordine ai soggetti nominati quali commissari, quindi ritenuti "esperti nel settore" evidentemente in rapporto al titolo di studio posseduto ed alla esperienza acquisita nello svolgimento della rispettiva attività lavorativa.

In particolare, non v’è dubbio su tali conclusioni in ordine ai commissari sui quali soprattutto si appuntano in questa sede i rilievi della S. con riguardo agli elementi valutativi. La dott. Notti è infatti dirigente medico nelle cui attribuzioni rientra il "monitoraggio delle attività proprie della catena alimentare", alle cui procedure l’aggiudicatario è tenuto a conformarsi ai sensi dell’art. 30 del capitolato, ma è anche – come risulta dal relativo curriculum – munita di specializzazione in biochimica e chimica clinica, docente universitario a contratto in corso di laurea in biotecnologie e, nell’ambito della Fondazione, referente gestione qualità e documentazione sanitaria, formazione, privacy, igiene ospedaliera e tutela della salute; è chiaro, inoltre, che in luogo della dott. Notti non avrebbe potuto essere nominato il tecnologo della ristorazione e referente della catena alimentare presso la direzione medica, in quanto intervenuto nella fase di predisposizione delle capitolato tecnico. Quanto al dott. Bianchi, il medesimo è in atto direttore generale di M. R. s.p.a., nonché – come replicato da parte della Fondazione – è stato dirigente del settore refezione scolastica del Comune di Milano, è dotato di esperienza quasi quarantennale nel settore della ristorazione sia pubblica che privata e, evidentemente proprio per tale esperienza, ha già svolto analoghi incarichi di commissario nelle gare indette dall’Ospedale di Varese, dall’Azienda ospedaliera di Pavia e dall’Ospedale di Niguarda.

Pienamente condivisibile risulta dunque la notazione del TAR, secondo cui non è sostenibile che "le persone con i titoli e l’esperienza indicati non avessero sufficienti competenze tecniche per valutare l’offerta" tecnica per il servizio in questione, ivi compreso l’elemento C4 (proposta innovativa del sistema di gestione informatizzata delle prestazioni), il quale evidentemente attiene ad un profilo ben noto nell’ambito del processo di ristorazione, specie ospedaliera.

VI.- Con il terzo motivo in primo luogo si contesta che il TAR abbia ritenuto le proposte censure riguardanti l’attribuzione dei punteggi inammissibili in quanto impingenti vistosamente nel merito tecnico, per il resto escludendo la sussistenza di vizi di macroscopico errore e manifesta illogicità od irragionevolezza.

In realtà, è palese che le originarie doglianze, basate su due perizie di parte che ripercorrono e criticano punto per punto le valutazioni della commissione, l’attuale appellante principale tendeva (e tende ancor oggi) a sostituire con gli apprezzamenti peritali il giudizio tecnico spettante unicamente alla commissione, senza giungere a quella dimostrazione di palese e grave incongruenza che solo consente di sindacare la tipica discrezionalità tecnica dell’organo incaricato di rendere il giudizio stesso. Giudizio, peraltro, che si rivela pienamente compiuto e motivato con riguardo ad ogni singolo aspetto delle due offerte, del resto muovendosi di volta in volta tra un minimo ed massimo strettissimo talché sarebbe stato sufficiente il mero giudizio numerico.

In secondo luogo, S. lamenta che la censura concernente il numero delle sedute sia stata ritenuta formulata solo in memoria e, comunque, infondata in fatto.

Al riguardo, in disparte il fatto che la censura era appena accennata e formulata nel senso che la – sola – proposta migliorativa della P. sarebbe stata semplicemente "improponibile" (pagg. 5 e 6 dell’atto contenente motivi aggiunti depositato il 12 marzo 2010) va osservato che, come del resto risulta anche alla stessa appellante principale (cfr. pagg. 1112 della perizia Montanari), la P. ha formulato un’offerta per così dire ordinaria di 216 posti, cioè pari a quelli preesistenti, sicché certamente non avrebbe potuto essere esclusa dalla gara per aver presentato un’offerta non conforme al capitolato, laddove (art. 18) fa obbligo della sostituzione delle sedie e dei tavoli "mantenendo i medesimi numeri di sedute"; nonché un’offerta migliorativa per minori posti, a sua volta consentita e rispondente al criterio (posto dallo stesso art. 18) secondo cui una siffatta proposta può concernere "a titolo esemplificativo ed essendo di specifico interesse della Fondazione" la creazione di una "zona accogliente caratterizzata da flessibilità per numero di posti a sedere" destinata ad "angolo fast food".

Anche tale motivo va perciò disatteso.

VII.- Miglior sorte non può avere neppure il motivo seguente, ultimo dell’appello principale, concernente la prevista preparazione in loco da parte della P. delle carni anziché con legame refrigerato nel centro di cottura della ditta secondo quanto prescritto dall’art. 23 "tipologia e articolazione del servizio" del capitolato.

La preparazione delle carni presso la cucina dell’Istituto era infatti espressamente consentita dalla stazione appaltante, in uno con i necessari e pertinenti interventi di ristrutturazione, sicché resta escluso che per aver formulato in tal senso la propria offerta la P. avrebbe dovuto essere estromessa dalla procedura.

Come osservato con la sentenza appellata, in esito al quesito se potesse prevedersi la cottura all’interno della Fondazione qualora l’aggiudicataria ne ristrutturasse la cucina ed implementasse la struttura, la stazione appaltante ha risposto che, nel caso interventi di ristrutturazione in base ai prescritti ed autorizzati requisiti igienici, sarebbe possibile cuocere la carne presso la cucina della Fondazione. Di tale risposta (come le altre tempestivamente pubblicata sul sito internet dell’Istituto) si è avvalsa la stessa S., che difatti ha anch’essa offerto la preparazione in loco delle carni, sia pure per piccole pezzature, tanto che non lamentava né l’acquisita conoscenza, né alcun pregiudizio subito.

Inoltre, premesso che la rappresentazione del dato di fatto accennato appena sopra non richiedeva di certo la formulazione di censura con ricorso incidentale, dal medesimo fatto deriva la carenza di interesse alla doglianza in parola.

Tanto a maggior ragione nella considerazione che la risposta a quesito di cui si controverte non risulta inclusa tra gli atti impugnati, anzi non è neppure menzionata nell’atto contenente motivi aggiunti depositato il 12 marzo 2010, sicché non vale al riguardo la clausola di stile "tutti gli atti preordinati,…". Ed invero, la questione della pretesa illegittimità della medesima risposta a quesito è affrontata in replica alle affermazioni di controparti in semplice memoria non notificata (atto datato 26 marzo 2010), ovviamente inidonea ad introdurre nuove censure. In tal senso deve ritenersi inammissibile la doglianza d’appello di inosservanza del principio del contrarius actus che comporterebbe, tra l’altro, la riapertura del termini per presentazione delle offerte.

VIII – In conclusione, l’appello principale non può che essere respinto, senza che occorra trattare l’appello incidentale, perciò divenuto improcedibile.

IX.- Come di regola, le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile l’appello incidentale.

Condanna l’appellante principale al pagamento, in favore delle Fondazione IRCCS "Istituto Nazionale Tumori" e della P. s.p.a, in parti uguali tra loro, delle spese del grado che liquida in complessivi Euro 6.000,00 (seimila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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