Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-01-2011) 13-04-2011, n. 15013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza resa in esito all’udienza del 20/5/2010, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da P.S., già condannato in primo grado per la uccisione della madre e per il tentato omicidio del padre, ma assolto poi dalla Corte di Assise di Appello per difetto di sua imputabilità mancandogli al momento dei fatti la capacità di intendere e di volere (salva la misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per un tempo non inferiore a cinque anni).

Il P. ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento appena sopra menzionato. All’udienza camerale del 21/1/2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.
Motivi della decisione

Parte ricorrente denunzia:

nullità della ordinanza impugnata, per violazione dell’art. 314 c.p.p., e per vizi della motivazione dell’ordinanza stessa, che non avrebbe considerato le ragioni esplicitate con la sottolineata correlazione tra incapacità di intendere e di volere e la originaria ingiustezza della detenzione cautelare. Questa Suprema Corte rileva anzitutto che la domanda di riparazione delimita la richiesta di indennizzo al tempo intercorrente tra la data dell’arresto e la data di lettura del dispositivo della sentenza di appello. Rileva, ancora, che la mancanza di capacità di intendere e di volere, produttiva della pronunzia assolutoria, è stata accertata solo con la sentenza di appello in forza di un giudizio operato dopo l’analisi di perizia disposta in appello. La condizione di non punibilità rilevante ai fini di cui all’art. 273, comma 2 è risultata conoscibile solo all’esito del giudizio di appello (in questo contrastante con l’opposto accertamento della sentenza di primo grado), sicchè la misura cautelare restrittiva fu correttamente e senza ingiustizia applicata e mantenuta per tutto il tempo al quale la domanda rigettata è riferita. Restando ben ferme la materialità dei fatti addebitati e quella delle condotte dell’imputato che furono fattore condizionante del prodursi della detenzione, non è tuttavia consentito di procedere ad accertamento di dolo o colpa grave ex Cass. SU Penali 27/5/2010 n. 13, accertamento non praticabile a fronte di un ritenuto vizio totale di mente dell’allora imputato.

Decisivo nel caso concreto è il giudizio di non ingiustezza della detenzione cautelare applicata (giudizio da formulare ex art. 314 c.p.p., comma 2), difettando, nel provvedimento di applicazione e mantenimento della restrizione cautelare, pur alla luce di Corte Cost. 2/4/1999 n. 109, un rapporto di contestualità tra applicazione della misura e certa conoscibilità – in fase – della insussistenza delle condizioni di applicabilità ex art. 273 c.p.p..

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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