Cons. Stato Sez. IV, Sent., 12-04-2011, n. 2266 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte l’attuale appellante agiva per l’annullamento del provvedimento con il quale, a seguito di sopralluogo della Polizia Municipale, il Sindaco del Comune di Cesana Torinese ordinava la demolizione delle opere, consistenti in due costruzioni in lamiera, destinate al ricovero di automezzi e un cancello.

Il giudice di primo grado rigettava il ricorso ritenendolo infondato sulla base delle seguenti conclusioni.

In ordine alla censura che il ricorrente non avrebbe realizzato l’abuso, la sentenza sostiene che l’ordine di demolizione di opere abusive deve essere rivolto nei confronti di chi abbia la disponibilità dell’opera, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata.

In ordine alla censura di mancata comunicazione al proprietario del terreno, il primo giudice ritiene che dall’art. 14 della l. 47 del 1985 (che prevede, per le opere eseguite su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, che il sindaco ordini la demolizione, dandone comunicazione all’ente proprietario del suolo) risulta con chiarezza che la comunicazione all’ente proprietario del suolo abbia una mera funzione solo conoscitiva. E’ stata rigettata la censura con la quale si ritiene che le opere sarebbero state realizzate nel 1957, prima della entrata in vigore della disciplina che richiede la concessione edilizia, in quanto difetta la prova sul punto (ciò non potendo desumersi né dalla concessione del 1951 né dai lavori di manutenzione del 1961).

E’ stata respinta anche la censura con la quale si faceva rilevare la efficacia della sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato intervenuta prescrizione del Pretore di Susa.

Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello l’originario ricorrente, deducendo quanto segue.

Con un primo motivo di appello (pagine 13 e seguenti) viene dedotto che il destinatario non è autore dell’abuso, che la costruzione risale all’anno 1957 (o al massimo all’anno 1964) e pertanto non era necessaria la concessione o licenza edilizia (motivo svolto anche a pagina 24 dell’appello); non è stata fornita motivazione della rimozione dell’abuso a tale distanza di tempo.

Con altro motivo di appello (pagina 20 e seguenti) viene riproposto il motivo con il quale si lamenta la violazione dell’art. 14 della legge n. 47 del 1985, in quanto sarebbe stata omessa la comunicazione all’ente proprietario del suolo, e cioè all’amministrazione militare.

Si sostiene inoltre che l’intervento non necessitava di concessione edilizia, in quanto di dimensioni limitate.

Il Comune non si è costituito.

Alla udienza pubblica del 5 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato e come tale va respinto.

E’ infondato il motivo di appello con il quale viene dedotto che il destinatario non è autore dell’abuso.

Infatti, l’ordine di demolizione deve essere rivolto nei confronti di chi abbia la disponibilità dell’opera, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata, cosa che potrebbe rilevare sotto il profilo della responsabilità penale, ma non ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione.

D’altronde, al di là del su richiamato principio di diritto, la stessa circostanza che si tratti di immobile risalente nel tempo fa ritenere come sia impensabile rivolgere tale ordine all’originario responsabile.

E’ infondata anche la censura con la quale si sostiene che l’immobile sarebbe precedente rispetto alla fase in cui è divenuta necessaria per legge l’acquisizione di un titolo abilitativo per la costruzione, in mancanza di prove certe sul punto.

Non ha valore richiamarsi, come fa parte appellante, agli accertamenti contenuti nel giudizio penale conclusosi con estinzione per prescrizione del Pretore di Susa, pronuncia non inclusa tra quelle, che, secondo l’art. 654 c.p.p., hanno effetti nei giudizi civili o amministrativi (tali essendo solo le sentenze di condanna o di assoluzione).

E’ infondata altresì la censura di difetto di motivazione per la demolizione dell’abuso a tale distanza di tempo, essendo al contrario principio consolidato che la demolizione degli abusi edilizi non richieda nessuna specifica motivazione, necessaria invece in casi di contrarie determinazioni.

L’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva è sufficientemente motivato, cioè, con l’affermazione della accertata abusività dell’opera.

Resta soltanto salva, per taluni orientamenti giurisprudenziali, comunque di frequente contestati, l’ipotesi in cui, per il protrarsi e il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e il protrarsi della inerzia dell’amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, ipotesi questa sola, in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche alla entità e alla tipologia dell’abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (per tutti, Consiglio Stato, sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2705).

Nella specie, l’abusività su suolo demaniale fa ritenere che l’entità e la tipologia dell’abuso non siano idonei a sovvertire il richiamato principio della prevalenza del pubblico interesse alla rimozione dell’abuso.

E’ infondato anche il motivo di appello con il quale si lamenta la violazione dell’art. 14 della legge n. 47 del 1985, per omessa comunicazione all’ente proprietario del suolo, l’amministrazione militare.

Dall’art. 14 legge n. 47 del 1985 (il quale prevede, per le opere eseguite su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, che il sindaco ordini la demolizione, dandone comunicazione all’ente proprietario del suolo) risulta con chiarezza che la comunicazione all’ente proprietario del suolo abbia una mera funzione conoscitiva, per rendere edotto l’ente delle vicende relative al bene di cui esso ente è proprietario. In alcun modo si può ritenere che tale comunicazione sia un requisito di legittimità dell’ordine di demolizione, fatto valere dal responsabile dell’abuso.

Legittimamente, dunque, il comune adotta provvedimenti repressivi di opere abusive realizzate su terreno demaniale.

In vero, ai sensi dell’art. 14, l. 28 febbraio 1985, n. 47, il Sindaco, nel caso in cui si accerti l’esecuzione di opere in assenza di concessione da parte di soggetti differenti dalle amministrazioni statali, ovvero di opere parzialmente o totalmente differenti dalla medesima concessione, realizzate su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, deve ordinare la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi, e in difetto deve disporre la demolizione eseguita dal Comune ma a spese dei responsabili dell’abuso edilizio, previa comunicazione all’Ente proprietario del suolo e diffida al responsabile dell’abuso.

L’art. 14 l. 28 febbraio 1985 n. 47 riafferma che i poteri sanzionatori in materia di abusivismo edilizio, ancorché trattasi di opere realizzate su suolo pubblico, competono al sindaco, salvo l’obbligo di tale autorità – per altro si ripete non incidente sulla legittimità dell’azione repressiva – di dare tempestiva comunicazione del provvedimento all’ente proprietario del suolo.

E’ inaccoglibile anche il motivo con il quale si sostiene che l’intervento non necessitava di concessione edilizia, in quanto di dimensioni limitate; non può ritenersi, infatti, che concretizzi un abuso di limitate dimensioni la realizzazione di due box in legno prefabbricati ad uso cantiere rivestiti di lamiera, unitamente a un cancello di ferro o sbarra.

Si è in presenza di una attività rilevante di trasformazione urbanistica, per la quale è necessaria la concessione edilizia.

Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto.

Nulla sulle spese, a causa della mancata costituzione in giudizio dell’appellato Comune.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Nulla sulle spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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